Perché tra nord e sud ci sono differenze nelle rilevazioni dell’Invalsi

Come ogni anno, ecco arrivare i risultati delle prove Invalsi. Come ogni anno, la situazione non cambia, al massimo peggiora. Come ogni anno, tante parole ma poi nessuno fa nulla, nessuno prende il minimo provvedimento

Le rilevazioni dell’Invalsi sui livelli di apprendimento degli studenti italiani, fin dal loro esordio nel 2009, hanno costantemente messo in luce una differenza di prestazioni tra le cinque macro-aree geografiche in cui l’Italia è suddivisa, in particolare fra il nord e il sud del Paese. Per analizzare il fenomeno ci concentriamo sui risultati della prova di matematica di terza media del 2019. Abbiamo scelto di focalizzarci su questi dati perché, da un lato, la matematica è materia il cui apprendimento è meno influenzato da fattori extrascolastici e dunque più adatta a valutare l’efficacia dell’insegnamento, e dall’altro lato perché il 2019 è l’ultimo anno in cui le rilevazioni dell’Invalsi hanno avuto un regolare svolgimento, prima che lo scoppio della pandemia di Covid 19 vi ponesse non pochi ostacoli. La terza media, inoltre, rappresenta la conclusione della scuola di base, deputata a dare a tutti gli alunni un’istruzione della stessa qualità e uno zoccolo comune di conoscenze e competenze a garanzia dell’eguaglianza di opportunità. Prima di proseguire, è opportuno ricordare che i risultati delle prove Invalsi delle varie macro-aree, simili in seconda primaria, divergono sempre più via via che si procede nell’itinerario educativo, con le due aree del nord e del sud che si collocano, rispettivamente, al di sopra e al di sotto della media nazionale e l’area del centro che oscilla intorno ad essa, andamento che trova puntuale riscontro anche nei risultati delle indagini internazionali sui livelli di apprendimento degli studenti italiani. Il divario di prestazioni tra nord e sud solleva la domanda circa le ragioni che ne sono alla base, interrogativo tanto più pressante quanto più si consideri che il sistema educativo ha la stessa organizzazione in tutto il territorio italiano e i programmi previsti per i vari ordini e gradi di scuola sono i medesimi. Per cercare di dargli risposta è utile esaminare il grafico di figura 1, che rappresenta la relazione tra l’indice di status socio-economico-culturale (Escs) e i punteggi degli studenti nella prova Invalsi di matematica nelle cinque macro-aree geografiche. L’indice Escs è costruito tenendo conto di tre variabili: il grado d’istruzione dei genitori, la professione esercitata e la disponibilità in casa di beni di vario tipo. L’indice è standardizzato con media=0 e deviazione standard=1.

Come si può vedere, tra indice di status e punteggi in matematica sussiste una relazione positiva: a mano a mano che i valori Escs (indicatore dello status socio-economico-culturale dello studente) aumentano, crescono in parallelo i risultati, e questo in tutte le aree. Osservando le linee del gradiente socio-economico di ciascuna area (vale a dire, la linea che rappresenta la relazione fra il background degli studenti e i risultati nella prova Invalsi), le cui estremità corrispondono al 5° e al 95° percentile della distribuzione dei valori di Escs, possiamo constatare che i gradienti delle due aree del Mezzogiorno sono più prolungati nella parte inferiore della distribuzione, quella a sinistra della retta verticale tracciata in corrispondenza della media italiana dell’Escs (eguale a zero). Non solo dunque l’indice di status è mediamente più basso nel Mezzogiorno rispetto al centro-nord ma la variabilità totale delle misure è più ampia e la frequenza di valori sotto la media nettamente maggiore. La percentuale di alunni il cui indice di status è inferiore a -1,5 unità di deviazione standard dalla media è fra il 4% e il 6% nell’Italia centro-settentrionale mentre nell’area Sud è del 10,6% e nel Sud e Isole del 12,3%. A ciò si aggiunga che gli studenti che in terza media raggiungono solo il livello 1 (su 5) in matematica sono nel Sud e nel Sud e Isole quasi un terzo, di contro a una percentuale intorno al 10% nel centro e nel nord dell’Italia. Secondo un recente studio su un campione di studenti di 35 regioni della Spagna e dell’Italia partecipanti all’indagine Pisa 2012, la disparità di risultati in matematica dipendeva dalla proporzione di studenti con basse prestazioni (low performing students), la quale a sua volta dipendeva dal tasso di povertà relativa, ossia dalla percentuale di studenti al di sotto di una certa soglia di reddito all’interno di ciascuna regione. Lo studio concludeva che il tasso di povertà relativa, che si può considerare come una misura della diseguaglianza nella coda inferiore della distribuzione dei redditi, ha un pesante effetto sul punteggio medio in matematica e ciò anche a prescindere dal background degli studenti e dal livello di sviluppo regionale. Se i punteggi delle macro-aree sono in stretta relazione con la distribuzione dei valori dell’indice di status degli studenti, altrettanto stretta è la relazione tra risultati in matematica e Pil pro-capite, come si può vedere dal grafico di figura 2.

