La Terra, Dante e l’Everest

In una delle pagine più alte della letteratura italiana, il XXVI canto dell’Inferno, Dante fa dire a Ulisse che il Purgatorio è una “montagna che parvemi alta tanto quanto veduta non n’aveva alcuna”. Oggi sappiamo che gli antipodi di Gerusalemme sono un punto sperduto nell’Oceano Pacifico fra Australia e Cile e che nessuna montagna del Purgatorio, con tanto di Paradiso Terrestre alla sommità, vi si erge. L’affermazione di Dante/Ulisse ci fa comunque fantasticare (è questo che fa la grande letteratura) e ci chiediamo: quanto può essere alta una montagna? Nel nostro meraviglioso arco alpino abbiamo i campioni d’Europa in fatto di altezza, con il Monte Bianco che sfiora i 5.000 metri sul livello del mare. Tuttavia, i campioni del mondo raggiungono un’altezza quasi doppia e si trovano in Asia dove l’incessante pressione della placca indo-australiana su quella euro-asiatica dura da circa 50 milioni di anni, più o meno la stessa età delle nostre Alpi. Il campionato delle altezze non si esaurisce però qui perché la Terra non è l’unico pianeta roccioso del sistema solare. Ci sono i primi quattro pianeti interni e alcune lune dei grandi pianeti gassosi, come anche la nostra cara vecchia Luna, che presentano formazioni rocciose. Nel campionato “solare”, il nostro pianeta non giunge primo: su Marte svetta il Monte Olimpo che, con i suoi oltre 25 chilometri di altezza, è quasi tre volte più alto dell’Everest. Misurando l’altezza di una montagna non sul livello del mare (o rispetto a un’altitudine di riferimento sui pianeti che non hanno acqua come Marte) ma tramite la distanza fra la base e la vetta, la classifica cambia ulteriormente: abbiamo sulla Terra il vulcano Makuna Lea, alle Hawaii, che misura oltre 10 chilometri, contro i 4 dell’Everest. Pur troneggiando con i suoi quasi 22 chilometri, il Monte Olimpo non è la montagna più alta del sistema solare, dato che il monte Rea Silvia sull’asteroide Vesta (che orbita fra Marte e Giove) supera questa misura! Ma anche Giapeto (cratere equatoriale sul satellite di Giove) con i suoi 20 chilometri non scherza. Da questi dati sembrerebbe che al decrescere della dimensione del pianeta corrisponda una crescita dell’altezza delle montagne sulla sua superficie. Il fenomeno, che potrebbe sembrare una coincidenza, in realtà nasconde una spiegazione fisica. Poniamoci la domanda: qual è l’altezza massima di una montagna su un dato pianeta? Per esempio, qual è l’altezza massima di una montagna sulla Terra? A prima vista può sembrare che, data una sufficiente quantità di roccia, una montagna possa essere alta a piacimento. Ma visto che una montagna tende sempre (per via della gravità) ad avere una forma conica o piramidale, la sua base sarà tanto più grande quanto più lo sarà la sua altezza con la conseguenza che un rilievo troppo alto occuperebbe come base una porzione ampia del pianeta, deturpandone la forma sferica con gravi conseguenze astronomiche. Una situazione che non si potrà mai verificare in considerazione di determinate leggi della fisica. Per capirlo, ricordiamo brevemente il concetto di energia potenziale: si tratta dell’energia accumulata in un corpo e disponibile per essere convertita in qualche altra forma. Per esempio, se facciamo un’escursione a un rifugio sulle Dolomiti, diciamo con un dislivello in salita di 500 metri, spenderemo una buona dose di energia – quella chimica nei nostri muscoli – ma saliremo di quota: parte dell’energia che spendiamo viene capitalizzata in un aumento della nostra energia potenziale gravitazionale. Si tratta di energia vera e propria dato che, per esempio, dal rifugio potremmo usare un deltaplano o un parapendio per planare di nuovo a valle senza il minimo sforzo da parte nostra, ma semplicemente consumando nella discesa l’energia potenziale accumulata con la salita. Le centrali idroelettriche sfruttano questa energia potenziale dell’acqua in quota e la trasformano da meccanica in elettrica, per fare un altro esempio. Più prosaicamente, se tendiamo una molla e ne teniamo ferma l’estremità, questa non si muove ma possiede un’energia potenziale; se rilasciamo l’estremità, la molla si contrae, trasformando l’energia potenziale in cinetica e dando luogo al movimento. Ricordiamo anche che, in natura, si tende sempre al minimo sforzo e che la configurazione dei sistemi fisici è quella che corrisponde al minimo dispendio di energia: questa è una vaga, intuitiva e un po’ metafisica formulazione di un principio, quello della minima azione, alla base di tutte le teorie fisiche. Ora, in una montagna ci sono almeno due forze contrastanti in gioco: la prima, macroscopica, è la gravità esercitata dal pianeta sul quale la montagna sorge. La