Pensieri divergenti – Il motore della storia

Non mi sentirei umano se nel mio primo pensiero non condividessi la vergogna della strage dell’emigrazione in Italia. “Huc pauci vestris adnavimus oris. Quod genus hoc hominum? Quaeve hunc tam barbara morem permittit patria? Hospitio prohibemur harenae; bella cient primaque vetant consistere terra” (Eneide I,541). I pochi giunti a nuoto sulla spiaggia di Cutro possono ben chiedersi, con Virgilio, “quale sia questo genere di uomini o quale patria permetta usanza tanto barbara per cui ci viene negato il rifugio della sabbia e vietato l’approdo alla terra più vicina”?
C’erano molte famiglie. Ricordo lo scontro nel Consiglio Regionale del Friuli Venezia Giulia perché non venisse approvata la proposta di legge nazionale che inaspriva le norme per il ricongiungimento familiare e riconosceva di fatto che i lavoratori dei nostri cantieri avevano contratti così miserabili da negare loro anche il diritto umano fondamentale di vivere con i propri cari. Perciò, a fronte delle richieste di nuovi lavoratori e delle proposte di nuove acciaierie, avanzate per colmare il vuoto lasciato da quelle distrutte in Ucraina, va chiesto a gran voce che accanto ai business plan finanziari vengano fatti anche piani sociali. Accanto ai nuovi posti di lavoro, si faccia spazio anche per le case e le scuole per le famiglie e i figli dei nuovi lavoratori.
Il secondo pensiero riguarda la faticosa approvazione della mozione n.364 del 3/2/2023 da me proposta in Consiglio Regionale per “bloccare, almeno per rispetto della figura del nostro corregionale Giulio Regeni, qualsiasi spedizione di armi leggere e munizioni (anche al di fuori dei materiali soggetti alla legge 185/1990) dal porto di Trieste verso l’Egitto e i Paesi che violano i diritti umani”. Le due ultime relazioni governative relative indicano che l’Egitto è tra i primi destinatari di armamenti di produzione italiana.
Infine, vi invito a indovinare chi scrisse: “Ma basta soltanto penetrare nell’essenza di ciascun avvenimento storico, cioè nell’attività di tutta la massa degli uomini che parteciparono all’avvenimento, per convincersi che la volontà dell’eroe della storia non solo non guida le azioni delle masse ma è essa medesima costantemente guidata”.
Verso la fine di Guerra e pace, Lev Tolstoj ricerca nel calcolo integrale il paradigma egualitario per esprimere le leggi della storia. Ma la sua critica verso la storiografia ufficiale, che spiega la “rivoluzione con gli atti e i discorsi di alcune decine di uomini in uno degli edifici della città di Parigi”, e la richiesta di cercare “l’unità infinitesimale – il differenziale della storia, cioè le inclinazioni omogenee degli uomini”, non sono soltanto l’affermazione del primato della microstoria. Nell’affermare che i motori della storia siamo noi e non i ministri e i loro generali, Tolstoj fa
anche, implicitamente, il più alto richiamo alla responsabilità che ciascuna e ciascuno di noi ha dei fatti che i futuri storici cercheranno di spiegare.

 

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