SUBSIDENZA La minaccia nascosta

Tra i rischi naturali che ci fanno più paura, la subsidenza non figura certo ai primi posti. Sarà a causa del suo lento e continuo incedere rispetto alla velocità e alla violenza con la quale si manifestano gli altri rischi naturali, però non è meno dannosa. Anzi, è inesorabile e difficilmente ce ne possiamo liberare. Eppure è un fenomeno naturale molto comune, che ha contribuito largamente a dare forma alla superficie terrestre. La subsidenza è un abbassamento della superficie che può essere dovuto a cause naturali o antropogeniche. Tra le prime rientrano variazioni termiche della crosta, fenomeni tettonici o più comunemente sedimentari di vario genere. In altri casi invece la subsidenza risulta largamente connessa all’azione dell’uomo e al prelievo che l’uomo effettua di solidi o fluidi dal sottosuolo. Comunemente interessa zone caratterizzate da suoli o strati di terreno compressibili. Per esempio, il prelievo di acqua dalle falde acquifere sotterranee lascia degli spazi vuoti nel suolo che lentamente e gradualmente si compattano, con tempi che vanno da qualche mese a qualche anno. A questa progressiva compattazione in profondità corrisponde un abbassamento in superficie, con velocità che variano da qualche centimetro a pochi decimetri l’anno su aree molto grandi, estese su decine o migliaia di chilometri quadrati.

Gli edifici e le infrastrutture nelle zone soggette a subsidenza possono subire danni ingenti, fino a che può risultarne compromessa l’utilizzabilità, con disagi e impatti sociali, economici ed ambientali rilevanti. Ma non è tutto. Una volta che il terreno si compatta non si può tornare indietro, la capacità di stoccaggio di acqua nel sottosuolo si riduce per sempre con evidenti conseguenze sulla disponibilità di risorse idriche nel futuro. La subsidenza ha un impatto particolare nelle zone costiere, dove l’innalzamento del livello del mare dovuto al cambiamento climatico è aggravato dall’abbassamento della superficie del suolo.

In Italia quasi 200 km della costa adriatica settentrionale sono caratterizzati da una quota inferiore al livello medio del mare o appena superiore. In queste aree, anche pochi centimetri di subsidenza aumentano la probabilità di inondazione. Tale sprofondamento attualmente minaccia circa il 30% della popolazione italiana, contribuendo anche alle ricorrenti inondazioni costiere durante le fasi di alta marea a Venezia.

Il fenomeno interessa anche molte altre aree costiere in Emilia-Romagna, Veneto, Puglia, Toscana, Campania e Calabria. Nella pianura padana una marcata subsidenza è iniziata durante la seconda metà del XX secolo, mentre in Val d’Arno un’area di circa 80 km2 in corrispondenza del settore sudorientale della città di Pistoia è soggetto a tassi di subsidenza di circa 4 cm all’anno.

In Europa, il maggiore impatto della subsidenza si verifica nei Paesi Bassi, dove è responsabile dell’abbassamento del 25% della superficie del Paese sotto il livello medio del mare.

Una subsidenza maggiore di 25 cm all’anno si sta verificando in diverse regioni del mondo, tra cui Iran, Messico e Indonesia. A Jakarta l’impatto è così grave che il governo sta progettando di spostare la capitale nell’isola del Borneo. In Nord America, lo sfruttamento intenso delle acque sotterranee ha innescato la subsidenza della Central Valley della California, con valori totali fino a 9 m nel secolo scorso, ma anche di molte pianure lungo la costa atlantica.

Globalmente, le potenziali aree di subsidenza coinvolgono circa 1,2 miliardi di persone e il 21% delle principali città del mondo, con l’86% della popolazione minacciata che vive in Asia. Si stima che la potenziale esposizione economica alla subsidenza ammonti a 8,17 trilioni di dollari, pari al 12% del prodotto interno lordo mondiale. Una simulazione predittiva al 2040, che considera gli effetti del cambiamento climatico globale in termini di innalzamento del livello medio del mare, mostra che circa 635 milioni di persone vivranno in aree dove la subsidenza aumenterà il rischio di inondazione. Anche se il processo fisico è stato studiato in tutto il mondo sin dal secolo scorso, i ricercatori si sono solitamente concentrati sull’analisi e sulla risoluzione del problema su scala locale. I risultati di uno studio, condotto dall’Università di Padova e dagli Istituti per la protezione idrogeologica (Cnr-Irpi) e di geoscienze e georisorse (Cnr-Igg) del Consiglio nazionale delle ricerche, evidenziano per la prima volta che la subsidenza che accompagna lo sfruttamento delle risorse idriche sotterranee è un fenomeno globale che può causare impatti ambientali, sociali ed economici rilevanti. Il lavoro è stato pubblicato su Science ed è stato svolto nell’ambito di una collaborazione di esperti dell’Iniziativa internazionale sulla subsidenza dell’Unesco (LaSII). Sulla base di un’analisi statistica spaziale, è stato possibile costruire un modello in grado di stimare la pericolosità della subsidenza in funzione delle principali variabili geo-ambientali e considerando alcuni fattori antropogenici legati allo sfruttamento delle risorse idriche. Studio delle rocce, pendenza della superficie, copertura del suolo e classe climatica sono le variabili geo-ambientali utilizzate nello studio mentre lo sfruttamento delle risorse idriche è stato legato alla presenza di aree urbane e irrigate caratterizzate da un alto stress idrico e da una domanda di acqua freatica elevata. L’applicazione del modello su scala globale ha permesso di prevedere le aree dove la probabilità di subsidenza sarà alta o molto alta.

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