Quando Vannevar Bush ebbe il coraggio di difendere Oppenheimer contro tutti

La figura di Vannevar Bush compare in una delle scene del film “Oppenheimer”, quando viene ascoltato dalla commissione istituita per appurare la correttezza del comportamento di Oppenheimer negli anni del secondo conflitto mondiale, in particolare a proposito del progetto di costruzione della bomba H.
Vannevar Bush (1890-1974) fu un personaggio chiave per lo sviluppo della politica della ricerca scientifica statunitense. Fu consigliere scientifico del presidente Roosevelt e in tale veste lo incoraggiò nel 1942 a dare il via al programma atomico, diventandone poi il tramite con gli scienziati che lavorarono al Progetto Manhattan.
Riportiamo le pagine che G.P. Zachary dedica nella biografia di V. Bush (tradotta in italiano da Egea, Milano, 2018) alla sua deposizione di fronte alla commissione che doveva valutare l’operato di Oppenheimer e al suo atteggiamento durante la “caccia alle streghe” condotta dal maccartismo.

L’indagine contro Oppenheimer ebbe inizio dal tentativo di sistemare un vecchio conto in sospeso. Dopo il primo test sovietico dell’agosto 1953, un critico di Oppenheimer spedì al direttore dell’FBI Hoover un rimaneggiamento delle vecchie insinuazioni sui legami del fisico con i circoli più di sinistra con l’ulteriore fortissima accusa che si fosse opposto allo sviluppo americano della bomba H solo per danneggiare gli USA.
L’attacco a Oppenheimer venne preso sul serio soprattutto dal direttore della Commissione sull’energia nucleare, Lewis Strauss, che cinque anni prima aveva respinto il consiglio di Oppenheimer e convinto Truman a proseguire con i test sulla bomba H. A dicembre, Eisenhower privò segretamente Oppenheimer della possibilità di accedere ai segreti nucleari; Bush lo venne a sapere subito e comunicò la pessima notizia a uno sbalordito James Conant durante una visita in Germania, dove Conant era ambasciatore americano. Oppenheimer rifiutò l’offerta di dimettersi dal ruolo di consigliere della Commissione sull’energia nucleare in cambio del ritiro dell’accusa; aveva in mente di difendersi nel corso di un’udienza privata della commissione e Bush accettò di testimoniare a suo favore.
Nel marzo del ’54, disse all’avvocato di Oppenheimer (Lloyd Garrison) che non solo avrebbe sostenuto la lealtà dello scienziato ma avrebbe pure difeso la sua decisione del 1949 di rimandare lo sviluppo della bomba H per ragioni tecniche. Considerò veramente meschino il castello di menzogne costruito su Oppenheimer e non solo per il calvario che avrebbe dovuto attraversare lo scienziato. Per la prima volta, temeva che la mania per la fedeltà alla nazione potesse seriamente compromettere le già intricate relazioni tra scienziati e governo; aveva dedicato tutta la vita a stabilire una connessione profonda e fluida tra i due campi e adesso si comportava come se il figlio prediletto fosse in pericolo. Pochi giorni prima della testimonianza all’udienza su Oppenheimer dell’aprile del ’53, si rivolse a Lewis Strauss, che pure non gli era mai andato a genio. Lo aveva conosciuto durante la guerra, quando era un ufficiale navale, ed era riuscito a tenerlo a distanza dagli affari dell’OSRD; per Bush, Strauss era il classico esempio di dilettante spinto dall’ambizione politica e posto in una posizione cruciale per le questioni tecnologiche, con tutti i pericoli che ne conseguivano. Mascherando la sua avversione, Bush gli scrisse di temere la distruzione del morale degli scienziati sulla scia dell’umiliazione inferta a Oppenheimer. “Il mio pensiero, in questi giorni difficili, è di tentare di difendere e promuovere le relazioni tra scienziati e governo che ho creato faticosamente durante gli anni della guerra e che ora vedo in pericolo”. Il rischio era quello che gli USA si avvicinassero a uno degli aspetti che “critichiamo maggiormente nel sistema sovietico in cui gli oligarchi decidono la linea politica e, se un cittadino esprime anche solo un dubbio, la sua carriera viene distrutta”.
Bush era profondamente preoccupato dalla situazione ma, come spesso gli era capitato dalla fine della guerra, era combattuto tra due idee in conflitto. Dava valore alla libertà individuale più che a qualsiasi altra cosa, ma aveva anche accettato la necessità del governo di controllare le informazioni e il dissenso sulle questioni di tecnologia militare. Non aveva una soluzione e a Strauss scrisse di aver considerato la possibilità di rivolgersi direttamente al presidente Eisenhower. La sua pazienza era comunque ormai esaurita: “La caccia ai sovversivi sta danneggiando la reputazione della nazione (…). Ho pensato che spetti al Presidente guidarci fuori da questo pantano”.
