La magia degli origami

Paolo Bascetta è un professore di matematica che da qualche tempo va inventando nuovi modelli di origami. Una forma di creatività che trova il suo spazio in varie esposizioni italiane e che incuriosisce. Non si tratta più solo di riprodurre modelli dai libri, ma di immaginarsi nuove figure e di trovare il modo di costruirle.

Professore, partiamo dall’inizio. Qual è la sua formazione? L’origami era previsto?

Mi sono laureato in matematica a Bologna e ho cominciato subito a insegnare. Era quello che volevo fare. Il mio approccio all’origami ha seguito invece un percorso parallelo: da animatore nelle colonie estive, volevo trovare modi alternativi e intelligenti per interessare e tenere occupati i giovani e così, da un libro, ho scoperto l’origami. E non ho più smesso.

Perché l’origami e non, che ne so, il teatro?

Sono stato anche un prestigiatore e gli spettacoli di magia sono teatro. Fanno spalancare gli occhi per lo stupore ma poi non si può soddisfare la curiosità di chi vuol saperne il segreto. L’origami è invece una “magia” che si può spiegare, il trucco è sotto gli occhi di tutti. Posso quindi condividere con gli spettatori il modo di realizzarli e questo mi soddisfa e gratifica molto di più.

Non tutti però sono capaci di riprodurre un modello, anche semplice. Almeno credo. Ci vogliono abilità nelle mani, attenzione ai differenti passi, cura nella realizzazione. Allora, l’origami è solo per alcuni specialisti?

No, non è questione di capacità o particolari abilità. Chiunque può fare origami, anche un non vedente. Occorre solo lasciarsi prendere dalla curiosità e dalla sfida che la realizzazione propone. Basta semplicemente seguire le indicazioni date dal diagramma del modello condividendone il linguaggio e quindi avendo la pazienza di imparare alcune espressioni (piega a valle e piega a monte, ad esempio) e di procedere con pazienza ed attenzione. Il risultato finale ripaga della fatica e peraltro è una fatica che diminuisce a mano a mano che si prende confidenza con le pieghe. Il linguaggio diventa naturale e le prove ripetute aiutano ad acquisire sicurezza. È come quando ci si trova a imparare matematica: si entra in un mondo con linguaggio e regole proprie e con un po’ di allenamento ci si abitua.

Come si passa dal realizzare modelli di altri a immaginarne di nuovi? Da dove vengono i suggerimenti, gli stimoli?

Sono più di quarant’anni che mi occupo di origami e inizialmente mi limitavo a fare modifiche a modelli altrui; poi, dopo qualche anno di esperienza, ho iniziato a realizzare modelli miei. Ormai posso dire di averne creati e pubblicati più di cento. Alcuni nati casualmente giocando con la carta, altri pensati e ragionati. Sono molto curioso e mi faccio stimolare da ogni cosa che cattura la mia attenzione e la mia immaginazione. Ovviamente la formazione matematica mi aiuta molto. Per riprodurre un modello occorre seguire le indicazioni contenute in un diagramma che il creatore del modello disegna e, qualche volta, la successione dei passi è davvero difficile da decifrare. Ricordo che negli anni Ottanta il diagramma per il modello chiamato “Jackstone” ha creato qualche problema agli origamisti del tempo, me compreso. Quello scoglio è stato superato quando qualcuno ci ha detto come interpretare un difficile passaggio. Ma la sfida a costruire un modello di origami nuovo è molto più stimolante e soddisfacente. Come tutto quello che è espressione della creatività di ognuno di noi. Nella creazione di un modello procedo studiandone bene la geometria che vi si nasconde. Mi prefiguro come potrebbe essere il modulo (infatti mi occupo fondamentalmente di origami modulari) che meglio si adatta alla sua costruzione, ne provo l’incastro con altri moduli e non mi accontento quasi mai del primo risultato che ottengo. Studio, provo e cerco sempre la soluzione che meglio concilia semplicità ed eleganza. Un esempio potrebbe essere il modello “cubo di binomio”, nato per esigenze didattiche in quanto con esso è possibile visualizzare concretamente un concetto algebrico che i ragazzi spesso tendono ad imparare a memoria senza comprenderne il significato o a dimenticarlo. Ho perciò creato con la piegatura della carta, sfruttando semplici tecniche, i due cubi di spigoli “a” e “b” e i sei parallelepipedi che compongono il cubo di spigolo “a+b”. Il risultato mi ha fatto vincere il primo premio al concorso “Origami utile” a un convegno nazionale.

