Stile libero – Il senso del comico dello humorbot

La mia planetaria impasta il pane con un moto che nulla ha a che fare con il gesto che mi ha insegnato la mia nonna emiliana. Per sostituire il cammino umano e il cavallo si sono usate le ruote, non le macchine a gambe. I tentativi di imitare il volo degli uccelli furono ingegnosi, ma senza esiti. I nostri aerei sfruttano la portanza delle ali ma non le sbattono, utilizzando invece la propulsione. Insomma, le strade del naturale e dell’artificiale non sembrano tanto succedersi per imitazione, ma piuttosto divaricarsi ogni volta che si produce un grande salto innovativo. Sarà così anche per l’intelligenza artificiale?
Due cose stupiscono chi osserva i bambini mentre apprendono il linguaggio: anzitutto, la natura intrinsecamente sintattica delle loro prestazioni (se il bambino si limitasse ad imitare il linguaggio adulto direbbe “ho preso”, mentre per ipercorrettismo dice “ho prenduto”, come se l’applicare regole grammaticali generali fosse una modalità primaria e naturale del suo pensiero). L’altro aspetto è la capacità semantica di correlare i nomi alle cose (se indichi e nomini un cane, il bambino capisce che non stai nominando il muso del cane, o un’orecchia del cane o il colore del cane, ma il cane come intero, come “sostanza” avrebbe detto Aristotele e non come aggregato di sensazioni puntuali).
Nessuna delle due prestazioni sembra essere tipica dell’attuale linguaggio artificiale che è intrinsecamente imitativo e non sembra in grado di discriminare proprietà caratterizzanti da dati accessori.
A lungo la logica formale è stata vista come la sorella maggiore, rigorosa e perfetta, del linguaggio naturale, approssimato e vago. Dai tentativi leibniziani fino al Tractatus di Wittgenstein, il modello di linguaggio logico-formale è stato ricercato come una perfetta struttura combinatoria dipanata in modalità assiomatico-deduttive, capace di modellizzare il reale.
Mi ha molto deluso veder entrare in scena il linguaggio dei chatbot come risultato di una rastrellata di sequenze di parole, probabilisticamente associate fra loro, più simili al modo in cui si formano le chiacchiere al bar o dalla parrucchiera che al modo in cui si articola un gioco con regole sintattiche. Probabilmente la maturazione degli strumenti di elaborazione artificiale avverrà per convergenze fra processi logico-matematici e raccolte induttive di associazioni fra parole. Certamente, la quantità gioca un ruolo determinante nelle capacità artificiali di elaborare informazioni mentre a un bambino bastano pochi esempi per cogliere un concetto o risolvere un problema tramite insight.
Chissà se alcune tipiche modalità dell’intelligenza naturale saranno surrogabili: l’intuizione, l’analogia, la metafora, il paradossale. Chissà se la macchina ci batterà anche come senso del comico: magari nascerà uno humorbot in grado di produrre battute esilaranti, ma chissà se poi occorrerà un umano per ridere alle battute.

 

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