Quanto siamo felici?

La decima edizione del Report mondiale sulla felicità segnala un’umanità segnata dalla grave crisi pandemica ma anche più generosa. Comportamenti sociali e stati d’animo sono stati ricostruiti e classificati grazie all’Intelligenza artificiale e all’analisi linguistica dei social network

Andrà tutto bene” insieme con “Ne usciremo migliori” sono state due delle frasi che più hanno accompagnato gli ultimi due anni di pandemia. Ma è andata veramente così? Gli autori del World happiness report (Whr, il Rapporto mondiale sulla felicità), giunto alla sua decima edizione, lo hanno chiesto ai cittadini di circa 150 Paesi in tutto il mondo focalizzando l’attenzione sul benessere personale, sociale, economico e ambientale. La conclusione ritrae un’umanità che, nonostante tutto, mostra un’empatia maggiore verso il prossimo rispetto al passato. Anche se certe stratificazioni faticano a essere superate: nella classifica della felicità, ai primi otto posti ci sono Paesi del Nord-Europa, mentre agli ultimi sono quasi tutti Paesi africani. L’Italia è trentunesima.
Comportamenti sociali e stati d’animo sono stati ricostruiti e classificati grazie all’intelligenza artificiale e all’analisi linguistica dei social network durante la pandemia. L’edizione di quest’anno del Whr giunge in un momento di grandi tensioni internazionali, sicché i segnali positivi che emergono sono come una boccata d’aria fresca.
“Nel 2021, a seguito della pandemia – spiega uno degli autori, John Helliwell della British Columbia University – abbiamo riscontrato un evidente aumento di tutti e tre gli atti di gentilezza monitorati dal Gallup World Poll (aiuto agli estranei, volontariato e donazioni), che sono cresciuti ovunque di quasi il 25% rispetto ai valori pre-pandemici. Questa ondata di generosità è la prova che le persone rispondono al bisogno di aiuto dei propri simili determinando vite migliori per sé stessi, maggiore felicità per chi ne beneficia e buoni esempi da seguire per gli altri”.
La pandemia ha spostato in modo massiccio le relazioni dal mondo reale a quello online, con il risultato che milioni di individui hanno interagito per lunghi periodi scambiandosi testi sui social network, dove poi sono rimasti. È una miniera di dati che offre inedite opportunità di studiare la salute mentale, il benessere emotivo o le emozioni di gruppi di individui su scale dimensionali del tutto nuove: praticamente intere porzioni di società. È ciò che hanno fatto Hannah Metzler, Max Pellert e David Garcia del Complexity Science Hub della Vienna & Graz University of Technology.
Per analizzare una tale mole di dati, però, è stato necessario adottare un approccio nuovo, ricorrendo all’Intelligenza artificiale e in particolare al machine learning, applicato all’analisi del linguaggio usato. La chiave di tutto, insomma, sono le parole.
Per valutare le espressioni emotive, gli psicologi avevano già elaborato un metodo semplice creando dizionari delle emozioni: elenchi di parole associate a determinate emozioni o dimensioni emotive. In questo approccio (definito bag of words) l’ordine delle parole o il contesto è irrilevante e conta solo la loro ricorrenza: più un termine associato a un’emozione è frequente, più è plausibile che esprima quell’emozione. I metodi di machine learning (in particolare il deep learning) consentono, invece, di fare un salto di qualità valutando anche l’ordine in cui appaiono le parole e il contesto.
L’approccio comune alla classificazione delle emozioni con il machine learning prevede la supervisione dell’apprendimento basata su testi associati a etichette emotive (chiamate verità di base) il cui scopo è insegnare all’Ia a riconoscere le emozioni mostrando come gli umani interpreterebbero quei testi.
A questo scopo è necessario trasformare i testi in una rappresentazione numerica comprensibile per l’Intelligenza artificiale. È quello che è stato fatto in occasione dell’analisi che i ricercatori hanno condotto su 8,3 miliardi di tweet pubblicati in 18 Paesi e in 6 lingue diverse (inglese, tedesco, olandese, francese, spagnolo e italiano) che mostrano un’evidente correlazione tra eventi negativi ed emozioni quali l’ansia o la tristezza.


Nei grafici è ben visibile per l’Italia un picco d’ansia (linea gialla) in corrispondenza del primo caso di COVID-19 isolato a metà febbraio 2020 e dell’inizio del lockdown ai primi di marzo. Stessa cosa in Germania per l’attacco terroristico di Hanau tra fine febbraio e inizio marzo, mentre negli USA è evidente un picco di tristezza (linea blu scuro) a febbraio per la morte del cestista Kobe Bryant. In tutti i casi, l’ansia aumenta con l’esplodere dei contagi e dei decessi (linee grigie e nere) per poi diminuire con l’appiattimento di quelle curve.
In definitiva, i risultati confermano che la matematica è un valido strumento per analizzare le complesse dinamiche sociali e psicologiche ed è in grado di aiutare i governanti a elaborare politiche mirate a realizzare società con maggior benessere e con cittadini più felici.

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