Per localizzare un punto qualunque sulla superficie terrestre si utilizzano la latitudine (che è la distanza angolare tra l’equatore e il parallelo su cui si trova il punto, specificando se è a Nord (N) o a Sud (S) dell’equatore stesso) e la longitudine, che è la distanza del meridiano in cui si trova il punto dal meridiano fondamentale, specificando se è a Est o a Ovest. Oggi le operazioni di determinazione delle coordinate geografiche sono eseguite dal Gps (Global positioning system), ma conoscere la latitudine e la longitudine rimane molto importante. Pensiamo a quanto sia fondamentale per le navi orientarsi in mare aperto e poter sapere esattamente, in ogni momento, dove esse si trovano. La latitudine di un luogo è pari all’altezza del Polo Celeste (Nord se siamo nell’emisfero boreale) e si misura utilizzando il sestante. Di notte, nell’emisfero boreale, si prende come riferimento la stella Polare, di cui si misura l’altezza. L’angolo che questa stella forma con il piano dell’orizzonte è la latitudine del luogo. Mentre è relativamente semplice calcolare la latitudine, operazione che i marinai conoscevano bene, determinare la longitudine è stato un grosso problema almeno fino alla seconda metà del XVIII secolo. Il nostro pianeta compie un’intera rotazione (360°) attorno al proprio asse in 24 ore. Quindi una semplice divisione basta per dire che la velocità angolare è di 15°/ora. Spostandoci di 15° a Est oppure a Ovest, si avanza o si indietreggia di un’ora. Se in una determinata località della Terra è mezzogiorno (o, come dicono gli astronomi, il Sole transita in meridiano), in un punto situato a 15° a Ovest il Sole passerà dopo un’ora e dunque sono le 11; in un punto situato a 15° a Est il Sole è transitato in meridiano un’ora prima e quindi sono le 13. Spostandoci per esempio verso Ovest in un luogo che dista 30° Ovest dalla località scelta, saranno le 10 (il Sole transiterà in meridiano 2 ore dopo) e così via. Il calcolo della longitudine è legato alla misura del tempo. Per la determinazione della longitudine basta avere con sé un orologio regolato su Greenwich quando nel luogo considerato è mezzogiorno. Se, per esempio, l’orologio regolato su Greenwich indica le 16, vuol dire che il luogo è situato a Ovest di Greenwich di 4 ore e che quindi la sua longitudine è 60° Ovest (15°/ora ∙ 4 ore = 60°). Sembra facile ma in passato non lo fu affatto, in particolare quando era necessario calcolare la longitudine in maniera puntuale: bisognava avere orologi molto precisi e stabili nel tempo. Strumenti che, oltretutto, stando su una nave avevano problemi di umidità e risentivano dei movimenti ondulatori. Per questa ragione, i normali pendoli non erano utilizzabili. Durante le traversate in mare, le variazioni climatiche (temperatura e umidità) erano tali da influenzare gli ingranaggi, che dovevano essere lubrificati, a causa di fenomeni quali dilatazioni e contrazioni e ossidazioni. Per questo la storia della determinazione della longitudine coincide, in buona parte, con quella della costruzione di un orologio adatto allo scopo, ovvero molto preciso.
Una questione vitale
La determinazione della longitudine diventò di vitale importanza quando le navi hanno cominciato ad attraversare gli oceani. Perdere la rotta significava allungare sensibilmente il viaggio con conseguenze anche sulla salute dell’equipaggio. I calcoli errati e l’impossibilità di conoscere esattamente la posizione in mare aperto provocarono gravi incidenti (il più tragico fu il naufragio della flotta dell’ammiraglio Cloudesley Shovel il 22 ottobre del 1707). Per questi motivi, fare il “punto nave”, ovvero determinare il valore di latitudine e longitudine, era di vitale importanza. Pur conoscendo la latitudine, relativamente semplice da determinare con il sestante, un marinaio ignaro di quale fosse la longitudine era destinato a perdersi, anche utilizzando carte nautiche accurate e una bussola. La determinazione della longitudine era fondamentale per navigare in sicurezza e gli Stati che avevano navi destinate alla guerra oppure al trasporto di merci e persone si impegnarono a fondo nella ricerca di una soluzione. Il “problema della longitudine” venne affrontato dalle menti più brillanti del passato, come Galileo Galilei, Gian Domenico Cassini, Christiaan Huygens, Isaac Newton ed Edmond Halley che proposero vari metodi astronomici per determinare la longitudine (basati, per esempio, sulla Luna o sui satelliti di Giove). Nel 1714 la regina Anna e il Parlamento inglese promulgarono il Longitude Act, che istituiva un’apposita commissione con il compito di esaminare e giudicare i metodi proposti e offrire una ricompensa di 20.000 sterline, davvero una cospicua somma di denaro per l’epoca, a chi avesse risolto il problema (con un errore sulla determinazione della longitudine minore di mezzo grado). Fu quello l’ultimo atto firmato dalla regina che morì poco dopo.
