PRISMA intervista Furio Honsell: tra matematica, politica e impegno sociale

Fresco della recente rielezione al Consiglio regionale del Friuli-Venezia Giulia, il matematico Furio Honsell, storico collaboratore della nostra rivista, ci racconta di sé, delle proprie passioni e del senso del dovere che guida da sempre le sue scelte politiche

  1. Ci contavi sulla tua rielezione al Consiglio regionale del Friuli-Venezia Giulia?

Sapevo che sarebbe stato un confronto all’ultimo voto. Come infatti è stato. A causa sia della malattia endemica nella sinistra, la frammentazione, che del recente successo dell’estrema destra a livello nazionale. In cuor mio, però, avevo fiducia negli elettori. Nei cinque anni precedenti in Consiglio regionale, ero risultato il consigliere più attivo, in termini di atti legislativi (proposte di legge, mozioni, interrogazioni, relazioni, emendamenti, ordini del giorno, ecc.) spesso nati su sollecitazione di cittadini. Se davvero ciò non fosse bastato per una rielezione avrebbe significato che il sistema elettorale è un meccanismo di scelta quasi casuale. Non poteva essere così. E così non è stato. Evviva gli elettori!

  1. Ma un consigliere d’opposizione, di fatto, sta a guardare cosa fa la maggioranza?

Purtroppo, con l’elezione diretta del presidente della Regione, con il simul stabunt simul cadunt c’è una polarizzazione tra maggioranza e opposizione. Inoltre, quasi tutte le proposte di legge provengono dalla Giunta, senza un vero dibattito in aula, un po’ come in Parlamento avviene con tanti Decreti Legge (E ciò dovrebbe bastare a far inorridire per qualsiasi proposta di repubblica presidenziale in Italia). Anche se l’attività propositiva della minoranza viene quindi conculcata dalla maggioranza, non per questo non produce indirettamente degli effetti. Nell’ultima legislatura, ad esempio, proposi una legge per il contrasto alla solitudine. Non fu presa in considerazione fino a quando la Giunta, dopo la crisi pandemica, non ne presentò una analoga a propria firma.

L’opposizione ha poi il compito di svolgere l’attività ispettiva attraverso le interrogazioni immediate o a risposta scritta o orale. Queste permettono di accendere i riflettori su certe vicende dubbie, soprattutto se riprese dai media. L’opposizione ha anche la responsabilità dell’attività valutativa, e qui entra in gioco la capacità di far parlare numeri e indicatori. Infine ci sono le mozioni e gli ordini del giorno che, anche se non hanno cogenza, possono incidere marginalmente sull’azione amministrativa.

L’adagio che a volte risuona in Consiglio quando ci sono azioni di ostruzionismo o di filibustering, è: una volta corre la lepre una volta corre il cane!

  1. E sulla vittoria del Centro-sinistra nella elezione del sindaco di Udine, ci speravi?

È una vittoria importante sul piano simbolico, perché nei cinque anni precedenti tutti i capoluoghi in regione erano in mano alla destra. Il nuovo Sindaco è stato Rettore dell’Università come lo sono stato io prima di lui. È una personalità, quindi, espressione della società civile e ha esperienza amministrativa. Tatticamente era importante che il candidato di centro-destra non passasse al primo turno. Per questo sono state fatte due coalizioni ampie che raccogliessero le sensibilità diverse nel centro-sinistra, cercando di contrastare l’assenteismo, ma che dopo il primo turno si sforzassero di trovare una qualche forma di alleanza per il ballottaggio. E così è avvenuto. Il candidato uscente di destra non l’ha spuntata al primo turno, malgrado avesse il traino regionale, e chi era stato più votato tra gli altri due candidati, unendo alle proprie le forze dell’altro, ha vinto.

  1. Può avere un significato al di là dell’ambito territoriale?

Udine è anche una città universitaria e ha spesso avuto sindaci professori di centro-sinistra, io lo sono stato per due mandati. Fu soprattutto l’antipolitica e la vergognosa strumentalizzazione del dramma dei richiedenti asilo cinque anni fa, che portarono la destra xenofoba al governo della città. (La nostra Regione è l’ingresso in Italia della cosiddetta “rotta balcanica”.) Questa vittoria dimostra che condizione necessaria al centro-sinistra per vincere è che le forze progressiste siano disposte a dare più peso ai punti in comune che a ciò che le distingue. Poi a livello di municipalità, Udine ha centomila abitanti, e contano le persone con i loro pregi e i loro difetti.