Il prodotto interno lordo per abitante delle regioni spiega il 71% della variabilità dei punteggi fra di esse nella prova Invalsi di matematica 2019. Tuttavia, è da notare che la relazione tra risultati in matematica e Pil pro-capite non è deterministica: se così fosse, tutti i punti (ognuno dei quali corrisponde a una regione) giacerebbero sulla retta tratteggiata che rappresenta la linea di tendenza; alcune regioni invece, quelle al di sopra della retta, ottengono un punteggio superiore a quello che era prevedibile in base al loro Pil mentre altre, quelle al di sotto della retta, ottengono un punteggio inferiore. Pur essendo il peso delle variabili socio-economiche sui punteggi in matematica rilevante, rimane una parte di variabilità dei risultati che non dipende direttamente da queste come si può evincere anche, ad esempio, dal fatto che, stando al grafico di figura 1, uno studente del Mezzogiorno con un indice di status pari alla media italiana ottiene un punteggio più basso di uno studente del centro-nord di eguale condizione sociale. Per la variabilità residua non spiegata bisogna dunque chiamare in causa altri fattori. A tale proposito è da segnalare un ulteriore aspetto dei risultati delle prove Invalsi per cui è osservabile una differenza fra Italia meridionale e centro-settentrionale. La variabilità dei punteggi degli alunni delle tre classi testate nel primo ciclo d’istruzione dovuta a differenze “tra scuole” e “tra classi” (distinta dalla variabilità “tra alunni entro le classi”) è superiore nel Mezzogiorno rispetto a quella riscontrabile nel resto dell’Italia fin dalla seconda primaria, come si può constatare dai grafici di figura 3.

La più alta variabilità di risultati nel Mezzogiorno attribuibile a differenze tra scuole e tra classi nel tronco comune del sistema educativo è indice di un maggiore squilibrio nella ripartizione degli alunni fra le unità in cui esso si articola: gli alunni più favoriti socialmente e con migliori livelli di preparazione tendono a essere raggruppati in alcune scuole e classi e quelli più fragili socialmente e culturalmente a concentrarsi in altre più di quanto non accada nel resto d’Italia. La ricerca ha più volte dimostrato l’esistenza di un “effetto di contesto” o di composizione del gruppo – scuola o classe – di cui uno studente fa parte (school mix), per cui l’apprendimento di un alunno è influenzato non solo dalle sue caratteristiche personali (condizione sociale, capacità, motivazione ecc.) ma anche da quelle dei compagni con cui si trova a interagire. L’effetto di contesto è in primo luogo un effetto dei compagni ma indica anche una serie di effetti indiretti, specie per quanto concerne la qualità dell’insegnamento. Una distribuzione non equanime degli alunni fra le scuole e le classi rispetto alle caratteristiche individuali che incidono sull’apprendimento deprime ulteriormente i risultati dei più deboli, più esposti agli effetti del contesto, e di conseguenza finisce con il riflettersi in una qualche misura anche sui risultati medi complessivi.

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