L’orologiaio autodidatta
La posta in palio stimolò un abile orologiaio, l’inglese John Harrison, a trovare la soluzione realizzando orologi molto precisi. Come detto, “bastava” che ogni nave fosse dotata di un orologio capace di segnare sempre l’ora “esatta”, quella di Londra. Nel momento in cui il Sole culminava in un determinato luogo si aveva il mezzogiorno locale. La consultazione dell’orologio regolato sull’ora di Greenwich consentiva di valutare la differenza oraria tra il luogo e il meridiano di riferimento e, di conseguenza, la longitudine del luogo. Il principale problema era però rappresentato dagli orologi dell’epoca, davvero poco precisi. Dato che ogni minimo errore rischiava di modificare di molto la posizione, risolvere il problema della longitudine significava migliorare notevolmente gli orologi. Ed è questa la sfida che accettò Harrison! Nato nel 1693 a Foulbay, nella contea dello Yorkshire, rimane misterioso il modo in cui entrò in contatto con il mondo degli orologi. Quando era giovane, il prezzo di un orologio era inaccessibile per l’economia familiare. Non esiste, inoltre, alcuna prova della presenza, nel luogo in cui abitava, di un orologiaio che potesse insegnarli il mestiere. Di conseguenza, sembra che Harrison sia stato un vero e proprio autodidatta! John era il primo di cinque fratelli; suo padre era un bravo falegname che lavorava anche come custode di una tenuta di campagna. Quando era piccolo, la famiglia si trasferì a Barrow, un paese della stessa contea, dove John imparò il mestiere del padre. Seguì gli studi presso le scuole del suo paese e visse un momento per lui fondamentale quando ebbe tra le mani un libro di meccanica pratica che copiò con cura, parola per parola, su diversi quaderni, ampliandolo e ridisegnando i grafici che erano presenti al suo interno. Nel 1722, senza mai aver fatto pratica da un orologiaio, Harrison costruì un orologio a pendolo con ingranaggi di legno per Sir Charles Pelham. L’orologio è ancora oggi collocato nella torre della sua dimora a Brocklesby Park e funziona perfettamente. La particolarità era quella di non necessitare di alcuna lubrificazione, perché il legno utilizzato era speciale e non aveva il problema della corrosione. Quando Harrison ebbe notizia della ricompensa che il Parlamento britannico offriva a chi avesse risolto il problema della longitudine, iniziò a sviluppare un orologio in grado di misurare il tempo con un’alta precisione. Tra il 1730 e il 1735 completò il suo primo modello, denominato con la sigla H1. Nel 1736 l’orologio fu portato sulla nave Centurion; il risultato fu positivo ma Harrison decise di migliorare ulteriormente il prototipo. Il modello successivo, l’H2, più compatto e maneggevole e ancora più preciso, fu presentato alla Commissione della Longitudine nel 1740. Con questo modello Harrison avrebbe certamente meritato il premio sia perché lo strumento si dimostrò molto preciso sia perché l’Astronomo Reale dell’epoca, Edmond Halley, era un suo grande ammiratore. Harrison però, per eccesso di scrupolo, chiese alla Commissione di avere ancora del tempo e un opportuno finanziamento per migliorare ulteriormente il progetto. Purtroppo, impiegò quasi vent’anni nella costruzione del modello H3. In questo periodo Nevil Maskelyne, che non era favorevole all’utilizzo degli orologi per determinare la longitudine, divenne Astronomo reale e questo influenzò negativamente la commissione, che a sua volta valutò in modo meno favorevole il lavoro di Harrison. Nel 1761 l’orologiaio chiese che un successivo modello (H4, di nuova concezione, dimensioni notevolmente ridotte e molto simile ai moderni orologi da tasca) fosse provato in mare. Fu quindi installato su una nave che salpò dall’Inghilterra con destinazione Giamaica e fece ritorno dopo qualche mese. Il suo orologio ritardò, in tutto il viaggio, di soli cinque secondi, un risultato davvero eccezionale e migliore di quelli precedenti. Ormai ultrasettantenne, Harrison costruì un altro orologio (H5). Nonostante avesse raggiunto tutti i risultati sperati, Harrison non ebbe il piacere di vedere pienamente riconosciuta in vita l’utilità del proprio lavoro e di ottenere il giusto riconoscimento per aver risolto il problema della longitudine. Ebbe, infatti, solo una parte del premio concesso dal Parlamento, su iniziativa del re Giorgio III nel 1773. Harrison morì nel 1776 per cause naturali. La sua tomba si trova nel cimitero di Hampstead e i suoi orologi sono oggi esposti e ammirati presso il National Maritime Museum di Greenwich.