Brevi riflessioni sulla scienza nella letteratura di Italo Calvino

La scienza era nel DNA di Italo Calvino. Il padre era un agronomo, la madre botanica, il fratello, Floriano, nato quattro anni dopo Italo, diventerà invece geologo. Italo stesso sarebbe stato destinato a una carriera in ambito scientifico: i suoi genitori, padre anarchico e madre socialista, trasponevano l’estremismo politico nella loro personalità, obbligando il figlio primogenito ad iscriversi senza convinzione alla facoltà di agraria: «L’unico modo per un figlio per non essere schiacciato […] era opporre un sistema di difese. Il che comporta anche delle perdite: tutto il sapere che potrebbe essere trasmesso dai genitori ai figli viene in parte perduto» scrisse in seguito. E la sua difesa fu, appunto, quella di abbandonare il percorso a lui predestinato dai genitori per diventare scrittore.

Ma, nonostante il suo amore per la letteratura, nonostante questa sua ribellione nei confronti dei genitori, Calvino non abbandonerà mai il suo interesse per la scienza.

In un periodo in cui scienze umanistiche e scienze pure erano ancora rigorosamente separate, nel 1942 redasse uno dei suoi primi testi letterari a sfondo scientifico. Uomo del suo tempo e forse galvanizzato dalle ultime scoperte in ambito atomico, scrisse un racconto (Pazzo io o pazzi gli altri, un titolo che parafrasava una frase di Einstein) in cui prefigurava una bomba che avrebbe annientato l’intera umanità. Dalla prefazione di Cosmicomiche sappiamo che Calvino apprezzava Herbert George Wells e lo scrittore nel 1917, ancora prima della scoperta della fissione nucleare, aveva scritto La liberazione del mondo in cui ipotizzava la creazione di un ordigno che, oltre a un’immediata distruzione, continuava la sua letalità con l’emissione di radioattività. Pazzo io o pazzi gli altri, non lo sappiamo per certo, potrebbe essere stato influenzato dalle letture di Wells.

Quindi Calvino, pur allontanandosi dalla scienza per ribellione contro i suoi genitori, ne rimane comunque strettamente legato. In questo senso, potrebbe essere accostato ad un suo contemporaneo, Primo Levi che, sebbene attraverso un percorso assai differente e più doloroso, da perito chimico diventa scrittore. Entrambi non dimenticheranno mai la loro estrazione scientifica.

Se Primo Levi scrisse Il sistema periodico, che Calvino definirà il libro più “primoleviano” di tutti, Italo Calvino lo precedette con le Cosmicomiche, un trattato scritto tra il 1963 e il 1964 i cui parametri di scrittura di comicità scientifica possiamo ritrovare nell’esilarante Guida galattica per gli autostoppisti, scritto nel 1979 da Douglas Adams.

Le Cosmicomiche”, dirà Calvino, “hanno dietro di sé soprattutto Leopardi, i cartoni animati di Braccio di Ferro, Samuel Beckett, Giordano Bruno, Lewis Carroll, la pittura di Matta e in certi casi Landolfi, Immanuel Kant, Borges, le incisioni di Grandville”.

Il seguito di Cosmicomiche fu Ti con zero dove ogni istante di tempo viene ad essere un punto discreto che si sviluppa all’interno di un universo singolo e separato dagli altri. Calvino stesso spiegò che “Nel racconto, ogni secondo, ogni frazione di tempo è un universo. Ho abolito tutto il prima e tutto il dopo fissandomi così sull’istante nel tentativo di scoprirne l’infinita ricchezza. Vivere il tempo come tempo, il secondo per quello che è, rappresenta un tentativo di sfuggire alla drammaticità del divenire”.

Una serie di multiuniversi discreti quasi come fossero dei singoli universi separati tra loro inclusi in un tempo di Planck e non più un continuum spaziotemporale di matrice einsteiniana. E di universo discreto, fatto di grani di spaziotempo infinitesimi, parla effettivamente la meccanica quantistica, secondo cui esiste una misura al di sotto della quale le leggi della fisica attuale non possono essere applicate. Richard Feynman: “Dal punto di vista del buon senso, l’elettrodinamica quantistica descrive una natura assurda. Tuttavia, è in perfetto accordo con i dati sperimentali. Mi auguro quindi che riusciate ad accettare la Natura per quello che è: assurda. Per me parlare di questa assurdità è un divertimento, perché la trovo incantevole”.

Proprio come ha fatto Italo Calvino.

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