L’integrale di vino

Nell’autunno del 1613 la vendemmia in Austria era stata eccezionalmente buona sia come quantità sia come qualità. I vinai accatastavano grandi botti e gli intenditori di vino si accalcavano ad acquistarle. Fra loro c’era un curioso scienziato tedesco che viveva a Linz, nella regione dell’Alta Austria. Si chiamava Johannes Kepler (conosciuto in Italia come Giovanni Keplero) e sarebbe passato alla storia per le sue leggi che hanno segnato uno spartiacque nella storia della fisica e dell’astronomia. In fondo, la famosa rivoluzione eliocentrica di Copernico è stata soprattutto filosofica, mentre la grande rivoluzione geometrica è stata proprio quella di Keplero che ha dimostrato come i corpi celesti si muovano seguendo orbite ellittiche e non circolari, come invece da millenni tutti (compreso Copernico) avevano creduto. La mente matematica di Keplero era sempre pronta e non solo quando si affannava sui calcoli dell’astronomo danese Tycho Brahe che lo avrebbero aiutato a formulare le sue famose leggi. Era all’erta anche quando si trattava di argomenti più edonistici, come appunto il buon vino del Danubio. Avendo deciso di comprare alcune botti, Keplero era sceso in cantina con il vinaio per contrattare il prezzo da pagare. All’epoca, i venditori, non disponendo di strumenti sofisticati, misuravano le quantità di vino immergendo un’asta graduata nelle botti posizionate verticalmente. Se le botti fossero state perfettamente cilindriche, il calcolo sarebbe risultato preciso. Solo che non lo erano: hanno sempre avuto una forma irregolare e Keplero lo sapeva bene. Così come sapeva che non sempre gli osti sono onesti. Perciò si chiese come poteva fare per capire se il prezzo era congruo o no. Il problema del volume delle botti ai suoi tempi era già un esercizio classico nei libri di matematica. Per esempio il Trattato di aritmetica di Filippo Calandri, pubblicato a Firenze nel 1491, ne presentava ben quattro esempi. Le soluzioni però erano sempre ricavate con metodi empirici, legati ai casi particolari. Keplero invece, da buon matematico oltre che grande fisico, cercava una soluzione generale. Conoscendo le opere di Archimede, il più geniale matematico dell’antichità classica, studiò i solidi di rotazione (categoria che comprende il cilindro ma anche le varie forme delle botti) esaminandone decine e decine. Ben presto però si rese conto che con le tecniche geometriche dei greci non avrebbe mai raggiunto il suo scopo. Così, da rivoluzionario della matematica qual era, cercò di ragionare uscendo dagli schemi canonici, pensando out of the box (fuori della scatola), come si direbbe oggi. Il risultato è stato un approccio modernissimo, che descrisse nel libro del 1615 Nova stereometria doliorum vinariorum (Nuova geometria solida delle botti di vino). Uno dei più importanti storici moderni della matematica, Morris Kline, nel suo manuale Storia del pensiero matematico, lo ha sintetizzato così: “L’essenza del metodo di Keplero consiste nell’identificazione delle aree curvilinee e dei volumi con la somma di un numero infinito di elementi infinitesimi della stessa dimensione”. In parole povere, Keplero immaginava di tagliare mentalmente una botte in tante “fettine” orizzontali talmente sottili da essere praticamente prive di spessore, per poi calcolare le loro aree e infine sommarle per trovare il volume della botte. In nuce, era il concetto di integrale di volume, a cui solo diversi decenni dopo sarebbero arrivati Newton e Leibniz con il calcolo infinitesimale, la più famosa innovazione nella storia della matematica, che ancora oggi segna uno dei confini fra matematica elementare e matematica superiore. Secondo il Vangelo di Giovanni, il primo miracolo di Gesù è stato la trasformazione dell’acqua in vino, in occasione delle nozze di Cana. Così, anche nella storia della matematica, l’avanzamento più prodigioso è stato preannunciato dall’esigenza di assicurare il giusto approvvigionamento di vino. Prosit!

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