Nel fantastico mondo dell’astronomia: gioviani caldi, mondi di lava e altre Terre

L’evento astronomico più importante nel 2022 è stato senza dubbio la diffusione delle prime osservazioni del telescopio spaziale James Webb (James Webb Space Tele- scope, Jwst). Il 12 luglio, sei mesi e un milione e mezzo di chilometri dopo il lancio, la Nasa ha mostrato al mondo le immagini spettacolari di galassie lontane nello spazio e nel tempo e altri gioielli cosmici per dimostrare la performance dei nuovi strumenti, come avevamo testimoniato su queste pagine lo scorso ottobre. Tra i primi dati diffusi, c’era anche quello relativo a un grafico (vedi figura 1) che non aveva colpito immediatamente per la sua grandiosità. Era lo spettro dell’atmosfera di Wasp-96b, un pianeta lontano 1.150 anni luce. A uno sguardo più attento, lo spettro mostrava l’inequivocabile impronta lasciata dalle molecole d’acqua. Le osservazioni con i più grandi telescopi da terra avevano fatto presagire la presenza di acqua ma, con solo sei ore di osservazione, il Jwst aveva dissipato ogni dubbio. Quel grafico era un’ulteriore dimostrazione delle potenzialità del telescopio, una sorta di promessa delle scoperte che ci attendono nei prossimi anni. Nel corso degli ultimi trent’anni, sono stati scoperti più di cinquemila esopianeti. Tuttavia ne sappiamo ancora molto poco, a parte le proprietà generali come massa, raggio, distanza dalla propria stella. Troppo poco per conoscere la loro storia e per capire se possiedono le condizioni adatte per ospitare la vita. Lo studio dei pianeti extrasolari e la ricerca dei mattoncini della vita sono uno dei principali obiettivi scientifici del Jwst. Nel corso del 2023 osserverà 70 dei pianeti noti. Quali scoperte potremmo attenderci? Ecco alcune delle numerose domande a cui il Jwst potrà aiutarci a rispondere.

Come si sono formati i “gioviani caldi”?

I primi esopianeti scoperti negli anni Novanta del secolo scorso erano pianeti che non esistono nel nostro sistema solare, i cosiddetti “gioviani caldi”, grandi come Giove in orbite ravvicinate intorno alle loro stelle madri, con atmosfere torride di circa 1.000 gradi centigradi. Non è ancora chiaro come si siano formati. Il Jwst proverà a rispondere a questa domanda studiando la composizione chimica delle loro atmosfere. Questo è possibile osservando i pianeti quando passano davanti alle loro stelle: per un breve momento le loro atmosfere appariranno in silhouette. Nella luce stellare filtrata dall’atmosfera del pianeta, Jwst cercherà le tracce degli elementi chimici. A novembre, Nature ha pubblicato alcune osservazioni sul pianeta Wasp-39b, un gigante torrido che dista circa 700 anni luce dalla Terra, che hanno rivelato nell’atmosfera la presenza di vapore acqueo, monossido e diossido di carbonio, sodio, potassio e biossido di zolfo. È una composizione chimica simile a quella di Saturno, anche se è impossibile sapere se abbia anelli. Non è un pianeta ospitale per la vita, ma un target ideale per comprendere l’evoluzione di questa misteriosa classe di pianeti. Le osservazioni hanno mostrato un’elevata quantità di ossigeno rispetto al carbonio. Questo suggerisce che Wasp-39b abbia assorbito una notevole quantità di acqua sotto forma di ghiaccio durante la sua formazione, avvenuta quindi a grande distanza dalla stella madre, proprio come Giove. Successivamente però, Wasp-39b è “migrato” verso il centro del suo sistema planetario. Nei prossimi mesi, le osservazioni di altri “gioviani caldi” potranno confermare questo scenario evolutivo e aiutare a comprendere la differenza fra l’evoluzione di Wa- sp-39b e quella di Giove. Queste osservazioni hanno inoltre mostrato per la prima volta le tracce di reazioni fotochimiche (reazioni chimiche avviate dalla luce stellare ad alta energia) nell’atmosfera di un esopianeta. La presenza di biossido di zolfo suggerisce che nell’atmosfera la luce della stella madre scinde l’acqua presente nell’atmosfera in idrogeno e idrossido che, reagendo con il solfuro di idrogeno, produce il biossido di zolfo. È un processo simile a quello che produce lo strato di ozono nell’alta atmosfera terrestre. Probabilmente, è solo il primo esempio di fotochimica su esopianeti.

Di cosa è fatta la pioggia sui mondi di lava?