  1. Quando hai cominciato a fare politica?

Sono nato nel 1958 e appartengo ad una generazione per la quale l’impegno politico era importante se non addirittura doveroso. Una generazione che sentiva la responsabilità di mantenere il ricordo della Lotta di Liberazione, fatta da giovani che seppero immaginare un mondo profondamento diverso da quello nel quale erano cresciuti fino ad allora, fino a sacrificare la vita per realizzarlo. Da studente universitario sono stato per ben due mandati rappresentante degli studenti e perfezionandi (allora non c’era ancora il dottorato di ricerca in Italia), al Consiglio di Amministrazione della Scuola Normale di Pisa. In Consiglio c’erano matematici come Edoardo Vesentini ed Ennio De Giorgi, italianisti come Gianfranco Contini, filosofi come Eugenio Garin, storici dell’antichità come Giovanni Pugliese Carratelli, tutti a ragionare, ad esempio, anche sul sottopasso che dal Palazzo della Carovana, decorato dal Vasari, permettesse di passare al Palazzo dell’Orologio, del Conte Ugolino, in Piazza dei Cavalieri. Gli intellettuali di oggi non si occupano più di amministrazione, ma allora era piuttosto divertente, anche quando ci fu il contenzioso con la Corte dei Conti. Ennio De Giorgi il professore con il quale mi sono laureato e sono stato perfezionando, era poi fortemente impegnato nei diritti umani nelle file di Amnesty International.

Una decina di anni dopo, mi trovai ben presto ad assumere responsabilità amministrative importanti all’Università di Udine, che negli anni ’90 era in crescita, fino a ricoprire la carica di rettore dal 2001 fino al 2008. Questo ruolo mi portò a contatto con il mondo politico in modo molto intenso, anche perché in quegli anni stava nascendo la cosiddetta terza missione dell’Università, ovvero quella del servizio al territorio. Fu così, che nel 2008, la coalizione di centro-sinistra sull’entusiasmo per la nascita del PD, mi chiese di candidarmi a sindaco di Udine. Io accettai anche perché in quei mesi era caduto il governo Prodi ed ero rimasto disgustato dalle immagini di quei parlamentari che festeggiavano mangiando mortadella nell’aula di Palazzo Madama. Fui eletto al ballottaggio e da allora è iniziata la mia vita politica.

  1. Con che partito, con quali sigle?

Non ho mai avuto la tessera di un partito nazionale. Divenni Sindaco per il prestigio che mi derivava dall’aver ricoperto il ruolo di Rettore. Quando mi candidai in Regione nel 2018, dovetti invece inventare un partito civico di sinistra. La Sinistra in quell’occasione non voleva correre in Regione per contrasti nazionali con il PD. Nel 2023 mi sono ricandidato in quel partito civico per continuità. Nelle ultime politiche nazionali sono stato candidato all’uninominale per il Senato come indipendente di Sinistra nella coalizione di centro–sinistra. Certamente sarebbe importante militare nelle file di un partito di rilevanza nazionale. Sarebbe anche più facile per certi versi. Ma non è stata la mia storia, fino a 50 anni compiuti mi sono occupato di matematica e università.

  1. Qual è il politico che hai ammirato o ammiri di più?

Qui non ho dubbi: i politici che ho ammirato e ammiro di più sono le nostre madri e i nostri padri costituenti! La Costituzione della Repubblica Italiana, che è stata presa a modello da tante altre Costituzioni e Dichiarazioni Universali, prima fra tutte quella sui Diritti Umani, è un documento straordinario. Ogni parola ha un suo peso è rilievo. Sembra di leggere un libro sapienziale. Un classico della letteratura mondiale. Ma è di un’attualità che lascia effettivamente senza bisogno di ulteriori parole. Non solamente l’Art.3, che dovrebbe essere considerato Patrimonio dell’Umanità ma, ad esempio, anche il secondo capoverso dell’Art. 32. Potrebbe sembrare un dettaglio e, invece, in esso è racchiuso anche tutto ciò che oggi chiamiamo il diritto all’autodeterminazione nel fine-vita. Molto di quanto è contenuto nella Costituzione deve ancora essere articolato, o dedotto. Come diceva De Giorgi, la Costituzione è un sistema assiomatico. Dovendo quindi elencare qualche politico che ammiro cito Lina Merlin, Aldo Moro e Piero Calamandrei.

  1. Quello che non sopporti?

In verità, non è giusto non sopportare un uomo politico, anche se ciò che dice ci inorridisce. Se è stato eletto dal popolo, comunque ne è un rappresentante, e il popolo va sempre servito da chi si occupa di politica.

