Il 29 ottobre 1711 nasceva Laura Maria Caterina Bassi, fisica del Settecento che riuscì ad ottenere una cattedra universitaria, divenendo così la prima vera accademica del mondo. Nata a Bologna, città che allora apparteneva allo Stato Pontificio, ebbe la fortuna di nascere in una famiglia benestante e in cui l’educazione era ritenuta importante anche per le figlie femmine. Figlia unica dell’avvocato Giuseppe Bassi e di Rosa Maria Cesari, appartenenti entrambi alla piccola borghesia, venne educata privatamente, dapprima dal sacerdote don Lorenzo Stegani e successivamente da Gaetano Tacconi. Medico della famiglia Bassi, nonché professore di anatomia, le fornì un’istruzione che spaziava non solo dalle lingue e dalla letteratura all’algebra e alla geometria, ma anche alla chimica, all’idraulica, all’astronomia, ben presto rendendosi conto delle doti non comuni della giovane. Convinse pertanto i genitori a promuovere la sua istruzione facendole frequentare i salotti “bene” di Bologna dove conobbe nel 1731 il cardinale Prospero Lambertini (futuro papa Benedetto XIV) che, rimasto colpito dalle doti della ragazza, organizzò un dibattito tra dottissimi professori e Laura Bassi nel 1732 per mostrare, a chi diffidava, di quali capacità potesse essere dotata una mente femminile.
Il 17 Aprile 1732 a soli ventuno anni di fronte ad una giuria, probabilmente non troppo ben disposta nei suoi confronti, che le chiese di difendere ben quarantanove tesi filosofiche, venne addottorata in filosofia nel Gran Palazzo Pubblico della città. In giugno, dopo la discussione di altre tesi, le venne assegnata un’altra libera docenza; in ottobre le venne riconosciuta una lettura onoraria di filosofia universa (filosofia naturale) e, infine, a dicembre tenne la sua prima lezione in Archiginnasio. Laura Bassi era però esclusa dall’insegnamento pubblico e al posto di uno stipendio, come era prassi per tutti gli altri professori, aveva un premio annuale di 500 lire. Ma la giovane non si perse d’animo, anzi iniziò a studiare anche le scienze avvicinandosi alle opere di Newton grazie a Iacopo Bartolomeo Beccari, professore di fisica sperimentale nell’Istituto delle Scienze, mentre col matematico Gabriele Manfredi si perfezionò nell’analisi matematica. Nonostante il plauso che riceveva, iniziarono a serpeggiare voci pungenti che convinsero la Bassi a maritarsi e così, nel 1738, sposò il medico Giuseppe Veratti, docente in fisica particolare, a lei affine per interessi e per passioni, da cui ebbe otto figli.
Anche dopo il matrimonio le cose comunque non furono semplici nelle chiuse comunità accademiche dalle rigidissime regole: la motivazione che il Senato Accademico bolognese dava del perché alla lettrice Laura Bassi fosse ancora vietato tenere lezioni pubbliche quotidiane era un eloquente causa sexus.
Per fortuna Prospero Lambertini non aveva mai smesso di parteggiare per la sua pupilla e nel frattempo era diventato Papa col nome di Benedetto XIV. Nel 1745 il papa bolognese istituì il corpo degli Accademici Benedettini, e tra i primi eletti nella nuova istituzione, sia pure come “soprannumeraria”, c’era Laura Bassi Veratti. Questo titolo le comportò la possibilità di frequentare le sedute accademiche, di presentare almeno una dissertazione all’anno e soprattutto di essere finalmente a pieno titolo “accademica”.
Si sa che scrisse 28 memorie accademiche, anche se soltanto quattro sono giunte fino a noi.
Con il marito aveva creato un piccolo studio domestico in casa, dove poteva realmente insegnare, libera dalle clausole di genere. Molto tempo era qui speso alla realizzazione di esperimenti di fisica sperimentale. Dal 1749 fino alla sua morte il laboratorio Bassi-Veratti fu noto e frequentato da nomi importanti sia locali che stranieri come, ad esempio, Lazzaro Spallanzani e Alessandro Volta. La sua notorietà e bravura vennero finalmente premiate nel 1776, quando il Senato le assegnò la cattedra di professoressa di fisica sperimentale nell’Istituto delle Scienze, riconoscimento che purtroppo durò poco perché nel 1778 Laura Bassi morì.
