“E se non si scioglie?”.
“No, professo’, quello si deve squagliare. È matematico! A settembre il sangue non ha mai detto di no alla città di Napoli. E ogni volta è diventato rosso come ‘na cirasa. E liquido come fusse allora sprizzato via dalla testa appena tagliata di san Gennaro. Anzi – che v’aggi’ ‘a dicere? – negli ultimi anni si è lasciato prendere da una sorta di ansia da prestazione. Sì sì. Facendosi sempre più spesso trovare già sciolto all’apertura della “casina”, del tabernacolo cioè dove è conservato per il resto dell’anno a riparo da sguardi indiscreti”.
“Bella, questa. Ma mi cade un mito. E tutto quel che si dice delle mancate liquefazioni e del cattivo presagio che se ne trarrebbe?”. “Professo’, si vede che non siete di Napoli: state confondendo le date. Adesso se io vi chiedo qual è il giorno della festa di san Gennaro, voi che cosa mi rispondete?”.
“Il 19 settembre, lo dicono anche in televisione. Ho letto che addirittura, durante la seconda guerra mondiale, quando per l’incertezza e la paura in Italia si moltiplicavano le voci di visioni mariane e di prodigi d’ogni sorta, una velina impose che l’unico miracolo di cui la stampa potesse liberamente parlare fosse appunto quello di san Gennaro. Un miracolo che, con la sua euritmia, con la sua periodicità – visto che si è parlato di matematica – garantiva il senso della continuità. In quei tempi difficili, assicurava insomma che non vi fosse nulla di cui preoccuparsi”.
“E bravo, il professore. Il fatto è che per i napoletani la festa di san Gennaro non è il 19 settembre. O non soltanto. Quella è la festa liturgica, il giorno in cui il santo è ricordato dalla Chiesa universale. Nel tempo tante cose sono cambiate, ma per noi la festa della città è – o almeno era – quella di maggio. La festa della traslazione, che ricorda l’arrivo delle ossa di san Gennaro a Napoli. È a maggio che il santo fa i capricci. Ecco perché i politici che vengono in città per farsi, diciamo, benedire dal santo si presentano a settembre, quando il miracolo è assicurato. Mica come i Savoia, che venivano sempre d’inverno e poi andavano dicendo che san Gennaro gli faceva i dispetti. So’ cos’ e pazz’”.
“Ah ecco. Quindi san Gennaro ha due feste distinte”. “Per la precisione, tre: maggio, settembre e dicembre”.
“Dicembre?”.
“Sì, professò, il 16 dicembre, la festa del patrocinio è stata istituita per ricordare quando, nel 1631, san Gennaro protesse Napoli dall’eruzione del Vesuvio”. “E quindi dovrebbe essere questa la festa della città. La cerimonia più importante. Ricordo una bella tela di Micco Spadaro in cui si vede chiaramente il Vesuvio che erutta, la processione del sangue portata in giro e san Gennaro che compare in cielo, in alto a destra, imponendo al Vesuvio di placarsi”.
“In alto a destra? Professò, ma voi davvero fate la storia credendo ai quadri? Oggesù, quella è una messinscena. Come quando i ragazzini adesso si mettono in posa, si fanno i selfie, ne selezionano uno su venti, ci aggiungono un po’ di effetti e poi postano la foto scrivendoci sotto: “Scatti rubati”. E quella è la verità? Il quadro di Micco Spadaro è la stessa cosa: è un “selfie” di san Gennaro. Una rappresentazione. Durante l’eruzione del 1631, un giorno che pareva notte tanto le polveri del Vesuvio erano penetrate dappertutto nella città, qualcuno credette di riconoscere il santo nel riflesso di una vetrata del duomo. E questa è la prima storia. Punto. Poi, dopo un paio di giorni, una nube ardente che stava investendo Napoli d’un tratto prese un’altra direzione. Punto. E questa è la seconda storia. Ma la gente fece 2+2=4. “È stato san Gennaro”, si gridò. O almeno lo gridarono quelli che avevano voce in capitolo. E si imposero. Perché Gennaro non era l’unico santo in lizza. Infatti in quei giorni di confusione ognuno aveva portato in giro la propria reliquia per far sì che il Vesuvio si acquietasse. E per prendersene il merito. Era una questione, diciamo, … di fine teologia. Capite a me. Ossia di politica. Voi siete un uomo di scienza…”. “E proprio perché sono un uomo di scienza, dico: avrebbe dovuto essere proprio quella di dicembre la festa principale della città, non quella di maggio, tantomeno quella di settembre”.