Bush pensava che Eisenhower non avesse esaminato attentamente il caso Oppenheimer e che lo avesse sottovalutato. In realtà Ike aveva dedicato quasi tre giorni all’argomento, dal 9 all’11 aprile, giungendo alla conclusione che Oppenheimer avesse imperdonabilmente tentato di rallentare il progetto (pur dopo la decisione di Truman di proseguire con i test sulla bomba H). Voleva che Oppenheimer venisse rimosso dal suo incarico alla Commissione sull’energia nucleare, così che non avesse più la possibilità di seminare dubbi tra gli scienziati nucleari. Il suo ragionamento era basato sulla convinzione che il fisico doveva attenersi alle decisioni prese dal governo. Eisenhower non sentiva di doversi giustificare per il trattamento subito da Oppenheimer e non vi vedeva nessun parallelismo con il sistema sovietico. Voleva comunque mantenere segreta tutta l’istruttoria così che gli scienziati non fossero additati come comunisti.
La direzione di marcia si rivelò impraticabile: il 6 aprile, nel corso di un’intervista televisiva, il senatore McCarthy dichiarò che una fazione criptocomunista del governo aveva tentato di sabotare i piani per la bomba H ritardandone la realizzazione di 18 mesi. Chi era stato a causare quel ritardo, si domandò, degli americani leali o dei traditori nel governo? McCarthy era al corrente del caso Oppenheimer, ma non ne parlò. Il 13 aprile, le accuse contro lo scienziato esplosero sui giornali, gettando nuova luce sull’attacco velato di McCarthy. Il giorno prima, era iniziata segretamente l’udienza sul comportamento tenuto da Oppenheimer, davanti a una commissione di tre persone. Undici giorni più tardi, venerdì 23 aprile, alle due di pomeriggio, Bush si presentò nella stanza 2022 del palazzo T-3 della Commissione sull’energia nucleare. Nei cinquanta minuti della sua testimonianza, sfogò tutto lo sdegno che aveva accumulato. Ne aveva abbastanza: non solo difese Oppenheimer, ma attaccò tutti quelli che avevano difeso all’inverosimile i test sulla bomba H. La storia dimostrerà, disse, che la nazione ha commesso un grave errore. Mise in dubbio l’autorità della stessa Commissione nel giudicare Oppenheimer, dichiarando che aveva fatto un grave errore nel mettere sotto processo un uomo solo per le sue opinioni: era un fatto contrario al sistema americano e una cosa terribile poiché dava l’impressione che Oppenheimer fosse messo alla gogna solo perché aveva una sua convinzione forte e il coraggio di esprimerla. La sua umiliazione aveva profondamente sconcertato la comunità scientifica e fatto domandare a Bush se la repubblica fosse in pericolo, dato che si stava calpestando la carta dei diritti. Poi alluse alla sua stessa contrarietà nei confronti dei test sulla bomba H, chiedendosi chi sarebbe stato il prossimo a essere messo al rogo nella caccia alle streghe. Secondo la logica contorta della commissione, molti americani rispettabili potevano essere giudicati colpevoli di crimini immaginari solo per aver dissentito dall’opinione dominante. Il governo aveva invece bisogno di persone che la pensavano diversamente, di consiglieri indipendenti che non avevano paura di andare contro corrente: “Penso che questa commissione non può – come del resto nessun’altra commissione – decidere se un uomo possa servire o meno alla sua nazione solo in base alle opinioni che ha manifestato. Allora, dovreste giudicare anche me. Ho espresso spesso delle opinioni molto forti e intendo continuare a farlo. A volte emergono delle opinioni impopolari ma, se uno è messo alla gogna solo per questo, allora questa nazione si trova in condizioni molto gravi”.
Dopo aver concluso la sua testimonianza, Bush si risedette, preoccupato per l’esito dell’inchiesta ma fiducioso che Strauss ed Eisenhower potessero ravvedersi. “Non ho parlato con i giornalisti e ho detto agli altri di non farlo, mentre la commissione esamina il caso”, scrisse a Strauss il 28 aprile. Due giorni più tardi, spiegò a un professore della Columbia University di essersi rifiutato di difendere pubblicamente Oppenheimer poiché così “la mia efficacia è meglio preservata”, se si limita a sostenere la posizione dello scienziato attraverso i canali ufficiali. Ma ammise che era duro rimanere in silenzio davanti al pubblico: “Sono così sconcertato da questa vicenda che tutte le volte che ne sento parlare mi è difficile mantenere la calma”. Trattenendo la rabbia, sperava che le cose avrebbero preso il giusto corso ma la moderazione di Bush non servì a nulla. Il processo Oppenheimer si concluse il 6 maggio, dopo 19 giorni di testimonianze. Tre settimane dopo, la commissione votò due contro uno la revoca della sua autorizzazione all’accesso ai segreti nucleari. Bush diventò furioso. Ormai non vedeva più nessun motivo per conservare i suoi incarichi pubblici. L’11 giugno cacciò dal suo ufficio un agente dell’FBI che stava facendo un controllo di ruotine su uno scienziato civile per conto della Commissione sull’energia nucleare; dopo che l’agente aveva iniziato a fargli delle domande, Bush esplose: “Non ho tempo per rispondere. Lo vada a riferire al suo capo”. Sempre nello stesso