Econometria: i dati al servizio delle politiche sociali

Che cos’è l’econometria? “È l’arte e la scienza di usare la teoria economica e le tecniche statistiche per analizzare i dati economici”. Dalla finanza al marketing, dall’economia del lavoro a quella dello sviluppo. Lo scrivono nel loro libro Introduzione all’econometria (Pearson) James H. Stock e Mark W. Watson, economisti rispettivamente della Harvard university e dell’università di Princeton. Secondo i due economisti l’econometria è una scienza che sottopone a verifica le teorie economiche, adatta i modelli matematici ai dati del mondo reale e consente di fare previsioni sulle variabili economiche, come le vendite di un’impresa, la crescita globale dell’economia, i prezzi dei titoli e altro ancora, guidando così le decisioni. “Di fatto – commenta Carolina Castagnetti, docente di econometria all’università di Pavia – è uno strumento utile nelle mani di chi deve prendere decisioni. Utile per valutare l’impatto e la pertinenza delle politiche di misura economica che si intendono adottare e quindi pianificare interventi mirati”. Come? Usando i dati disponibili per elaborare modelli che possano servire da guida per trovare risposte a problemi complessi o per valutare le soluzioni proposte sul campo. In altre parole, mettendo i dati al servizio delle scelte di politica economica.

Una scienza giovane

L’econometria è una scienza relativamente giovane: non ha ancora compiuto 100 anni. Suo atto di nascita è considerata l’istituzione dell’Econometric Society, nel 1930 a Cleveland, con la successiva pubblicazione della rivista Econometrica. Il suo campo d’azione è il mondo reale. Lo spiega chiaramente Esther Duflo, che insegna al Massachussets Institute of Technology (Mit), a Cambridge, e a soli 47 anni ha vinto, nel 2019, il premio Nobel per l’economia per i suoi studi sperimentali per contrastare la povertà. L’econometria, spiega Duflo, vuole dare risposte scientificamente fondate e rigorose a quesiti economici che hanno una rilevanza pratica per la società e la vita quotidiana delle persone. Può aiutare ad affrontare alcuni dei maggiori problemi che la società deve fronteggiare, valutando per esempio la portata di interventi a favore dell’istruzione, della parità di genere, dell’assistenza sanitaria: “Gli economisti – scrive Duflo nel libro Lottare contro la povertà (Editori Laterza) – sono alle prese con il mondo reale e la complessità che ne consegue. Come gli ingegneri, hanno bisogno di semplificare la realtà per poterla comprendere e analizzare e lo fanno spesso sotto forma di modelli matematici che permettono di seguire in modo logico le conseguenze di una serie di ipotesi”.

Esperimenti naturali

Per sapere se una politica apporta concretamente i miglioramenti attesi, gli econometristi ricorrono ai cosiddetti “esperimenti naturali” con cui testare le teorie. Il metodo si basa su una sperimentazione molto simile a quella usata per testare sicurezza ed efficacia di un nuovo farmaco: cioè studi randomizzati e controllati attraverso il confronto tra il gruppo a cui viene somministrato il farmaco e il gruppo di controllo a cui invece viene dato un placebo. Duflo applica questo approccio sperimentale per misurare in particolare l’impatto degli interventi di politica sociale nei Paesi in via di sviluppo, in modo da indirizzare al meglio le scelte di governi, enti di cooperazione internazionale e amministrazioni locali, e far sì che gli effetti siano tangibili e corrispondenti agli obiettivi auspicati. “Nelle scienze sociali non si possono condurre esperimenti come nelle scienze dure: non possiamo controllare tutte le variabili in gioco per misurarne le relazioni di causa-effetto. Possiamo però definire, come quando si studia un farmaco, un gruppo di controllo e un gruppo di trattamento e condurre esperimenti naturali”, spiega Carolina Castagnetti. Ed è quello che la professoressa di Pavia ha fatto per valutare l’impatto del primo lock- down, con l’interruzione prolungata della didattica in presenza, sulle prestazioni universitarie di studenti e studentesse dell’ateneo. “Abbiamo cercato di misurare l’impatto della Dad durante la prima ondata della pandemia, confrontando il rendimento nel corso del semestre estivo degli studenti immatricolati nell’anno prima e nell’anno di Covid-19”. Se, a livello di scuola primaria e secondaria, racconta la professoressa, la Dad ha determinato un’interruzione più o meno prolungata del percorso di apprendimento, aggravata dal contesto socio-economico familiare, tra gli studenti dell’università di Pavia non è emerso un peggioramento in termini di esami, sostenuti e superati, e di voti. “Forse anche perché l’inizio della didattica d’emergenza, a marzo 2020, è coinciso con l’inizio del semestre estivo, lezioni ed esami sono andati avanti regolarmente nella modalità online e studenti e studentesse universitarie erano già dotati dei dispositivi tecnologici necessari oltre che di una maggiore autonomia nello studio”.

