Stile libero – Facciamo domande

Quando ero bambina, le ricerche si facevano con forbici e coccoina ritagliando dai vecchi sussidiari dei fratelli le immagini, di volta in volta, di Cristoforo Colombo, dei brontosauri o dei crateri lunari. Si presentava orgogliosamente alla maestra un foglio parecchio impregnato di colla con qualche didascalia. Non esisteva ancora la funzione copia-incolla, ma quello era. Poi arrivò internet: la relazione si copiava da Wikipedia e a volte, di nascosto, anche il compito in classe. Il professore astuto però inseriva una frasetta sul motore di ricerca e subito sgamava il reprobo. I più astuti inserivano nel compito o nella traduzione copiata due o tre errorucci veniali e con qualche sinonimo davano una patina di autenticità al tutto.
Ma ecco che arriva ChatGPT ed è il terrore: come fare a scoprire se il docile e umile assistente artificiale ha sciorinato tutti i compiti assegnati evitando agli studenti qualsiasi fatica mentre ne migliorava le prestazioni? Questo è il dubbio che assilla gli insegnanti.
Quanto tempo impiegheremo invece per preoccuparci non del fatto che l’Intelligenza artificiale sostituisca la fatica degli studenti, ma che sottragga agli insegnanti i loro compiti? Siamo sicuri che il laureato in lettere medio spieghi la poesia del 5 maggio meglio di ChatGPT? (Certo, il sapientino-automa fa ancora un sacco di svarioni, ma recupera anche velocemente: fra un anno o due, magari, coprirà con ragionevole sicurezza il campo dello scibile scolastico). Ha pazienza, ripete infinite volte, articola, organizza un discorso consequenziale, reagisce alle domande puntualizzando. Non brontola, non si spazientisce, non ha ferie e malattie, non protesta. Se fare scuola è trasmettere contenuti standard da far imparare, il Grande Copiatore è il miglior rappresentante del mestiere. Programmato per razzolare su tantissimi testi e associare una parola all’altra con criteri probabilistici, indifferente al senso, nessuno lo batte nella conoscenza convenzionale, trasmissiva, mediana.
Che cosa resta per l’insegnante, se il precettore artificiale conosce tutte le risposte? Forse resta il compito di fare le domande. Perché l’intelligenza, quella che Aristotele riteneva partisse dalla meraviglia, è prima di tutto curiosità e invenzione, creazione di pensieri che prima non c’erano e di problemi che nessuno aveva posto.

 

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