Il mistero dei numeri primi

Nel 2008, il Premio Strega è stato vinto da un libro che, anche se tangenzialmente, parlava di numeri primi. La solitudine dei numeri primi di Paolo Giordano presentava a un vasto pubblico i cosiddetti primi gemelli, ossia numeri primi, cioè divisibili soltanto per 1 e per se stessi, che tra l’infinità dei numeri erano separati solo da un numero, come l’11 e il 13, il 17 e il 19 o il 41e il 43. Uno dei problemi più significativi della matematica, posto dal matematico francese Alphonse de Polignac intorno alla metà dell’Ottocento, è la cosiddetta congettura dei numeri primi gemelli che sostiene l’esistenza di infinite coppie di primi gemelli, ossia di numeri primi la cui differenza sia pari a 2. I matematici sono arrivati, dopo molti tentativi, a dimostrare nel 2013 che esistono infinite coppie di numeri primi la cui differenza è… 70 milioni. Un risultato che ha aperto la strada a quello di un anno dopo, che ha ridotto questa distanza a 246. Ci stiamo avvicinando. L’autore della dimostrazione del 2013, il matematico cinese naturalizzato statunitense Zhang Yitang, che attualmente lavora nel campo della teoria dei numeri presso l’università della California di Santa Barbara, sfida oggi un’altra congettura fondamentale per capire come sono distribuiti i numeri primi. Con un preprint pubblicato su arXiv, ossia un articolo scientifico ancora non verificato e non convalidato dalla revisione di colleghi, Zhang afferma di aver risolto una versione leggermente più debole della cosiddetta congettura di Landau-Siegel. Si tratta di una congettura in qualche modo simile – anche se meno forte – alla più famosa congettura di Riemann che punta, se dimostrata, a darci informazioni più accurate sulla distribuzione dei numeri primi entro un determinato intervallo di numeri. Attualmente, non c’è modo di prevedere se un dato numero sarà un numero primo, ma si può conoscere solo la probabilità che esso sia primo. Se venisse dimostrata l’esattezza della congettura di Landau-Siegel, invece, potremmo affermare che i numeri primi non sono distribuiti con enormi fluttuazioni statistiche (ossia in maniera del tutto casuale). Per capire cosa dice la congettura di Landau-Siegel, facciamo un passo indietro. Nei primi decenni del XIX secolo Pierre Lejeune Dirichlet introdusse una classe di funzioni, che oggi chiamiamo funzioni L di Dirichlet, per dimostrare che esistono infiniti numeri primi all’interno delle progressioni aritmetiche. A partire dalle ricerche di Dirichlet, e di Eulero prima di lui, Bernhard Riemann ha poi scoperto una stupefacente connessione fra la distribuzione dei numeri primi e la posizione degli zeri (ossia dei punti in cui la funzione si annulla) complessi di una funzione chiamata funzione zeta. Questa connessione dice, quantitativamente, che la posizione degli zeri influenza la bontà delle formule che “contano” i numeri primi (e viceversa). Le funzioni L di Dirichlet hanno molte proprietà comuni alla funzione zeta e la congettura di Landau-Siegel (detta anche congettura di Riemann generalizzata) ci dice che la connessione trovata da Riemann tra la posizione degli zeri della funzione zeta e l’accuratezza delle formule per i numeri primi vale anche, mutatis mutandis, fra la posizione degli zeri delle funzioni L e le formule per i numeri primi nelle progressioni aritmetiche. Studiare gli zeri delle funzioni L di Dirichlet non è purtroppo semplice. Per esempio, se è abbastanza facile dimostrare che la funzione zeta non si annulla mai sul segmento aperto (0,1), a tutt’oggi non si sa se questa affermazione sia vera per tutte le funzioni L di Dirichlet. Tra tutte le possibili funzioni L potrebbero infatti esserci delle funzioni “eccezionali” che si annullano su questo segmento: il motivo per cui sarebbe importante dimostrare che in realtà funzioni così non esistono è che la presenza di questo “zero” sul segmento (0,1) ha un effetto a dir poco nefasto sulle formule che “contano” i numeri primi nelle progressioni aritmetiche (per via della connessione scoperta da Riemann per la funzione zeta e che è valida, come dicevamo, anche per le funzioni L). Il teorema recentemente an- nunciato da Zhang – e che, ripetiamo, è ancora tutto da verificare – è il primo passo, da circa un secolo, nella dimostrazione della non esistenza di queste funzioni eccezionali. Il matematico non ha ancora provato che questo zero non può esistere, ma il suo teorema fa fare un grosso balzo in avanti alle nostre conoscenze sui numeri primi nelle progressioni aritmetiche, e non solo. “Se confermato, sono sicuro che moltissimi altri matematici cercheranno di usare le idee di Zhang per ottenere risultati ancor più precisi e ‘domare’ almeno in parte l’apparente casualità dei numeri primi nelle progressioni aritmetiche. Anche se non sarà possibile utilizzare le stesse tecniche per fare progressi nella direzione della congettura di Riemann vera e propria, si tratta lo stesso di un risultato potenzialmente rivoluzionario – spiega Alessandro Zaccagnini, docente di Analisi matematica presso l’università di Parma – perché la congettura di Riemann afferma che i numeri primi possono essere ‘contati’ in modo piuttosto accurato; il risultato di Zhang ci dice che anche i numeri primi nelle progressioni aritmetiche si possono contare accuratamente. Tra le potenziali conseguenze di questo nuovo teorema, ci potrebbero essere miglioramenti delle nostre conoscenze sulla congettura di Goldbach, per esempio”.

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