Pensieri divergenti – Verso il futuro

Decine di richiedenti asilo della rotta balcanica, alcuni ancora avvolti nelle coperte d’emergenza isotermiche oro-argento nelle quali avevano trascorso la notte tra le aiuole. Li ho incontrati a Trieste, in piazza Libertà, uscendo dalla stazione, in occasione del festival della ricerca scientifica Gli orizzonti dell’intelligenza (sul sito dell’evento trovate quasi tutte le registrazioni degli incontri). Con un groppo alla gola, mi sono interrogato in base a quali leggi della giustizia io avrei passato una giornata da privilegiato intellettuale, mentre altri miei simili l’avrebbero passata attendendo inutilmente e nell’ansia più straziante un avviso dalla questura per poter rimanere in Italia.
Mi sono adoperato almeno a spiegare, a quelli di loro che non lo avevano fatto correttamente, quale fosse il lato esterno da usare nelle coperte di emergenza traendo così una consolazione infinitesimale sul beneficio che la scienza può ancora dare anche a chi si trova nelle condizioni più miserabili: il lato dorato delle coperte va usato all’interno, per conservare il calore corporeo, mentre quello argentato all’esterno per evitare il surriscaldamento.
Dopo aver attraversato piazza Libertà, ho deciso di esplorare le visioni del futuro offerte dal festival partendo dal passato più remoto, perché penso che non ci sia disciplina più innovativa dell’archeologia. Al teatro Miela, nell’edificio di architettura fascista dell’ex-Casa del lavoratore portuale, oggi sede di una cooperativa di teatro civile, Sahra Talamo presentava il suo libro Misurare la storia. È il racconto della sua carriera di ricercatrice dedicata al raffinamento della curva di calibrazione del metodo di datazione con il radiocarbonio 14C, combinato al decadimento dell’isotopo del berillio 10Be. Noi sapiens siamo nati in Africa circa 300.000 anni fa e da là siamo venuti in Europa circa 50.000 anni fa, con buona pace di coloro che promuovono gli identitarismi oggi tristemente popolari. In Eurasia ci siamo mescolati con almeno altre quattro specie diverse del genere Homo, tra le quali i Neandertal con cui dividiamo alcuni punti percentuali di patrimonio genetico.
Li ho ritrovati, i Neandertal, più tardi nel meraviglioso Teatro Verdi alla conferenza di Wieland Huttner (che fu direttore del laboratorio di genetica e biologia cellulare del Max Planck Institute) che ha descritto la scoperta del gene la cui espressione permette all’embrione di far proliferare nel cervello un numero strabiliante di cellule nervose. Ha parlato della crescita provocata dal gene ARHGAP11B come di un metabolismo cancerogeno nella corteccia
che, se non fosse fermato, produrrebbe un glioblastoma. La nostra intelligenza, dunque, è il prodotto di una crescita cancerogena che però a un certo punto viene interrotta dall’espressione di un altro gene. Prima d’allora avevo pensato al cancro solamente con orrore ma in quel momento ho provato una forte speranza che ogni cancro si possa controllare trovando il gene opportuno per bloccarlo.
Ho quindi partecipato ad alcuni incontri sull’Intelligenza artificiale, come quello tenuto da Michael Irwin Jordan di Berkley che i colleghi statistici danno come un potenziale futuro Nobel in economia. In un simpatico italiano ha parlato di una prospettiva collettiva sull’Ia, spiegando che ci troviamo al centro di un triangolo di straordinaria
fertilità scientifica se solo riuscissimo a collegarci a tutti e tre i suoi vertici: l’economia, la statistica e la matematica che si connettono a due a due, rispettivamente, attraverso l’econometria, il machine learning e la algorithmic game theory.
Numerosi sono stati i temi e i concetti discussi durante la tavola rotonda Tecnologia e partecipazione democratica in Europa: quali opportunità e rischi?. Dalle fake-news alla responsabilità del fact-checking, a come dare al rigore un vantaggio strategico invece che uno svantaggio. Le ultime dichiarazioni di Trump sugli haitiani di Springfield, che mangiano gli animali d’affezione, sono state ampiamente analizzate da questo punto di vista, tanto più che Springfield è anche la città immaginaria dei Simpsons!
Mi è piaciuto il concetto di dieta informativa, ovvero quel mix personale di social media, versioni on line e cartacee di quotidiani e riviste, di tv e radio con il quale autonomamente ciascuno di noi si alimenta di informazioni. Tutte le notizie o informazioni ci condizionano e quindi sono in un certo senso fuorvianti. Si pensi ai titoli che le riassumono. Maurizio Molinari, capo ufficio a Milano del Parlamento europeo, ha fatto l’esempio della limitazione dei fosfati nei kebab decisa dalla Ue che nella comunicazione si è trasformata nella decisione di proibire i kebab, suscitando ogni sorta di reazione e strumentalizzazione xenofoba.
Si è anche discusso dell’Ai Act, il regolamento della Ue, da poco introdotto, che cerca di disciplinare il possibile uso malevolo dell’Intelligenza artificiale facendo una tassonomia dei rischi. Sono regole che tutelano la privacy e limitano l’uso di sistemi di riconoscimento biometrico in molte situazioni come le manifestazioni pubbliche, nonché l’uso di sistemi che valutano le persone o che le possono manipolare e condizionare in modo subliminale. Sono regole che impongono anche la trasparenza dovendo precisare se i contenuti sono stati generati artificialmente.
Al festival, non ho solo ascoltato. Ero stato invitato da Leonardo Egidi del Dipartimento di scienze economiche, aziendali, matematiche e statistiche “Bruno de Finetti” dell’università di Trieste a partecipare alla tavola rotonda Misurare le disuguaglianze, governare, decidere: possiamo contare sui numeri?. Ho parlato del dmft, la variabile di salute odontoiatrica, che ho fatto misurare annualmente sui bimbi di tutte le classi prime di Udine negli anni in cui sono stato sindaco, per usare come variabile proxy da cui risalire alla disparità in salute degli udinesi. Anche in omaggio a de Finetti, che conobbi negli anni Settanta quando organizzava le gare matematiche a cui partecipavo, ho svolto il resto della relazione rivolgendo dei problemini alla platea. Ne riporto solo uno, senza soluzione perché, appunto, una soluzione non ce l’ha: nell’elezione ai 2 seggi del comitato, i due partiti hanno ricevuto rispettivamente 3 e 7 preferenze, come vi sembra più giusto assegnare i seggi?
Tante avventure scientifiche e tutte in una sola giornata e con un filo comune che le legava: l’assenza di un approfondimento bioetico. La bioetica non può essere lasciata ai politici: alla fine, sono dei followers più che dei leaders; la politica viene spesso a rimorchio. La bioetica la devono fare gli scienziati!
La risposta alla domanda su che cos’è che ci rende umani e diversi dalle macchine, intelligenti quanto si vuole, è il porci problemi etici. La ricerca bioetica, man mano che la ricerca scientifica si sviluppa e ci porta tanti nuovi risultati, deve crescere con lei.
Al ritorno, il treno era affollatissimo di giovani. Andavano al festival di street food a Gorizia, Gusti di Frontiera. Non ho potuto fare a meno di pensare che anche poco più di un secolo fa in quelle zone i treni erano pieni di giovani, erano quelli che andavano verso le carneficine delle 12 battaglie dell’Isonzo. Ma il prossimo anno, nel 2025, Nova Gorica e Gorizia saranno capitali europee della cultura, unite nella pace. Non così altrove.

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