Economia dello sviluppo

Ma torniamo all’approccio sperimentale, con Esther Duflo che ha trasformato l’economia dello sviluppo in un fiorente campo di ricerca. Nel 2003, al Dipartimento di economia del Mit, ha fondato insieme al marito Abhijit Banerjee il laboratorio Abdul Latif Jameel Poverty Action Lab (J-PAL) che, in collaborazione con governi, fondazioni di ricerca e Ong, cerca di capire, sulla base dell’evidenza empirica, se e cosa funziona di determinati interventi di sostegno. La loro missione – si legge sul sito del lab – è ridurre la povertà facendo in modo che le scelte politiche si fondino su prove scientifiche. Lavoro che, insieme a quello di Michael Kremer dell’università di Harvard, è stato premiato dalla Reale Accademia delle scienze di Svezia, perché il loro approccio innovativo ha contribuito a contrastare la povertà globale e a trovare gli interventi più efficaci per migliorare i risultati educativi e la salute dei bambini nei Paesi a basso reddito. La riduzione della povertà globale in tutte le sue forme – si legge nella motivazione del Nobel – è una delle sfide più urgenti da affrontare. Basti pensare che ogni anno circa cinque milioni di bambini con meno di cinque anni muoiono per malattie che si potrebbero prevenire o curare con trattamenti poco costosi. Mentre la metà dei bambini del mondo lascia la scuola senza aver raggiunto l’alfabetizzazione di base e le competenze matematiche. Proprio per questo, racconta Duflo, “una serie di studi ha valutato l’impatto dei vari parametri che favoriscono un’istruzione di qualità: distribuzione di manuali scolastici, riduzione del numero di alunni per classe, miglioramento della salute degli alunni, presa in carico delle spese di scolarizzazione ecc”. A metà degli anni Novanta, per esempio, è stato pionieristico lo studio, controllato e randomizzato, che ha coinvolto 14 scuole nel Kenya occidentale, 7 delle quali destinatarie di interventi diversi al fine di migliorare la partecipazione e il rendimento scolastico. Kremer ha verificato che i programmi di sverminazione dei bambini (la distribuzione di medicinali antiparassitari a basso costo per eliminare la presenza dei vermi intestinali) ha un effetto maggiore sulla loro educazione e contro la dispersione scolastica rispetto alla distribuzione dei libri. Perché, eliminando l’infezione, si riducono drasticamente le assenze croniche e il contagio in classe, con benefici educativi oltre che sanitari. D’altro canto, “c’è una correlazione molto evidente tra il livello di istruzione e la salute delle persone perché si è visto che un maggior livello di istruzione, perseguito attraverso programmi che incentivano la scolarizzazione nei Paesi con alti tassi di abbandono scolastico, innesca comportamenti più virtuosi”, commenta Castagnetti che, ancora una volta, sottolinea il ruolo chiave dell’econometria nel misurare il valore dell’istruzione: “Possiamo misurare gli effetti di interventi mirati a contrastare le diseguaglianze educative e di genere al fine di una loro pianificazione sistematica. Possiamo misurarne gli effetti sul reddito e altre variabili socioeconomiche, sullo stile di vita ecc.”. Gli studi sul campo confermano che l’istruzione è il combustibile non solo per lo sviluppo di un Paese, ma anche per il benessere personale. Economico e non solo. Joshua D. Angris, che nel 2021 ha vinto il Nobel per l’economia insieme a David Card e Guido W. Imbens per aver rivoluzionato la ricerca empirica nel campo dell’economia del lavoro e mostrato quali conclusioni su causa ed effetto si possono trarre dagli esperimenti naturali, ha stimato che un anno in più di scuola aumenta i redditi futuri di circa il 7 per cento. Uno studio condotto da Duflo e Kremer in Kenya, invece, ha riscontrato che incentivare l’istruzione attraverso sussidi economici riduce l’abbandono scolastico da parte delle ragazze in particolare, con conseguente riduzione di gravidanze indesiderate e matrimoni precoci. Sforzi governativi in tal senso potrebbero essere dunque fondamentali per migliorare la salute materno-infantile nei Paesi in via di sviluppo. “Anche con un esperimento sul campo condotto in Ghana, i due Nobel hanno riscontrato che l’istruzione secondaria gratuita non solo ha effetti sul completamento del ciclo scolastico ma incoraggia comportamenti più sani, con effetti benefici sulla comunità”, illustra Carolina Castagnetti. La professoressa si riferisce a un vasto studio che, a partire dal 2008, ha monitorato per 12 anni più di 2.000 giovani ghanesi (di cui 682 hanno ricevuto borse di studio) per misurare fino a che punto la scuola secondaria gratuita incentivi la partecipazione alle lezioni, aumenti il livello di istruzione, favorisca l’emancipazione femminile e l’occupazione e migliori il reddito. Gli effetti positivi tendono a essere particolarmente evidenti per le ragazze che altrimenti, senza borse di studio, hanno meno probabilità di accedere alla scuola secondaria: “Forse – spiegano gli autori – anche per la disparità di trattamento che alcune famiglie riservano a figli maschi e figlie femmine. Sia il modello che i dati suggeriscono che molte ragazze, pur con le capacità per farlo, non vanno alla scuola superiore senza borse di studio” osserva Duflo, sottolineando che se ci si sofferma solo sugli effetti occupazionali, si trascurano tutti gli altri benefici di una maggiore istruzione. I vincitori delle borse di studio hanno infatti adottato comportamenti preventivi (lavaggio delle mani con sapone, uso di zanzariere antimalariche…) e comportamenti sessuali meno rischiosi. Più in generale, “la valutazione di interventi specifici riguardanti la salute, l’istruzione, la corruzione, l’accesso al credito o al risparmio è una tappa essenziale verso un aumento significativo della prosperità per il maggior numero di persone. Anche se fatichiamo a comprendere con esattezza quali siano i fattori che mettono in moto la crescita economica, sembra probabile che una popolazione correttamente nutrita, istruita e in buona salute avrà maggiori probabilità di trarre profitto da qualsiasi miglioramento del clima economico”.

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