Se mi si chiede quali idee politiche suscitino il mio sdegno, rispondo che sono tutte quelle che lasciano indietro qualcuno, che discriminano, che usano le persone come mezzi e non come fini, che violano i diritti umani e che seminano odio. Purtroppo ci sono molti politici, e non solamente in Italia, che coltivano queste idee.  Provo sdegno però anche per i politici che hanno secondi fini perché sono i principali responsabili dell’antipolitica e della perdita di fiducia nella politica da parte dei cittadini. La politica invece è fondamentale, e faccio mio quanto sostiene il filosofo comunista Badiou ovvero che la politica, la matematica, l’arte e l’amore sono i soli ambiti nei quali gli esseri umani possono ambire a qualcosa di universale.

  1. Se ti invitassero a far parte di un governo “amico” e ti lasciassero scegliere, quale dicastero preferiresti?

Tutti i dicasteri sono importanti; sanità, economia e finanza, università e ricerca, istruzione. Ma, anche dalla Costituzione emerge un tema centrale dal quale tuti gli altri discendono ed è quello del lavoro. In questa epoca di transizione è il nodo più delicato. Qui convergono le tematiche sociali più importanti, quali l’incertezza che deriva dal lavoro precario, intermittente e a chiamata, lo sfruttamento nella gig economy e quello della manodopera immigrata, la perdita di posti di lavoro derivante dall’automazione e la riqualificazione dei lavoratori, ecc.. La mancanza di un lavoro dignitoso è l’origine di tutte le disparità. C’è molto da fare: da una legge che restituisca forza alla rappresentanza sindacale a quelle per contrastare i  fenomeni preoccupanti dei working-poor e dei NEET.

  1. La parola “meritocrazia” non ti piace, è vero?

Sì, ma al di là della parola è il senso della meritocrazia che trovo pericoloso e odioso. “Chi” e “come” si misura il merito? Il merito nel raggiungere i “fini di chi”? Quando si applica la meritocrazia la ricchezza che deriva dalle diversità sparisce e le disparità si amplificano. Trovo inquietante soprattutto la logica di competizione individualistica e di ricerca, alienante e autonoma, della prestazione che accompagna qualsiasi ragionamento meritocratico, che non può che essere tayloristico. La meritocrazia non riconosce l’aspetto relazionale e sociale dell’esistenza, che invece è l’essenza dell’essere umano.  L’aver cambiato il titolo al Ministero della Pubblica Istruzione in Ministero dell’Istruzione e del Merito à gravissimo, perché nel nome esplicita il progetto vergognoso di fare scuole di serie A e di serie B togliendo la preminenza all’istruzione pubblica per attribuire maggiore merito, implicitamente, all’educazione d’élite privata.

  1. Riesci ancora a studiare e a fare ricerca matematica?

La mia produttiva scientifica è certamente scesa. Ma come dice Eraclito, cambiando si riposa. Ho quindi sempre in mente qualche questione matematica sulla quale riflettere. Può essere uno dei tanti problemi non risolti delle ricerche passate, uno spunto che deriva da una recensione che mi è stata richiesta da una rivista, o da un collega. Certamente il mio dovere principale è operare per il bene della comunità e dunque la mia concentrazione va sempre prima alle questioni politiche. Ma c’è anche una dimensione matematica nelle scienze politiche e nell’etica. Come misurare l’equità e la giustizia in un sistema complesso come quello socio-politico? Sono giusti gli incentivi, i bonus, i contributi, l’ISEE? Quali sono gli indicatori e i determinanti giusti da misurare e come pesarli negli indicatori? Quali sono le correlazioni perverse e gli effetti rimbalzo? Come non perdere di vista l’individualità della persona quando si utilizzano strumenti statistici? Il risultato di cui vado più orgoglioso è l’introduzione di una variabile proxy, e relativo indice di concentrazione, per misurare la disparità in salute in una città.

  1. Di quali temi ti sei occupato (o ti occupi ancora)?

Mi sono occupato di Teoria degli Insiemi e forcing, di lambda-calcolo e semantica dei linguaggi di programmazione, di Teoria dei Tipi costruttiva e di sistemi semi-automatici per la certificazione del ragionamento matematico e del software. Recentemente mi sono occupato di Teoria Omotopica dei Tipi (HOTT).

  1. Dove hai studiato e poi insegnato nella tua carriera accademica?

Sono nato a Genova, ho imparato a scrivere a Palermo, ho fatto le medie a Malta, la maturità a Trieste, l’Università a Pisa alla Scuola Normale Superiore, sono diventato ricercatore a Torino e Research Fellow a Edinburgo. Sono infine diventato professore di Teoria degli Automi a Udine nel 1990 e là sono rimasto. Successivamente sono stato professore invitato all’École Normale Supérieure di Parigi, a Edinburgo e all’Université Paris VII, e ho fatto ricerca per un semestre a Stanford.

