In uno dei più celebri libri di matematica, gli Elementi di Euclide, il grande alessandrino espone la geometria secondo il metodo assiomatico edificando una teoria un po’ come si costruisce un grattacielo: se ne gettano delle fondamenta solide e poi si erigono su di esse i piani, facendo poggiare ciascun piano sulle fondamenta e su tutti i piani precedenti. Nel caso degli Elementi, le fondamenta sono costituite da ventitré definizioni e cinque postulati, cioè proposizioni considerate vere senza necessità di dimostrazione, e il grattacielo consiste di 465 teoremi dimostrati a partire da questi. Da Euclide in poi, quando sono giunte a maturazione, le teorie matematiche si presentano in forma assiomatica. Sono ridotte a una base di pochissimi assiomi dai quali si deducono logicamente tutti i teoremi noti. Per alcune teorie, questo step è stato realizzato sorprendentemente tardi: l’aritmetica è stata assiomatizzata da Giuseppe Peano soltanto nel 1899 e la teoria della probabilità, così importante nelle applicazioni e pervasiva nella scienza moderna, solo nel 1933 dal grande matematico sovietico Andrej Nicolaevič Kolmogorov, che pubblicò in tedesco un sintetico ed elegante trattato, Fondamenti di teoria della probabilità, nel quale assiomatizzava il calcolo delle probabilità a partire dalla cosiddetta “teoria della misura”. Kolmogorov ha unificato osservazioni probabilistiche esistenti da secoli e ha fornito le basi per nuovi sviluppi ai quali ha contribuito egli stesso con le sue idee sui “processi stocastici”, oggi utilizzati in moltissimi campi, dalla finanza alla biologia alla fisica. Come spesso accade, una nuova idea scientifica è intravista da più scienziati contemporaneamente, anche se poi allo sprint finale, per così dire, è sempre uno solo a tagliare il traguardo. Nel caso dell’assiomatica probabilistica, in pista con Kolmogorov c’è stato anche l’italiano Francesco Paolo Cantelli. Cantelli si era laureato in matematica a Palermo nel 1899, per poi lavorare presso l’osservatorio del capoluogo siciliano occupandosi anche di “astronomia dantesca”. Sulla base delle descrizioni astronomiche che Dante ci ha lasciato nella Divina Commedia, studiava la possibile data cui quelle osservazioni risalivano concludendo che il grande poema fu scritto nel 1301. Per i calcoli astronomici è fondamentale poter stimare l’errore inevitabilmente compiuto nelle osservazioni: per questo Cantelli si interessò alla probabilità, passione che convogliò anche verso altri campi. In particolare, la matematica finanziaria e attuariale. In virtù di queste sue competenze, vinse un posto come attuario per gli istituti di previdenza gestiti dalla Cassa Depositi e Prestiti, dove rimase per vent’anni. Per tutto quel periodo continuò a svolgere attività di ricerca in parallelo ai propri impegni lavorativi, allacciando contatti con i matematici dell’università di Roma che all’epoca primeggiavano a livello internazionale. Con il grande Guido Castelnuovo pubblicherà nel 1919 un trattato di calcolo delle probabilità. Cantelli aveva tentato un’assiomatica della probabilità già nel 1905, in un lavoro sostanzialmente ignorato e presto dimenticato dalla comunità scientifica. Tornò sulla questione nel 1932, appena un anno prima della pubblicazione del libro di Kolmogorov, in un lavoro intitolato Una teoria astratta del calcolo delle probabilità. Qui Cantelli mostra alla comunità matematica, una parte della quale guardava ancora con sospetto al calcolo delle probabilità considerandolo una sorta di teoria empirica, come si potesse dare una trattazione assiomatica dei concetti coinvolti, usando la teoria della misura proprio come stava facendo Kolmogorov. Alla lista di assiomi di Cantelli mancavano in realtà i due che Kolmogorov dedica alla proprietà di “sommabilità infinita” per la probabilità e ai “passaggi al limite” necessari nel caso continuo. In ogni caso, l’importanza e l’originalità della teoria di Cantelli sta nel fatto che non proponeva una definizione specifica di probabilità ma si limitava a enunciare le proprietà fondamentali che ogni definizione di probabilità deve soddisfare. Questo è anche il punto di vista di Kolmogorov che infatti nel suo trattato del 1933 cita tre lavori di Cantelli sulla teoria probabilistica: quello del 1916 sulla legge dei grandi numeri, nel quale dimostra fra l’altro il risultato oggi noto come “lemma di Borel-Cantelli”, quello del 1917, in cui critica la definizione di probabilità per mezzo delle frequenze, e il lavoro del 1932 con la sua teoria astratta. Insomma, se Kolmogorov ha tagliato il traguardo, è stato anche per la staffetta con Cantelli, le cui idee hanno avuto un’influenza e un peso decisivo nella formulazione definitiva della teoria delle probabilità.