seconda, microscopica, è la forza elettromagnetica che tiene insieme le molecole che compongono le rocce. La massa della montagna esercita una pressione enorme sul materiale che sta alla sua base, che deve sostenere il peso della montagna sovrastante, e questa pressione può causare la rottura dei legami chimici fra le molecole che costituiscono i cristalli di roccia, liquefacendoli. Poiché i fisici sanno stimare la quantità di energia necessaria a liquefare il solido di un volume dato, possono anche calcolare in modo approssimativo l’energia necessaria a liquefare una certa parte della montagna. Poi abbiamo l’energia potenziale gravitazionale della montagna stessa, che è proporzionale alla sua altezza: più la montagna è alta, più energia potenziale possiede. Se consideriamo una certa altezza h, che corrisponde a una porzione verticale di montagna, possiamo (anzi, i fisici possono) calcolare sia l’energia Eh necessaria a liquefarla sia l’energia potenziale Uh corrispondente a questa porzione di montagna: se Eh > Uh siamo certi, per la nostra versione naif del principio della minima azione, che l’energia in eccedenza Eh – Uh sarà spesa e quindi una porzione di montagna si liquefarà a scapito della sua altezza. D’altra parte c’è anche una altezza minima per cui Eh = Uh e quindi la montagna è “stabile”. Come facciamo a calcolare queste due energie? Per calcolare Eh occorre stimare il numero di atomi nella montagna, il che implica sapere di quali materiali sia composta, che forma abbia ecc. Per calcolare Uh occorre conoscere altezza e, di nuovo, forma della montagna. Usando un modello molto semplice (supponendo le montagne di forma conica e composte solo da una certa particolare molecola, il biossido di silicio, in modo da poter stimare il numero di atomi e molecole al loro interno), il fisico Victor Weisskopf ha calcolato all’incirca in 10 chilometri l’altezza massima di una montagna sulla Terra: l’Everest si avvicinerebbe quindi al limite massimo. Altre stime calcolano invece 14 chilometri, a seconda ovviamente dall’approssimazione della forma e delle sostanze che sono all’interno della montagna, ma rimaniamo in quell’ordine di grandezza. Ovviamente il modello fisico non tiene conto di altri fenomeni come l’erosione atmosferica e la resistenza della crosta terrestre e del mantello che sostengono la montagna, ma offre comunque un ordine di grandezza interessante ed è applicabile a qualsiasi pianeta. Ancor più interessante è che la formula per l’energia potenziale dipende ovviamente dalla gravità esercitata dal pianeta sulla montagna. Considerando la teoria di Newton della gravitazione universale, potremmo ricordare che l’energia potenziale legata alla gravità è inversamente proporzionale alla distanza fra le due masse che si attraggono gravitazionalmente. Si faccia attenzione: qualcuno ricorderà che la forza è inversamente proporzionale al quadrato della distanza, ma qui parliamo dell’energia, che ha una “dimensione fisica” diversa: la forza si misura in chilogrammi per metri al secondo quadrato (kg × m / s2) mentre l’energia (ricordate la formula di Einstein E = m × c2?) si misura in chilogrammi per metro quadrato al secondo quadrato (kg × m2/ s2). Quindi è sensato che l’energia si ottenga come una forza moltiplicata per una distanza, e dunque al denominatore il quadrato della distanza si semplifichi nella distanza stessa. In ogni caso, l’energia potenziale si può esprimere come Uh =K×H/R dove H è l’altezza della montagna, R il raggio del pianeta e K un termine che contiene altre variabili che entrano in gioco e che qui non ci interessa specificare. Quindi, a parità di altezza, l’energia potenziale di una montagna sulla Terra (il cui raggio è all’incirca 6.000 chilometri) è un sesto di quella su un pianeta con un raggio di 1.000 chilometri, il che vuol dire che su quest’ultimo le montagne possono essere sei volte più alte. Questo spiega perché su Marte, il cui raggio è grosso modo la metà di quello terrestre, possa esistere il monte Olimpo laddove sulla Terra la sua base si liquefarebbe fino a dimezzarne l’altezza o perché sul satellite gioviano Giapeto, il cui raggio è appena di 700 chilometri, sono possibili montagne ben più alte più di venti chilometri. Un’ultima osservazione: avevamo detto che una montagna troppo alta cambierebbe la forma della Terra. In effetti, calcoli analoghi basati sull’equilibrio fra potenziale gravitazionale e l’energia elettromagnetica dei legami molecolari consentono di stimare il raggio di un corpo celeste al di sopra del quale ciò non può accadere e la sua forma è necessariamente sferica: si tratta all’incirca di 350 chilometri, ma questa è un’altra storia.

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