Alcuni dei pianeti rocciosi finora scoperti orbitano così vicino alla loro stella da essere coperti da oceani di lava. Secondo i modelli teorici, questi mondi potrebbero essere avvolti da nubi di roccia e minerali da cui piove roccia fusa, creando un paesaggio simile a quello di Mustafar, uno dei pianeti della saga di Star Wars. Il più promettente per lo studio dell’atmosfera e della superficie è il pianeta K2-141b. Orbita intorno alla sua stella in meno di sette ore, rivolgendole sempre lo stesso emisfero, coma fa la Luna con la Terra. È un pianeta roccioso come la Terra, ma la temperatura sull’emisfero rivolto alla sua stella è di circa 2.000 gradi centigradi. I modelli teorici prevedono la presenza di nubi rocciose che potrebbero formarsi quando i venti che soffiano verso il lato oscuro del pianeta si raffreddano e condensano, causando piogge. Il gruppo guidato da Lisa Dang della McGill University osserverà il pianeta durante tre orbite complete con lo spettrografo infrarosso MIRI e con l’obiettivo di confermare questo scenario cercando le tracce di monossido di silicio allo stato gassoso.

Quanti pianeti terrestri hanno un’atmosfera?

Il Jwst dedicherà molte ore di osservazione allo studio di pianeti simili alla Terra. Gli esopianeti di tipo terrestre sono abbondanti nella Galassia, ma di nessuno di loro abbiamo mai osservato l’atmosfera. Scoprire se hanno un’atmosfera e determinarne la composizione è il primo passo per cercare tracce di vita nel Cosmo. Il laboratorio più interessante per questo studio è offerto dal sistema planetario della stella Trappist-1, una piccola stella rossa relativamente vicina, a quaranta anni luce dalla Terra. Intorno a lei orbitano almeno sette pianeti rocciosi. Jwst dedicherà quasi il 10 per cento del tempo riservato alle osservazioni di esopianeti per esplorare questo singolo sistema planetario. Lo scopo è verificare quali pianeti hanno un’atmosfera, determinarne la composizione e (possibilmente) cercare tracce di vita. Finora, le osservazioni con il telescopio spaziale Hubble non sono state sufficienti per rilevare in modo convincente tracce di atmosfere. Ma l’obiettivo è alla portata del Jwst. Le nane rosse come Trappist-1 sono stelle molto diverse dal Sole: sono poco luminose e inquiete, con improvvisi brillamenti di raggi X e ultravioletti dannosi per la vita. Tuttavia lo studio di questo sistema sarà fondamentale per comprendere sotto quali condizioni i pianeti di tipo terrestre formano atmosfere e se possono mantenere condizioni adatte allo sviluppo della vita. Tre dei pianeti in questo sistema si trovano nella zona cosiddetta abitabile circumstellare, la zona intorno ad una stella in cui l’acqua liquida potrebbe esistere sulla superficie di un pianeta simile alla Terra. In particolare, Trappist-1 è il pianeta del sistema più simile alla Terra in termini di dimensioni ed energia ricevuta dalla sua stella. Forse già entro il 2023 sarà possibile determinare la presenza o meno di un’atmosfera (rivelando tracce di anidride carbonica o acqua) ma ci vorranno osservazioni di diversi anni prima di conoscere con precisione la sua composizione chimica e trovare (forse) tracce di gas di origine biologica. Anche se non troveremo gli elementi costitutivi della vita, gli sforzi per comprendere questo peculiare sistema planetario spingeranno in avanti i confini della conoscenza dei pianeti e ci permetteranno di capire un po’ di più i processi fisici che hanno portato la Terra ad avere un ambiente abitabile.

Ci sono pianeti intorno ad Alpha Centauri A?

Parte del tempo di osservazione sarà dedicato anche alla ricerca di pianeti attraverso l’osservazione diretta. La sfida più affascinante sarà cercare pianeti nel sistema binario di Alpha Centauri, distante poco più di quattro anni luce da noi. La stella principale del sistema, Alpha Centauri A, è la stella simile al Sole a noi più vicina. È una delle stelle più studiate del cielo ma non sappiamo se ci sono pianeti intorno a lei. Finora le ricerche basate su metodi indiretti hanno escluso la presenza di pianeti giganti. Utilizzando un coronografo (uno strumento che – bloccando la luce abbagliante delle stella – permette di osservare sorgenti milioni di volte più deboli), il team condotto da Charles Beichman (Jet Propulsion Laborator, Usa) esplorerà la zona abitabile intorno ad Alpha Centauri A alla ricerca di pianeti più piccoli di Giove. Il successo non è sicuro, ma la prospettiva di fotografare direttamente un pianeta attorno alla stella più vicina è una prospettiva entusiasmante. Anche se non si dovesse trovare un pianeta, c’è una buona possibilità di trovare una cintura di asteroidi o di materiale polveroso riscaldato dalla stella. Sarebbe un segnale della presenza di pianeti più piccoli e incoraggerebbe a continuare a cercare con i telescopi spaziali della prossima generazione. Il Jwst ci riserverà molte sorprese ma non sarà in grado di osservare un eventuale pianeta piccolo come la Terra intorno ad Alpha Centauri A. Questo è l’ambizioso obiettivo di telescopi ancora in fase di studio, come il Life (Large Interferometer for Exoplanets), che potrebbero vedere la luce nella prossima decade, quando uno dei giovani lettori di questo articolo potrà contribuire a ottenere la prima fotografia di un pianeta come la Terra intorno a una stella lontana.

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