  1. Sei dispiaciuto di aver abbandonato il mondo matematico per quello politico?

L’impegno politico per me è sempre stato molto importante. Ma la libertà e la ricerca sincera della verità del mondo matematico mi manca. Comunque non è certo meno conflittuale il mondo accademico rispetto a quello politico.

  1. Sei sempre appassionato di giochi matematici?

Certamente. Ho una rubrica dal titolo Giochi Furiosi, sul supplemento di enigmistica del Sole 24 Ore, da molti anni. In ogni uscita propongo tre problemini e scrivo un’introduzione che tratta di un tema che in qualche modo ha risvolti matematici. Recentemente ho parlato sulle differenze di come Borges e Kafka trattano l’infinito, sulla scommessa del Re di Danimarca Claudio nel duello mortale tra Amleto e Laerte, sull’uso del calcolo infinitesimale da parte di Tolstoj in Guerra e Pace.

  1. Il tuo scrittore preferito?

Traggo molta soddisfazione nel leggere e rileggere i classici. Metto Shakespeare al primo posto, seguito da Dante Alighieri. Amo entrambi anche per la freschezza della loro creatività linguistica.

  1. L’ultimo libro letto o che stai leggendo?

Mi piace molto leggere e leggo e rileggo molto. Ho letto da poco Kafka sulla Spiaggia di Haruki Murakami perché volevo comprendere come viene compreso Kafka e mi colpiva il richiamo nel titolo allo spettacolo di Bob Wilson, che avevo visto nel 1976 alla Biennale di Venezia Einstein on the beach. Recentemente ho riletto Dissipatio H.G. di Morselli che per tanti aspetti anticipa i temi attualissimi della sostenibilità. Adesso sto finendo Neve di Primavera di Yukio Mishima che ho comperato a metà prezzo su una bancarella.

  1. L’ultimo film visto?

Purtroppo non ho molto tempo per guardare i film. Durante il lockdown ho avuto però un’esperienza straordinaria: ho rivisto tutto Fellini, che era stato da poco pubblicato da un giornale. Tutti i suoi film mi hanno colpito in modo nuovo: i profughi ne E la nave va e La voce della Luna (ispirato anche dal libro Il paese dei lunatici, di Ermanno Cavazzoni che è anche membro dell’Oplepo, l’Opificio di Letteratura Potenziale, del quale faccio parte anch’io, che riprende le orme dell’Oulipo di Perec, Quenau e Calvino.)

Ma per rispondere a tono, l’ultimo film che ho visto, è Marry Me, con Jennifer Lopez. Ero in albergo a Londra qualche giorno fa, la sera del primo giorno della Conferenza Inaugurale del Global Council for Political Renewal, un’associazione internazionale di politici impegnati per l’equità ambientale, l’etica e la pace della quale sono Secretary General. Ero stanco ma avevo ancora sullo stomaco il fish’n chips che avevo mangiato per cena e non riuscivo a dormire. Il protagonista maschile, che rappresentava il contraltare della protagonista femminile una cantante-ballerina di successo, era un oscuro professore di matematica impegnato ad allenare i propri allievi per il Mathalon, una competizione di matematica. Era interessante notare come l’industria di Hollywood proponga la matematica per un pubblico latinos.

  1. Quale personaggio storico rappresenta un tuo modello?

A una domanda così a bruciapelo immagino sia richiesta una risposta secca. Ebbene, è Socrate. Usa l’ironia, e l’auto ironia. Ritiene che commettere ingiustizia sia peggiore che subirla. E alla fine rispetta le leggi che si è data la sua comunità, anche quando lo condannano, perché il singolo non è nulla al di fuori della comunità umana. Tra le virtù socratiche c’è la coerenza etico-politica ma anche quella logica e in ultima analisi, quella matematica.

  1. PRISMA è orgogliosa di averti tra i suoi collaboratori “storici”. Che cosa modificheresti nell’impostazione della rivista?

Per favore non invertiamo i ruoli, sono io orgoglioso e onorato di essere considerato un collaboratore di PRISMA e per di più “storico”. PRISMA mi piace così com’è per l’ampiezza dei temi nelle rubriche, per l’attualità e la freschezza nell’informazione, anche grafica. E… mi sorprende sempre.

Se proprio desiderate uno spunto, nel preparare la mia rubrica devo sempre lottare con il limite nel numero di caratteri. Penso che altrettanto debbano fare gli altri autori. Alcune riviste e giornali hanno qualche articolo classificato long read per il quale il limite di caratteri è 10 volte tanto. Alcune tematiche, soprattutto politiche, sono inevitabilmente complesse, controverse e ambivalenti. Trattarle richiede più spazio. Anche PRISMA  potrebbe avere dei long read, ad esempio in una versione online di PRISMA, dove è più facile concedere spazio.

 

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