La chimica che si suicidò per orrore della guerra

Chimica e pacifista tedesca, Clara Immerwhar (1870-1915) era nata in una famiglia della grande borghesia ebraica a Polkendorf, nella Slesia. Suo padre era uno scienziato di fama e Clara ne seguì le orme. Fu la prima donna laureata in chimica e fisica all’università di Breslavia, nel 1900. Un anno dopo sposò il chimico, futuro premio Nobel, Fritz Haber, ma la sua speranza di potersi dedicare sia alla ricerca che ai compiti di moglie e madre non si realizzò. Una difficile gravidanza e la nascita del figlio Hermann l’allontanarono dagli amati laboratori. Quando Fritz intraprese una brillante carriera accademica, Clara assunse il ruolo della “consorte del professore”, con funzioni di rappresentanza, di accudimento e di collaborazione, traducendo ad esempio i lavori del marito. Nel 1909 le ricerche di Haber portarono alla produzione dell’ammoniaca a partire dall’azoto dell’aria. Una scoperta importante per scopi civili che però allo scoppio della prima guerra mondiale fu utilizzata, su sollecitazione dello scienziato, per la produzione di esplosivi. Era il 1914 e le ricerche di Haber continuarono a essere pensate per le applicazioni belliche. Il 2 maggio 1915, poco prima di compiere quarantacinque anni, Clara si uccise con la pistola militare del marito: fu un atto di protesta contro il primo sterminio chimico di massa avvenuto due settimane prima a Ypres: migliaia di soldati francesi erano stati avvelenati dal gas (iprite) impiegato da Fritz Haber. Prima di compiere quel passo estremo, deciso dopo lunga riflessione, Clara aveva protestato con ogni mezzo contro le ricerche belliche del marito. I giornali di Berlino, dove abitavano gli Haber, non diedero notizia della morte di Clara e non ci fu alcuna autopsia. Scrive Gerit von Leitner, biografa di Clara: “Durante la guerra, la sua presa di posizione chiara e univoca era malvista e ostacolata. Le rimaneva un’unica possibilità per non diventare complice. Quando la casa restò vuota, dopo i festeggiamenti per la vittoria riportata a Ypres e dopo che Fritz si sottrasse alle sue responsabilità placandosi con un sonnifero, Clara scrisse per ore lettere di commiato in cui spiegava il significato del suo gesto e si tolse poi la vita. I domestici videro le lettere che però sparirono. Chi le ha distrutte?”. Clara spirò tra le braccia del figlio adolescente. La mattina dopo la sua morte, Haber lasciò la casa per coordinare il primo attacco con il gas asfissiante contro i russi, senza partecipare al funerale della moglie. Nel 1918, tre anni dopo i fatti di Ypres, Haber si vide assegnare il premio Nobel della chimica per la scoperta dell’ammoniaca. Lo zelo che ebbe nel lavorare nell’industria bellica lo portò a produrre anche lo Zyklon (un agente fumigante che sarebbe stato usato ad Auschwitz) e non risparmiò però ad Haber, in quanto ebreo, la condanna nazista quando furono promulgate le leggi razziali. L’illustre fisico Max Planck, collega di Haber, tentò inutilmente di salvargli la carriera. In un incontro con Hitler, rammentò al Führer i grandi vantaggi che le scoperte di Haber avevano procurato all’apparato militare tedesco durante la prima guerra mondiale ma Hitler gli rispose con una sentenza diventata famosa: “Se la scienza non può fare a meno degli ebrei, noi, in pochi anni, faremo a meno della scienza”. Fritz Haber dovette emigrare in Gran Bretagna, dove trovò un incarico presso l’università di Cambridge. Nel 1934 decise di trasferirsi in Israele ma morì durante il viaggio, per un attacco cardiaco, in un albergo di Basilea.

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