Il concorso per insegnanti non è una questione privata

Le polemiche sorte dopo la prova dello scorso maggio hanno avuto il merito di squarciare un velo sui problemidella nostra scuola: la preparazione degli insegnanti e il valore della competenza

Lo scorso maggio si è tenuto un concorso per la rapida immissione in ruolo di docenti delle discipline scientifiche e tecnologiche per le quali c’è una particolare penuria di insegnanti. Per la matematica, la prima prova di selezione prevedeva un test: dal suo superamento dipendeva l’ammissione alla successiva prova orale. I candidati dovevano rispondere a 50 domande in 100 minuti, 120 secondi a domanda senza usare carta e penna.
Subito si sono alzate lamentele e polemiche sui contenuti e sulle modalità della prova: “È possibile valutare un futuro insegnante attraverso un test a crocette?”.
Forse è più significativo domandarsi se è davvero scandaloso chiedere che un futuro insegnante di liceo ci metta due minuti a comprendere che, se BC è lungo 10 e AB è lungo 6, l’area del triangolo ABC qui sotto è 24? Il triangolo ABC è iscritto in una semicirconferenza e pertanto è un triangolo rettangolo. Il cateto incognito misura allora 8 (viva Pitagora!) e quindi l’area è 6×8/2=24.

 

E ancora, è inopportuno pretendere che un aspirante insegnante sappia che un radiante è leggermente meno di 60°? Un radiante entra nell’angolo giro tante volte quanto un raggio entra nella circonferenza, cioè circa 6,28. E quindi un quarto di radiante è appena sotto a 15°.

 

 

Quasi tutte le domande dell’incriminato test vertevano su questioni veramente basilari. La sicurezza nel gestirle non è certo sufficiente ma è sicuramente necessaria per poter varcare la porta di un’aula. Non si può lasciare il futuro dei nostri ragazzi in mano a persone che non sono a loro agio con i contenuti elementari della propria disciplina: la padronanza è la condizione affinché gli insegnanti siano guide sicure e consapevoli per i loro studenti.
C’è da aggiungere che le procedure di selezione del futuro corpo insegnante sono state, in questi ultimi anni, una vera schizofrenia. Ogni governo ne ha pensata una, più o meno ragionevole. Ma poi, sempre, i sindacati hanno ottenuto procedure di selezione riservate, ossia pseudo-concorsi dove chi aveva il merito (?) di aver insegnato – senza titolo alcuno – per qualche tempo poteva, con un esamino farsa, magari tenendo semplicemente una lezione di fronte a una commissione per la quale era molto difficile valutare un’eventuale inadeguatezza del candidato, ottenere l’abilitazione e l’inserimento in una graduatoria dalla quale prima o poi sarebbe stato chiamato all’agognato posto di ruolo.
Chiunque sappia di scuola dall’interno sa che questo tipo di reclutamento ha consentito l’accesso anche a molte persone che si sono poi rivelate un problema: poco preparate, poco motivate, sempre pronte a rivendicare un passato da precarie che sembra dare loro il diritto, finalmente, di riposare un po’.
Al contrario, le poche procedure di selezione sui contenuti che si sono tenute negli ultimi vent’anni hanno consentito l’ingresso nella scuola di ragazzi giovani che hanno messo le loro competenze e il loro entusiasmo al servizio della collettività. Anche in questo ultimo concorso.
Qualcuno però può chiedersi se non sia pensato e tarato male un concorso che, come quello di cui stiamo parlando, promuove meno del 20% di candidati. Sembra una questione mal posta. Forse è più opportuno chiedersi per quale motivo, di fronte a un test tanto basilare, la preparazione disciplinare dei nostri aspiranti insegnanti è così deficitaria.
Che non si debba forse, oltre a riflettere doverosamente sulle migliori procedure di selezione dei docenti, chiedersi che cosa sta succedendo in università? E tornare alla meravigliosa idea di Giovanni Prodi che a Pisa, negli anni Novanta del secolo scorso, aveva istituito un intero corso di laurea in matematica dedicato a coloro che volevano imparare ad insegnare?
Il chiacchiericcio mediatico che da sempre si fa intorno al reclutamento degli insegnanti è spesso sostenuto da persone che non ne comprendono a pieno i risvolti controproducenti. Invece, è fondamentale non contribuire alla macchina del fango. Non si fa il bene della scuola mettendo in ridicolo procedure di selezione che sono certamente di gran lunga perfettibili, ma mediamente molto migliori delle procedure gemelle che danno il posto in nome dell’anzianità maturata.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Dimensione massima del file: 50MB Formati consentiti: jpg, gif, png Drop file here