Pensieri divergenti – Sorgenti aperte

Poco più di 10 anni fa il mondo fu brutalmente costretto ad aprire gli occhi sui rischi per la democrazia costituiti dall’accumulo di dati riguardanti individui inconsapevoli. Il 6 giugno del 2013 Edward Snowden, un consulente informatico idealista, rivelò gli atti secretati che autorizzavano l’agenzia di sicurezza americana (Nsa) ad accedere mediante il programma Prism ad ogni sorta di dati e metadati relativi alle comunicazioni digitali gestite dalle principali società internet che ci “offrono” servizi social. Quel giorno il mondo si rese conto dei rischi dello spionaggio digitale di Stato, imparò il neologismo whistleblower, cioè chi denuncia un comportamento fraudolento del sistema di cui fa parte ma, soprattutto, comprese che i dati sono un patrimonio strategico la cui riservatezza, se non tutelata rigorosamente, ci fa scivolare nella distopia orwelliana.
Dieci anni dopo, i social sono pervasivi, la potenza del data mining – basato sul deep learning – è cresciuta di ordini di grandezza, ma la consapevolezza del valore economico dei dati è ancora scarsa e la riservatezza su internet non è garantita. Il DL 101 del 2018 ha recepito il Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati (Gdpr) della Ue, varato in seguito alle sentenze vinte dall’attivista Schrems contro Facebook, ma vengono segnalati continuamente rischi di non conformità di molte Pa. Ciò è critico soprattutto nel mondo della scuola dove sono impiegati massicciamente SaaS, ovvero software dei quali si sa poco al di là dei “convenienti” servizi che offrono a prezzi scontati (ci si chieda perché). I data protection officers (Dpo) scolastici sono incerti nel certificarne la conformità al Gdpr, come il non trasferimento dei dati extra Ue (!).
Come emanciparsi? Da anni ri-presento proposte di leggi per favorire le soluzioni nella Pa e nelle scuole di SaaS a codice sorgente aperto. II Codice dell’amministrazione digitale prevede l’acquisizione di software proprietari solo dopo che dalla valutazione comparativa risulti motivatamente l’impossibilità di accedere a codici sorgente aperti. Ma le valutazioni comparative sono spesso meri adempimenti. Il software open source offre servizi analoghi a quello proprietario, oltre a permettere auditing di sicurezza, riservatezza, ispezione, gestione meno onerosa dell’obsolescenza, assenza di rischi di dipendenza non espliciti. Favorisce infine il nostro sistema industriale e scolastico più innovativo, trasformandoci da consumatori e meri utilizzatori a utilizz-attori di software.
L’open source è il baricentro del movimento di pensiero della conoscenza aperta e libera. Se lasciamo ai software proprietari la libertà di accumulare dati scolastici mettiamo a rischio il futuro della scuola in presenza!

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