Salire è come risolvere un’equazione

La prima volta che si arrampicò ebbe paura. Ma volle riprovare subito. La prima volta che si trovò di fronte a un problema matematico lo considerò un elemento normale, anzi di casa, “con mamma professoressa al liceo e papà docente alla Sapienza di Roma cosa altro potevo fare?”.
E così ha continuato, in maniera naturale. Oggi, Laura Rogora è la punta di diamante della nazionale italiana di arrampicata sportiva e, contemporaneamente, studentessa di matematica all’università di Trento. L’arrampicata e la matematica sono le due passioni di questa giovanissima e minuta atleta di 20 anni (44 chili distribuiti in un metro e mezzo di muscoli e nervi) nata e cresciuta nella periferia sud di Roma e poi trasferitasi in Trentino proprio per allenarsi meglio. Per lei, arrampicata ed equazioni si assomigliano: che siano numeri o un tracciato sulla parete, l’obiettivo finale è in entrambi i casi quello di risolvere il problema. Il bello però è che “non esiste un’unica soluzione. L’arrampicata è libertà, perché non esiste un modo giusto o sbagliato di gareggiare. L’importante è arrivare in alto trovando la soluzione migliore. Io prediligo sempre quella più tecnica perché mi piace l’estetica di una linea, ma non è detto che la mia soluzione sia quella più adatta in assoluto”.

La prima arrampicata, da bambina, l’ha intrapresa con papà Enrico, professore di matematica alla Sapienza di Roma. Da allora non si è più fermata: dopo essere stata la prima arrampicatrice italiana a salire un 9a, la Grandi Gesti di Sperlonga nel 2016 a soli 14 anni, Laura Rogora ha aperto altre 4 vie della stessa categoria con la ripetizione del 9a+ di Pure Dreaming Plus, a Massone di Arco, il 29 maggio 2020. Il 25 luglio 2020, con la libera di Ali Hulk Sit Extension Total di Rodellar, in Spagna, è diventata la prima scalatrice italiana e la seconda donna al mondo a salire una via di grado 9b. Nel 2020 a Briançon ha ottenuto invece il primo oro in coppa del mondo Lead, bissato a inizio 2021 a Chamonix subito dopo l’argento di Villars. Insomma, una vera predestinata: “Mi piace arrampicare perché mi fa sentire libera, quando trovo le vie è sempre una sfida con me stessa”. La sfida, spesso, si trasforma in divertimento. Per questo, i sacrifici che gli allenamenti impongono diventano più sopportabili: “È vero, conduco una vita diversa dagli altri ventenni, rinuncio a molte cose ma posso dire che l’arrampicata mi permette di avere tanti amici. In pratica, mentre mi alleno sto con gli amici”. Una ventenne un po’ fuori dagli schemi: alla scelta, da donna e da romana, di intraprendere uno sport “nordico” e fino a pochi anni fa monopolizzato dagli uomini, c’è da aggiungere la poca simpatia che ha verso i social: “Li uso solo per comunicare cose legate all’arrampicata. Il privato lo tengo per me”. Prima di partire per Tokyo, ha onorato l’impegno universitario sostenendo e superando gli esami di analisi, fisica, algebra e geometria. Un modo anche per scaricare la tensione che però a Tokyo le ha giocato un brutto scherzo. In Giappone, infatti, Laura Rogora non è riuscita a brillare come avrebbe meritato: “Ho sentito troppo forte la pressione. Credevo di aver ormai fatto il callo a certi tipi di gare ma mi sono resa conto che le Olimpiadi sono proprio un’altra cosa”. Così, Laura è finita 15esima e fuori dalla finale. Un risultato che avrebbe potuto demoralizzarla. Invece, lo sport (come la matematica), offre subito la possibilità di riprovare e di correggere l’errore. E Laura, le sbucciature di Tokyo ancora fresche su braccia e gambe, si è subito rimessa in moto e già il 7 di settembre era alle prese con una parete per l’ultima gara della coppa del mondo di arrampicata Lead. Anche qui “poteva andare meglio”, ma un terzo posto finale rimane a livello sportivo un risultato eccezionale e impensabile a inizio stagione.

Un senso di incompiutezza è comunque rimasto, dal punto di vista sportivo ma anche umano: “È stata un’edizione caratterizzata dalle restrizioni legate al Covid. In un’altra occasione avremmo potuto vivere meglio il villaggio olimpico, stringere rapporti con altri atleti o, banalmente, seguire le gare dal vivo”.

Non occorre essere un genio per capire come i pensieri di Laura corrano già a Parigi, sede delle prossime Olimpiadi. Un appuntamento che, secondo l’atleta “non è poi così lontano, con le qualifiche che inizieranno nel 2023”. La formula sarà diversa. Le tre grandi categorie dell’arrampicata sportiva, infatti, per l’esordio in Giappone sono state riunite in una sola “combinata”: gli atleti hanno dovuto misurarsi tutti con la “lead”, arrampicata con la corda e vittoria in base agli appigli e alla quota raggiunta; con la “bould”, gara con ostacoli creati sui muri, senza corda ma con materasso per le cadute e infine con lo “speed”, con muro verticale, circa 12 metri che l’atleta deve scalare alla massima velocità. Questo perché per l’esordio era stata assegnata una sola medaglia e quindi non ci sarebbe stata possibilità di diversificare le specialità. A Parigi, la speed sarà una competizione a parte, lead e bould saranno in combinata e dunque il numero degli atleti sarà il doppio. “E soprattutto farò tesoro della lezione di questa estate a Tokyo”. Matematico.

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