“Nonzignore. Permettetemi, ma prima volevate fare la storia con i quadri, mo’ con la logica. Che con queste cose non funziona. Perché, concretamente, è vero che dei galantuomini, diciamo, in carne ed ossa, come me e voi, possono legittimamente decidere – o se la cosa è davvero successa, riconoscere – che san Gennaro abbia salvato la città. E fin qui tutto fila liscio come l’olio. Ma se poi questi stessi galantuomini in carne e ossa non si mettono d’accordo con il “principale”, cioè con il santo, che in carne e ossa non è e quindi può non essere sensibile alle ragioni della politica, e, seguitemi, se il “principale” medesimo non si degna di fare il miracolo, i suddetti galantuomini che hanno scelto a dicembre la data per organizzare la festa di Napoli che scampa al pericolo imminente… fanno ‘na figura ‘e niente. Ma chest’è: san Gennaro, a dicembre i miracoli non li vuole fare.
Per esempio, l’anno scorso è rimasto duro. Eppure, proprio per ‘sto Covid, la gente aspettava una qualche rassicurazione. Un conforto. Ma niente. Ed ecco perché quella festa invernale, nonostante i proclami, non è mai entrata nel cuore dei napoletani”.
“Bah. Per fortuna che a maggio il sangue si è sciolto però. Mi sa il giorno dopo, non è vero?”. “Ascoltatemi bene: se il sangue si deve sciogliere un giorno, non ha senso precisare che si è sciolto un altro giorno. È come dire: io faccio il voto alla Madonna del Carmine perché non riesco a camminare e quella mi fa recuperare l’udito. Insomma, secondo la tradizione il sangue si sarebbe dovuto sciogliere il 1° maggio, alla fine della processione che porta dal duomo a Santa Chiara. Ma, con tutto quello che sta succedendo, pure la processione è saltata. E il sangue forse si è risentito. Poi, restando esposto negli otto giorni seguenti, avrà deciso di concedersi. Spesso succede così. E quindi s’è squagliato. In ritardo. Così è stata data la notizia. Per far stare tutti più tranquilli. Ma tecnicamente nun vale. Perché non si è sciolto nella data giusta. È sempre una questione di matematica. V’ ‘o site scurdato?”.
“Quindi è il 1° maggio la data giusta.”
“Nòne. Non sempre il 1° maggio, ma il sabato precedente la prima domenica di maggio. Anticamente il busto reliquiario di san Gennaro, quello che noi chiamiamo l’imbusto, la mattina era portato in una chiesa. Poi, dal Cinquecento, in uno dei seggi della città. Nel pomeriggio arrivava l’arcivescovo con il sangue. E si racconta che, quando il sangue vedeva la testa, com’è come non è, si scioglieva pregustando la resurrezione. Il sangue era letteralmente innamorato della testa tanto che, quando li riponevano insieme nella casina, tra l’uno e l’altra ogni volta si doveva mettere un divisorio, un pannello, sennò il sangue si emozionava. E si squagliava”.
“Quindi si scioglieva sempre a maggio?”.