Per congedarci, ci piace ricordare le parole che scrisse il 21 marzo 1752 all’Illustrissimo Segretario Flaminio Scarselli, perché ci mostrano non solo la sua tenacia e gli ostacoli che dovette superare, ma ci fanno anche riflettere sul fatto che, anche se certamente in questi tre secoli molto è stato fatto riguardo alla causa sexus, purtroppo ancora le donne sono costrette a sopportare alcune malelingue e pregiudizi.
Carissimo Flaminio,
vi scrivo oggi giorno in cui la terra festeggia il suo equinozio primaverile non per gioire ma per piangere con voi su queste carte. Giusto ieri mi pervenne la per me tragica notizia che la milanese Maria Gaetana Agnesi, spentosi il padre, ha dichiarato le sue intenzioni di non accettare la cattedra in matematica offertale dal nostro eminente Papa Benedetto XIV.
Mi ero preparata ad accoglierla come fosse una delle mie figlie, fiduciosa nell’essere da lei sostenuta nelle sfide quotidiane che il nostro sesso incontra fuori e dentro la vita dello studio. Mi ero rallegrata perché non sarei stata più sola. Ricordo ancora come fosse ieri il mio dibattito pubblico in filosofia i festeggiamenti dopo il mio addottoramento la lusinghiera curiosità dei filosofi nell’accettarmi tra le loro fila e infine il conferimento a me prima tra le donne del mondo di una cattedra: la mia amata filosofia universa. Ho fatto tutto quello che era in mio potere per apparire degna. Ho assecondato le necessità sociali sposando un medico Giuseppe Veratti e avendo molti figli. Ho rispettato il decoro e la religione tanto che di me si dice solo il bene in questo. Sono comunque andata avanti ostinata per la mia strada. Non volevano che insegnassi in pubblico, ebbene col mio danaro nelle mie stanze ho organizzato una scuola privata dove davvero ero libera di sperimentare e di accogliere i miei discepoli sarebbero diventati famosi: Alessandro Volta, Lazzaro Spallanzani. Con loro parlavo di come si rigenerano i tessuti degli anfibi come le salamandre. Fortuna volle che nacqui proprio nell’anno in cui vide la luce il nostro glorioso istituto delle scienze, da questo ricevetti sempre sostegno e ammirazione. Ricordate? Voltaire chiese a me medesima di presentarlo alla cerchia dei nostri compari ma ancora il cammino è lungo, lo so, sono solo la prima e vedo stendersi davanti a me solitario il mio tragitto, il mio destino. Anche tra gli accademici ho saputo serpeggia la mala lingua e lo scontento: chi dice che faccio troppo, chi mi rimprovera la troppa socialità, chi ancora mi descrive inebriata da ingiusta fama. Lasciate che vi dica la mia. Essi vedono in me Circe, la figlia del Sole, che col potere nella conoscenza della natura domina la ragione e la forza dell’uomo. Quante volte ci siamo fermati ad ammirare la bella maga nelle stanze dell’estroso Tibaldi facendo attenzione a non disturbare gli accademici di Palazzo Poggi. Gli uomini tutti invece, perdonatemi se includo anche voi, si sentono novelli Ercoli, eroi del sapere e della ricerca. Non vi è giorno che passando per l’istituto non lanci uno sguardo di sfida alla statua di Ercole di Messer Angelo Piò al centro del bel cortile. A cosa starà pensando? Al dominio del mondo? Chissà? Un giorno arriverò ad insegnare finalmente fisica non più filosofia. Ho capito che Newton ha spalancato le porte di una nuova era scientifica e forse io, la sua umile seguace spinta da forze insondabili, sarò ricordata come colei che è riuscita ad aprire alle donne le pesanti porte dell’università.
Portati i miei omaggi a nostra Santità e ringraziatelo in mia vice per il sostegno sempre offertomi in questi anni duri ma necessari tanto per la scienza quanto per me medesima.
Vostra amica Laura Bassi
(Dal Canale YT dell’Università di Bologna https://www.youtube.com/watch?v=lhLcVLp_8sU)