La sfida dell’incertezza

I rapidi cambiamenti in atto e, in modo ancor più dirompente, gli effetti sulla vita delle conseguenze della pandemia hanno reso pervasivo e persistente il tema dell’incertezza, collocandolo al centro degli sforzi di interpretazione della contemporaneità. “Tutta la nostra vita – diceva uno dei più grandi matematici italiani del Novecento, Bruno de Finetti – è immersa nell’incertezza: nulla, all’infuori di ciò, si può affermare con certezza”.

Trovare un modo efficace per fare i conti con l’incertezza e governarla è uno degli aspetti centrali del metodo scientifico. Chi pretende che la scienza fornisca un sapere assolutamente “certo” (e ritiene che sia questo il suo compito) dimentica quanto invece la categoria dell’incertezza sia centrale nella moderna visione scientifica del mondo e in particolare in quelle scienze che si è soliti chiamare, alquanto impropriamente, “esatte”. Le nostre informazioni sul mondo, infatti, sono frutto di osservazioni e misure che hanno sempre un margine di incertezza: un margine che può essere valutato e ridotto ma mai del tutto eliminato, giacché trae origine dalle fluttuazioni aleatorie che accompagnano inevitabilmente i fenomeni naturali e le nostre stesse procedure osservative. Grazie alla teoria statistica degli errori, tuttavia, le incertezze casuali possono essere ricondotte a leggi matematiche e valutate. Il risultato di ogni misura, quindi, è sempre accompagnato da una barra d’errore, cioè da un intervallo di valori (la “forchetta”, nel gergo dei sondaggi) entro il quale ci si aspetta, con una certa probabilità, che si collochi il valore “vero” della grandezza misurata. La riduzione delle incertezze, con il perfezionamento degli apparati di misura, è una delle manifestazioni più tangibili del progresso delle scienze sperimentali.

Misure sempre più accurate sono di fondamentale importanza non solo sul piano pratico, visto che molti aspetti della nostra vita dipendono da una precisa determinazione di grandezze (quali il tempo, la massa, la lunghezza) ma anche su quello strettamente scientifico, in quanto permettono di sottoporre a controlli stringenti le teorie con cui descriviamo il mondo. Quella che viene universalmente considerata la più bella teoria fisica, la relatività generale di Albert Einstein, deve il proprio successo a una serie di verifiche sperimentali basate su misure di estrema precisione: la prima, nel 1919, riguardò l’osservazione della piccolissima deflessione della luce stellare per effetto della gravità del Sole; l’ultima, nel 2015, è consistita nella scoperta – da parte delle collaborazioni Ligo e Virgo – delle onde gravitazionali, la cui rivelazione ha comportato che si misurassero deformazioni spaziali pari a un millesimo delle dimensioni di un nucleo atomico.

L’incertezza non è sempre dovuta a un difetto di informazione o all’impossibilità pratica di tener conto di tutte le variabili rilevanti di un processo: con la meccanica quantistica abbiamo scoperto che è un elemento strutturale della realtà. Esistono delle incertezze fondamentali, intrinseche, che riflettono il modo in cui la natura stessa è fatta, al suo livello fondamentale. La fisica quantistica ci ha insegnato che il caso e la probabilità si annidano nei processi fisici elementari e non possono essere eliminati. Le traiettorie e le orbite della fisica classica – geometricamente ben definite – lasciano il posto a “nuvole” di probabilità, che ci dicono solo quanto è probabile che una particella si trovi in un certo punto dello spazio senza fornirci la certezza che si trovi proprio là. Il principio di indeterminazione di Heisenberg, inoltre, stabilisce che ci sono alcune proprietà dei sistemi fisici – a cominciare da quelle più semplici, come la posizione e la velocità di un corpo – che non possono mai essere determinate simultaneamente con precisione assoluta: quanto più si riduce l’incertezza su una di esse, tanto più aumenta l’incertezza sull’altra. Non è una conseguenza dell’imperfezione degli strumenti a disposizione, ma un insormontabile vincolo sulla conoscibilità del mondo. Si deve dunque accettare come un dato di fatto che la descrizione dei processi atomici e subatomici abbia un carattere probabilistico: facendo i conti con l’incertezza, tuttavia, le teorie quantistiche ci permettono di comprendere a fondo la natura, di scoprire nuovi fenomeni e di effettuare previsioni accuratissime, che hanno finora superato il vaglio di tutte le verifiche sperimentali.
Nei pensieri, l’incertezza è associata soprattutto al domani. “È difficile fare previsioni, soprattutto sul futuro”, afferma un vecchio adagio danese che Niels Bohr amava citare e che – sul filo del paradosso – tocca uno degli aspetti cruciali dell’impresa scientifica. In molti sognano di prevedere il futuro e la scienza lo fa quotidianamente. Alcune previsioni sono relativamente semplici, altre sono alquanto difficoltose, o addirittura proibitive. Tra le prime rientrano le previsioni astronomiche – il moto dei pianeti attorno al Sole, il ritorno di una cometa, le eclissi: le equazioni che governano questi fenomeni sono note e facili da risolvere. All’estremo opposto, nella scala della difficoltà, ci sono quelle situazioni in cui la dinamica non è perfettamente chiara – è il caso dei terremoti – o in cui le equazioni semplicemente non esistono – come succede nei mercati finanziari. Nel mezzo si situano le manifestazioni di un fenomeno la cui esistenza è stata scoperta solo alla fine dell’Ottocento, grazie soprattutto all’opera di Henri Poincaré: il caos. I sistemi caotici sono caratterizzati dal fatto che ogni piccola variazione nelle loro condizioni iniziali si amplifica rapidamente, rendendo impossibile prevedere che cosa succederà dopo un certo tempo: il cosiddetto “effetto farfalla”, dal titolo di una conferenza tenuta nel 1972 dal meteorologo Edward N. Lorenz: Può il batter d’ali di una farfalla in Brasile provocare un tornado in Texas?. L’atmosfera è un tipico sistema caotico ed è per questo che le previsioni meteorologiche sono accurate solo su intervalli di pochi giorni. In realtà, anche il sistema solare è caotico ma i suoi tempi caratteristici sono fortunatamente più lunghi: ci si aspetta che le orbite dei pianeti possano cambiare in modo rilevante e imprevedibile nell’arco di decine di milioni di anni, un tempo tale da non destare grandi preoccupazioni.

L’incertezza è spesso un portato della complessità. Il mondo reale ci propone continuamente situazioni e fenomeni complessi, caratterizzati da un gran numero di variabili dinamiche e di elementi interconnessi. Si pensi, ad esempio, al sistema climatico terrestre, con gli innumerevoli fattori naturali e antropici che lo influenzano e ne determinano l’evoluzione. La scienza si è attrezzata con modelli sempre più raffinati – e la necessaria potenza di calcolo – per analizzare tali fenomeni. La sfida in questo caso non consiste solo nel riuscire a effettuare delle previsioni, ma anche nel valutare il loro grado di incertezza e, di conseguenza, la loro affidabilità, un’informazione cruciale per poter operare scelte razionali. L’incertezza, come si vede, ha tante facce: da quelle più familiari ad altre che sfuggono all’esperienza ordinaria e persino alla nostra immaginazione. Compito della scienza è, anche, darle un senso. Secondo il filosofo Edgar Morin, “conoscere e pensare non è arrivare a una verità assolutamente certa, è dialogare con l’incertezza”.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Dimensione massima del file: 50MB Formati consentiti: jpg, gif, png Drop file here