“Professo’, voi mi dovete seguire quando parlo, però. A maggio teoricamente si doveva sciogliere, ma a volte questo non succedeva. E quando il sangue non si squagliava, la gente andava in panico. C’è qualcuno che si è preso la briga di calcolare il rapporto tra le calamità verificatesi e le mancate liquefazioni. Appunto, matematicamente. Vedete questo libro del 1950: Il miracolo di S. Gennaro: prove storiche e scientifiche. Una chicca bibliografica scritta per convincere la gente che il miracolo era tale anche per la scienza. Vabbè, cose di altri tempi! Comunque, leggete qua. Una mancata liquefazione corrisponde: epidemie (100%), rivoluzioni (100%), invasioni di turchi (100%), siccità (100%), morte di arcivescovi (100%), guerre (80%), piogge disastrose (77%), carestie (75%), eruzioni del Vesuvio (68%), terremoti (63%), morte di reali (63%), morte di pontefici (45%), persecuzioni religiose (37%). Naturalmente per loro la rivoluzione era ‘na cosa brutta: meglio stare col re, anche quando ti tratta male. E, per essere concreti, valeva poco più della morte di due papi e poco meno di un terremoto e di una persecuzione religiosa messi insieme. Sembra ‘na cabala!”. “Quindi lei ci crede?”.
“Professo’, stàmm a pazzià? Io me lo ricordo il terremoto del 23 novembre 1980. La data ce l’ho scritta in fronte. Il sangue a maggio si sciolse normalmente. E pure a settembre. Quindi, forse san Gennaro considera un terremoto del genere, con tutti i disastri e i morti che ci furono, meno importante di una rivoluzione o, con tutto il rispetto, della morte di un arcivescovo? Insomma, quella che la mancata liquefazione preannunci un evento funesto è una tradizione, ma va presa per quello che è. Neanche la Chiesa ci crede più. Certo, parla di segni. Del fatto che la liquefazione del sangue rappresenta lo scioglimento dei nostri cuori induriti dall’indifferenza e cose di questo tipo. Ma fa il mestiere suo. Fortunatamente evita di usare più la parola miracolo. Ora dice prodigio”.
“Vabbè, tutto quello che vuole ma adesso mi faccia capire: se il sangue è lo stesso e, come hanno pure scritto su Nature, si liquefa per tissotropia, vale a dire per questa sua proprietà di cambiare stato quando è sottoposto a stress meccanico, perché ciò non avviene allo stesso modo in tutte le date? A settembre lo scuotono più intensamente? Lei ora non mi può lasciare con il dubbio”.
“Professò, io non so niente. Siete voi l’uomo di scienza. E io non sto dentro all’ampolla a controllare. Sì, la tissotropia, può essere. Ma vai a vedere: non sappiamo neanche se quello lì dentro è davvero sangue. O tutto sangue. O sangue umano. Insomma, per quel che se ne sa, potrebbe essere anche un fluido, come dite voi, non newtoniano, che nei giorni di esposizione successivi al primo si liquefa più velocemente. O ha più tempo per liquefarsi. Io non lo so… i quadri, la logica, ‘a scienza…. Ma, dopo quello che vi ho detto, con un po’ di buon senso, non vi risulta più intuitiva un’altra spiegazione? Perché qualcosa si squaglia più facilmente a settembre, meno a maggio e poco o niente a dicembre? Se facessi questa domanda al mio nipotino di sei anni, mi risponderebbe: “Zio, pecché fa caldo”. Ed è principalmente il calore che fa sciogliere il sangue o quello che è. L’azione meccanica può avere una sua importanza. E ce l’ha. Ma io li ho visti i preti girare e rigirare il reliquiario a dicembre senza ottenere nulla. Montesquieu diceva che il sangue di san Gennaro è una specie di termometro. E ci aveva azzeccato. Quindi, a settembre, a meno che nevichi, io starei abbastanza tranquillo. Professo’, vi posso chiamare per nome? Antonio, vero? Anto’, a settembre il sangue si squaglia. Perché? Perché a settembre fa caldo. Anto’, fa caldo”.