Vacanze matematiche: la storia in un vaso in terra di Basilicata

Metaponto, terra natale di Ippaso ma anche rifugio e termine della vita di Pitagora. Un turista matematico in Basilicata coglie l’antisimmetria di una terra che accolse il fondatore dell’armonia ma generò chi, rivelando l’incommensurabilità, diede fine all’idea di una aritmetica autoconsistente. Una grande recente statua di Pitagora è nell’agorà del paese, ma è il tempio greco di Hera a dare la grande emozione agli appassionati di forme. Si immaginano gli adepti del ritmo chiacchierare di figure piane tra le colonne. Si trova naturale la coincidenza e coesistenza tra la misteriosa scuola pitagorica e una famosa scuola artistica di vasi con figure rosse su fondo nero che si sviluppò qui proprio nel V secolo a.C. Non sembra vi sia alcuna analogia tra la pietra chiara delle colonne che si ergono con fierezza e il colorato e movimentato chiacchierare di eroi e divinità sulla pancia di eleganti coppe che si reggono solo sul piedistallo. In verità, dal punto di vista geometrico il bordo della colonna e il vaso sono entrambi superfici di rotazione. Questi echi del passato sono stati generati attorno a un’anima rettilinea nascosta: l’asse di rotazione. Per la colonna è stato sufficiente prendere un’altra retta parallela all’asse e farla danzare mantenendo sempre la stessa distanza e generando un anello di infinite circonferenze tutte uguali. Per ottenere i vasi, si fa ruotare una qualsiasi curva. Ogni punto mantiene ugual distanza dall’asse e crea il suo personalissimo anello. Per ciascuno stamnos qui esposto potremo risalire alla curva generatrice usata nella geometria del tornio. Al museo archeologico di Policoro, capiamo che la classificazione delle ceramiche si può traslitterare in calcoli di curvatura. Le anfore, come i corpi, hanno un collo, delle spalle, una pancia e il piede. Nei punti di curvatura nulla, dove il vaso somiglia a un cilindro, i motivi decorativi sono ottenuti per traslazione, con fiori o geometrie schematiche che prediligono la spirale quadrata, simbolo atavico di evoluzione. Le gesta epiche chiedono lo spazio della pancia, dove volti, mani e sguardi si rivolgono tangenti anche a chi li guarda. Su alcune hydriae, il collo si stringe a curvatura negativa e i motivi si ripetono, scivolando verso la pancia come se il pittore antico avesse voluto tracciare geodetiche. Ogni vaso è un susseguirsi di concavo e convesso per contenere e rilasciare quel che protegge. Anche sulle anse, il nostro sguardo indugia sui flessi che i progenitori afferrarono per deporre il prezioso nella sepoltura. Spostiamoci nel sorprendente museo archeologico di Melfi. Troviamo una brocca, detta pitagorica per la cosmogonia lì dipinta, e un askos del III secolo a.C. le cui decorazioni stilizzate costituiscono un racconto circolare. È speciale: ha tre bocche e due manici. L’appassionato di topologia algebrica classificherebbe anfore e brocche in base al numero di buchi e incollamenti! Ma il suo pensiero si potrebbe applicare al paesaggio: il massiccio del Vulture sembra un curioso vaso con i due laghi di Monticchio a complicarne l’omologia. Dall’antichissimo vulcano, l’occhio torna ai preziosi reperti del periodo romano, come il bianco sarcofago di Rapolla. È qui in Lucania che perse la vita il console Marcello, colui che non riuscì a risparmiare Archimede a Siracusa. Ed è in questo castello che Federico II ospitò Michele Scoto, al quale Fibonacci aveva dedicato la seconda edizione del Liber Abaci. Per altre storie matematiche si va nella valle del Melandro, dove un grande murales celebra il sistema binario ideato dal vescovo Juan Caramuel Lobkowitz. A Montemurro, il fascino della geometria è alla Casa delle Muse di Leonardo Sinisgalli tra titoli di libri, copertine di riviste e dipinti. Infine, nell’abbazia di Montescaglioso c’è un affresco del 1500 che celebra Pitagora mentre illustra il suo teorema. Siamo vicini a Matera, la città della complessità frattale. Il suo museo archeologico è una città dentro la città. Lì c’è un imponente cratere che è ancora una città: racconta l’aldilà greco. Non possiamo sfuggire alla ricorsività, persino i cavalli sul collo del vaso girano in tondo rincorrendosi come in una tassellazione escheriana. A proposito di vasi complessi, un immaginario tornio di scienza nel 1882 ha generato la bottiglia di Klein. Questa superficie non orientabile si ottiene piegando un cilindro nello spazio-tempo. Può essere una metafora del viaggio stesso: se siamo in Basilicata, non c’è interno ed esterno, la meraviglia è ovunque.

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