Dove propone queste sue figure?

Inizialmente i miei modelli sono stati pubblicati su libri di altri autori e riviste specializzate delle varie associazioni di origami di tutto il mondo. Poi, dal 2010, ho iniziato a pubblicare personalmente libri con i diagrammi dei miei modelli. Ho tenuto conferenze e ho partecipato a moltissimi convegni italiani ed esteri. Posso dire di aver raggiunto l’aspirazione di ogni origamista creativo: essere invitato in Giappone. Sono socio e partecipo alle attività del Cdo, il Centro diffusione origami (www. origami-cdo.it), associazione italiana fondata nel 1978. Ogni anno viene organizzato un convegno nazionale in cui gli appassionati di origami si riuniscono per scambiarsi modelli e confrontarsi. Nelle scorse settimane si è tenuto il trentanovesimo convegno (purtroppo, causa pandemia, è il secondo appuntamento virtuale).

A quando risale l’inizio dello studio degli origami nel nostro Paese?

L’attenzione in Italia verso questa forma di espressione risale al 1978, quando Roberto Morassi e Giovanni Maltagliati hanno cominciato a occuparsene e hanno fondato il Centro Diffusione Origami che fece avvicinare e conoscere fra loro i primi origamisti italiani. Più o meno nello stesso periodo nascevano associazioni di origami anche in Inghilterra, Francia, Spagna, Germania e in tutto il mondo. Lo scambio continua tutt’oggi ad essere intenso: ai convegni italiani partecipano ogni volta mediamente una cinquantina di ospiti stranieri.

Chi cerca il nome del profesor Bascetta in rete deve rassegnarsi a scorrere una serie di voci in tedesco che parlano di una Bascetta Stern….

Non so davvero spiegarmi il motivo del grande interesse che la mia stella (quella che è conosciuta in tutto il mondo come “Bascetta Star” o “Bascetta Stern”) ha prodotto in Germania. So che esisteva in precedenza una stella simile chiamata “Aurelio Stern” ma era incollata e tagliata. La mia, creata nel 1985, non richiede colla né tagli. Trenta semplici moduli che si incastrano fra loro come a tenersi per mano e formano una stella (un icosaedro piramidato in quanto ha 20 punte) esteticamente molto bella ed elegante soprattutto se fatta con carta traslucida speciale in modo da trasformarla in una lampada. Uno dei miei modelli più riusciti, più apprezzati e piegati al mondo.

Torniamo ai rapporti dell’origami con la matematica. Già su queste pagine a luglio il professor Alfredo Scaccianoce raccontava di alcune esperienze nella secondaria di primo grado. Lei che cosa pensa dell’uso dell’origami per insegnare matematica?

Piegando un foglio di carta si fa coscientemente o meno geometria. La piega è un segmento di retta costruita sul foglio di carta (il piano della geometria euclidea), le pieghe, intersecandosi, formano angoli, triangoli, figure geometriche sulle quali soffermarsi, parlare e ragionare di geometria. Io credo che non ci sia modo migliore per avvicinare i bambini alle forme bi o tri-dimensionali che far loro costruire, anche con poche pieghe, qualche semplice oggetto. Da qualche anno gli sforzi fatti dagli appassionati origamisti, tramite convegni dedicati alla didattica, stanno portando ottimi risultati soprattutto nella scuola primaria e secondaria di primo grado. Molti insegnanti utilizzano l’origami nelle loro lezioni di geometria e non solo in quella disciplina. Dicevo prima dell’acquisizione del linguaggio ma non è solo questo. “Se faccio, capisco” è uno slogan del Progetto Nuffield per la didattica della matematica che nell’origami trova realizzazione compiuta. E aggiungerei: non solo capisco ma anche “non dimentico” ed è un risultato che a scuola è molto difficile da raggiungere. Affrontare l’origami da piccoli regala agli allievi quelle esperienze che necessariamente devono stare alla base dell’apprendimento/insegnamento della matematica anche nelle scuole superiori. Non si può insegnare matematica davvero a chi non ha esperienze su cui riflettere e su cui appoggiarsi.

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