Il percorso del matematico

Cosa sanno fare esattamente i matematici? La domanda non è oziosa e chi ha svolto la professione di matematico, prima o poi, se l’è sentita fare. Infatti, se per le altre discipline, scientifiche o no, ci si riesce a immaginare quali sia- no le competenze e le capacità sviluppate nel praticarle, per la matematica non pare immediato. Una risposta possibile è che i matematici non sanno fare nulla in particolare ma tutto in generale. E questa è una competenza notevole. Viviamo nell’età dei dati: la stampa, la televisione, i portali Internet e i social rigurgitano incessantemente grafici e tabelle, numeri e percentuali, che poi vengono corredati da didascalie o semplici titoli per supportare o suggerire una tesi, una constatazione, un interrogativo. A prima vista, questa situazione ci pone in una posizione privilegiata, dato che oggi disponiamo con pochi click di informazioni che un tempo avrebbero richiesto fatica e tempo per essere messe insieme. Ma la realtà è ben diversa. Un esempio, purtroppo ben familiare, sono i dati della pandemia di Covid-19, emanati da fonti governative e istituzionali in grado di rilevare dati sanitari ed epidemiologici e collezionarli in database disponibili per virologi, epidemiologi, data scientist o semplicemente per chiunque voglia provare a consultarli. Normalmente, la fonte che noi “persone comuni” usiamo per accedere a questi dati non è diretta ma è mediata. Qualcuno ha preso quei dati e li ha filtrati, enucleando le caratteristiche di interesse per una certa analisi e, infine, li ha trasformati in diagrammi e grafici che, come si sa, valgono più delle parole o delle tabelle di numeri. Supponendo di poter considerare affidabili tutti questi dati che ogni giorno hanno alimentato i “bollettini Covid”, la domanda è: che cosa ne facciamo? Quale informazione possiamo trarne? In effetti un dato è, come dice la parola, qualcosa che prendiamo per buono, per dato appunto, Ma i dati sono una cosa, l’informazione un’altra. Quest’ultima è in qualche senso la semantica del dato che consente di formulare ipotesi e congetture o di smascherare fallacie o frodi. E la triste verità della nostra epoca è che viviamo in un’alluvione di dati ma in una siccità di informazioni. Spesso gli stessi dati, che scienziati e analisti hanno usato per trarre informazioni utili ai decisori politici nel compiere scelte come imporre un lockdown, sono stati usati da complottisti, da ciarlatani e da chi dal caos e dalla confusione trae vantaggio per indurre informazioni diverse! Alcuni studiosi del Mit (Massachusetts Institute of Technology) hanno studiato il fenomeno mostrando come la proiezione umana di significato sui dati “grezzi” può esser tale da utilizzare una stessa curva o serie storica per dedurre conclusioni diametralmente opposte, ovviamente applicando metodi fallaci. Potremmo dire che le informazioni senza dati sono vuote ma i dati senza informazione sono ciechi. Qual è la strada che porta dai dati alle informazioni? Quella che i matematici percorrono da secoli! Infatti, il loro lavoro sta nel connettere una moltitudine di casi particolari in un caso generale, che vive su un livello di astrazione più alto. E questo è proprio il processo che fa passare dai dati alle informazioni. Per esempio, quando nell’Ottocento si è chiarito il concetto di numero, si è anche capito come costruire algebricamente le frazioni (i numeri razionali) a partire dagli interi e questa costruzione era così pura e generale che è stato possibile applicarla a oggetti che hanno alcune proprietà degli interi ma che non lo sono (come i polinomi) per ottenere oggetti che hanno alcune caratteristiche delle frazioni ma che non lo sono (come le funzioni razionali). Oggi, sia i numeri interi che i polinomi sono esempi di un unico concetto più generale, quello di anello commutativo che abbraccia esempi diversissimi, che vanno dalla teoria dei numeri all’algebra, alla geometria e all’analisi. Questa unificazione è stata possibile perché si sono “astratte” alcune proprietà essenziali dei numeri interi, comuni a molte altre classi di oggetti, da una messe di dati che presentano analogie e che lasciavano intravedere uno schema comune. I matematici astraggono le proprietà salienti che consentono di descrivere con un unico concetto generale tutti questi esempi. Riescono così a guardare un concetto matematico, come il concetto di numero, da una prospettiva più generale e a capirne nuove caratteristiche. È un po’ come osservare da un elicottero una città che si è sempre percorsa a piedi scoprendone aspetti che sfuggono dal basso. Questo processo di generalizzazione per astrazione è lungo e faticoso, oltre che graduale, ed è quello necessario anche per passare da una massa non strutturata di dati all’informazione che da questi si può desumere. È il processo che consente di trasformare l’alluvione di dati che quotidianamente ci travolge in una rete di informazioni strutturate che, come canali d’irrigazione, potrebbero alimentare la nostra intelligenza per amplificarla, anziché deprimerla o confonderla.

Una risposta

  1. Articolo utile, come capita spesso con Caressa. In particolare, vale la pena ricordare quanto sia diventata, negli ultimi anni, poco significativa la frase “lo dicono i dati” . Dal Covid ai cambiamenti climatici e ora anche sulla guerra, tesi contrapposte vengono proposte sulla base di “dati”. Ci si può rammaricare per questo ma forse non può che essere così. Sembra che sale e sfida della democrazia contemporanea sia di convivere con questa difficoltà anche quando grandi emergenze invocherebbero maggiore coesione. Tornando invece all’articolo, l’unico commento che farei è che il lavoro di astrazione, come quello citato sui numeri, non so se sia peculiare dei matematici o non sia la quintessenza del metodo scientifico in generale. Ma va bene anche che ai matematici gli sia riconosciuto un ruolo di primus inter pares.

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