periodo, tenne un discorso appassionato al club privato St. Botolph di Boston dicendo che il caso di Oppenheimer rappresentava un tentativo di controllo del pensiero e un avvertimento del fatto che la democrazia era sull’orlo del precipizio. Poi, il 13 giugno, rilasciò al New York Times quella che uno storico definì la più devastante bordata mai rivolta contro gli accusatori di Oppenheimer. Nessun cittadino avrebbe dovuto “cancellare le sue opinioni per allinearsi servilmente a una linea politica del tutto arbitraria”, scrisse. Un riconoscente Daniel Lilienthal, il liberale che era alla direzione della Commissione sull’energia nucleare nel periodo in cui Oppenheimer aveva dissentito sui test della bomba H, lo ringraziò per la dichiarazione: “Il tuo articolo si rivelerà tra i più importanti contributi che hai dato alla nazione. Il buonsenso e la decenza sono merce rara in questo periodo; quello che hai scritto ci aiuterà a rimetterci in carreggiata e farà capire a molte persone fino a che punto ci siamo spinti”.
Del resto, molti americani non ne potevano più della piaga dell’anticomunismo, almeno nei suoi eccessi. All’inizio di giugno, durante un’udienza sulla sua condotta, McCarthy ricevette una sonora lezione dal pacato avvocato Robert Welch che arrivò a chiedergli: “Signore, in fin dei conti lei ha qualche idea della decenza? ”. A dicembre, McCarthy sarebbe stato censurato dal Senato. Una volta conclusa l’udienza a McCarthy, Bush scrisse a Conant: “Nel complesso, credo che abbiamo raggiunto il colmo dell’assurdità e che adesso la marea stia iniziando a ritirarsi. Non significa che la nazione guarirà nel giro di una notte, ma nei mesi che verranno vedremo sicuramente meno eccessi”.
La prudenza di Bush si sarebbe rivelata più che giustificata. Nonostante lo sdegno contro il trattamento subito da Oppenheimer, il 19 giugno la Commissione sull’energia nucleare (guidata da Strauss) confermò il verdetto della prima commissione dichiarando di avere le prove dei gravi difetti riscontrati nel comportamento del fisico e di aver giudicato che le sue frequentazioni si fossero spinte ben oltre un limite tollerabile di prudenza e di autocontrollo. Oppenhemier aveva perso e non avrebbe più potuto lavorare sul programma nucleare USA o influenzare la sua politica sugli armamenti.
Per Bush, il caso rappresentò un colpo personale ma anche l’occasione per un atto di accusa contro il governo. “Il nostro sistema di sicurezza interno è delirante”, disse a Newsweek. Il verdetto la diceva lunga sul livello di politicizzazione della Commissione ma nulla su Oppenheimer. La decisione presa, concluse Bush, “non smuove la mia completa fiducia nella lealtà di Oppenheimer e nella sua devozione alla causa americana”. La difesa di Oppenheimer diede molti dispiaceri a Bush ma anche una certa soddisfazione personale. Negli anni immediatamente successivi alla seconda guerra mondiale, molti scienziati lo avevano considerato un autocrate sorpassato e ormai privo di contatti con le fonti della libertà intellettuale. Non si erano fidati di lui poiché pensavano che fosse strettamente alleato con i militari, un accusa paradossale visti i suoi continui scontri con i servizi armati. La trasformazione di Bush da uomo di apparato a “cane sciolto” diventò palese a tutti dopo la lettura dei verbali delle udienze sul caso Oppenheimer, pubblicati in un libro nel luglio del ’54. Dopo aver esaminato quel tomo di mille pagine, Alfred Friendly del Washington Post annoverò Bush tra i massimi difensori di Oppenheimer, nonché uno dei pochi ad avere fatto una bella figura. A tutti quegli scienziati che una volta si erano scontrati con Bush, Friendly offriva un dolce post scriptum: prendendo le difese di Oppenheimer, Bush aveva dimostrato di essere davvero il grande decano della scienza americana.

3 Responses

  1. Grazie un articolo molto bello che mi ha permesso di collocare Bush nella giusta luce. Trovo che nel mondo accademico di oggi sovente si vedono timidezze ad esprimere idee forti, ed anche nei contesti delle collaborazioni internazionali. Spesso non basta alle persone neanche raggiungere posizioni apicali, e dunque poco ricattabili, per avere la libertà di parola. Triste.

  2. Ho letto con grande interesse l articolo che ha rafforzato le mie convinzioni sul fatto che governo e militari americani non avessero alcun rispetto sulle opinioni degli scienziati che avevano contribuito allo sviluppo del progetto Manhattam, quanto all uso dell arma atomica su obiettivi civili ed ulteriori suoi sviluppi. Questo peccato originale ha avuto effetti devastanti anche sullo sviluppo della energia nucleare per obiettivi civili.

  3. Ho letto con molto interesse l’articolo su Vennevar Bush apprendendo novi risvolti e rafforzando le mie convinzioni sulle deliranti attitudini maccartiste negli USA anni ’50 e non solo.
    Grazie.

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