Libri – Roberto Marangoni, “Te l’avevo detto”

 

Nonostante i significativi progressi nella modellizzazione, la diversa natura dei sistemi che vogliamo analizzare e la soggettività umana spesso sono ancora ostacoli insuperabili per ottenere previsioni affidabili

Siamo davvero sicuri di essere in grado di prevedere il futuro con più accuratezza oggi rispetto ad un aruspice etrusco che interrogava le viscere di un animale o di un astrologo medievale che leggeva gli influssi astrali? La risposta è meno scontata di quanto sembri: se in alcuni casi è sicuramente vero, in altri non lo è. Tutto dipende dal sistema in cui ci troviamo: in un sistema deterministico lineare, o anche non lineare ma lontano da comportamenti caotici, l’attendibilità delle previsioni è molto alta, mentre la situazione si complica notevolmente nei sistemi deterministici non lineari caotici, per diventare ancor meno controllabile nei sistemi stocastici, dove il miglior risultato ottenibile consiste in una distribuzione di probabilità. Inoltre, nella pratica quotidiana, la situazione più comune è del tutto diversa da quella prevista dai modelli teorici astratti: ci si manifesta un fenomeno e noi seguiamo la sua evoluzione acquisendo dati forniti da strumenti. Sulla base di questi dati cerchiamo di capire quale modello il fenomeno stia seguendo e, in base a questo, quanto e come sia prevedibile l’andamento futuro. In definitiva aggiungiamo un passaggio, che possiamo definire “inferenziale”: sulla base dei dati, inferiamo il modello.

Inoltre, “man mano che passiamo dai modelli fisici a quelli delle scienze economiche e sociali, il discorso sposta il suo baricentro: all’inizio il focus concerneva quanto un sistema fosse intrinsecamente predicibile o, in altre parole, se avessimo degli strumenti matematici/teorici per fare predizioni oggettive, ma lentamente è diventato sempre più importante il punto di vista soggettivo e la domanda si è spostata su quanto siamo disposti ad accettare l’incertezza e quante e quali fallacie logiche innate sono di ostacolo a predizioni razionali e coerenti. Questo è sicuramente l’aspetto più importante, perché alle volte sovrasta la predicibilità intrinseca dei sistemi: abbiamo passato in rassegna il caso dei sistemi con andamento esponenziale dove, a dispetto di una predicibilità intrinseca molto buona, ci dobbiamo confrontare con una sostanziale inadeguatezza dei nostri meccanismi cerebrali, naturalmente fondati su modelli lineari, che ci fanno sembrare poco credibili le predizioni di eventi dirompenti in tempi brevissimi […]. Abbiamo anche visto che tendiamo a formarci spontaneamente delle previsioni circa tutto ciò che ci circonda e tendiamo anche a crederle razionali e fondate (se non su modelli almeno sull’esperienza), per poi scoprire che sono fondate sul nulla e che i nostri processi cognitivi sono pessimi quando si tratta di giudicare e la solidità delle nostre ipotesi”.

Sarà allora bene familiarizzare con i concetti di confirmation bias, la fallacia logica che ci fa selezionare – spesso inconsapevolmente – solo i dati che confermano certe ipotesi e non quelli che le smentiscono, di “fallacia narrativa”, l’istintiva tendenza a costruire storie sui dati, a identificare cause, motivazioni e significati anche dove non ce ne sono, di “effetto Dunning-Kruger” (la correlazione inversa tra l’effettiva competenza e quella auto-percepita), e con le controproducenti abitudini del nostro cervello di valutare l’assenza delle prove come prova dell’assenza e di rimuovere fallimenti.

Insomma, se per noi mortali rimane sempre valido il precetto oraziano dello scire nefas (“non è concesso dagli dei conoscere il futuro”), saper valutare la predicibilità dei diversi sistemi ed evitare gli autoinganni del nostro cervello migliorerebbe di molto la nostra cognizione, con la consapevolezza comunque che spesso la risposta migliore in merito a una previsione è un semplice “non so”.

 

Roberto Marangoni

Te l’avevo detto

Hoepli (2023)

pp. VIII-136, € 14,90

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