Il profilo matematico dei serial killer

Negli ultimi anni, in molti film e serie televisive poliziesche si è nitidamente delineato e affermato il ruolo della scienza e degli scienziati nell’investigazione. Non è infrequente vedere persone in camice, o semplicemente fuori contesto rispetto a un ambito criminologico classico, aiutare gli investigatori e fornire idee essenziali per risolvere un caso, arrestare un colpevole, magari tracciando formule matematiche su una lavagna. Questo perché il ruolo dell’indagine scientifica è divenuto sempre più ampio e spesso le sue tecniche si utilizzano per svolgere attivamente le indagini e validare ipotesi oltre che chiarire gli indizi. Dietro queste tecniche, la matematica è più presente di quel che non si creda, principalmente sotto forma di modelli e algoritmi, che naturalmente devono essere implementati su un computer per poter efficientemente funzionare e trattare la mole di dati necessaria alla loro efficacia.

Un esempio particolarmente interessante del connubio fra modelli matematici, calcolatori elettronici e indagini forensi è dato dal geographic profiling, cioè dalle tecniche che consentono di ricostruire i luoghi frequentati da un criminale, per esempio un serial killer, in modo da focalizzare l’azione investigativa su questi luoghi e sperare di catturarlo. L’attività di “profilazione” in ambito investigativo consiste nel raccogliere i dati disponibili delle attività di un criminale, o di una organizzazione criminale, e confrontarle con dati analoghi associati a tipologie note di criminali. L’idea è che i malviventi si possano in qualche modo suddividere in un numero limitato di categorie comportamentali.

È una idea realistica solo entro certi limiti di approssimazione e quindi i risultati che se ne possono trarre soffrono di tali limiti di precisione. Tuttavia è una idea che può dare i suoi frutti. Il più celebre dei modelli di questo tipo è il modello di Rossmo, sviluppato due decadi fa da Kim Rossmo, un investigatore canadese con un dottorato in criminologia. È nella tesi di dottorato, conseguita dopo una ventina d’anni di servizio nella polizia di Vancouver, che Rossmo studiò ed espose il suo modello matematico per la cattura dei serial killer. Sorprendentemente, le sue proposte incontrarono notevoli resistenze nell’ambiente investigativo, malgrado i diversi successi operativi a cui avevano portato. Così Rossmo decise di trasferirsi negli Stati Uniti, dove ora insegna criminologia all’università del Texas. Il modello di Rossmo non consente di predire dove un serial killer colpirà la prossima volta, bensì dove vive abitualmente. In effetti, il prossimo luogo di attacco dipende da troppi fattori aleatori per poter essere dedotto sulla base delle osservazioni degli attacchi precedenti e cambia ogni volta mentre, nella maggior parte dei casi, un serial killer ha una residenza abituale (il metodo dunque non funziona con i criminali che si spostano spesso). L’idea della formula di Rossmo nasce dal contrasto fra due diverse osservazioni relative all’azione dei serial killer: da una parte, non tende mai ad allontanarsi troppo dal proprio luogo di residenza abituale quando colpisce; per così dire, ha un suo terreno di caccia all’interno del quale si trova la sua abitazione. D’altra parte, non colpisce nelle immediate vicinanze di casa sua.

Nel creare il suo modello, Rossmo ha formalizzato queste due osservazioni: supponendo di conoscere i luoghi esatti dove il killer ha già colpito, possiamo essere certi che la sua abitazione non si trova nelle immediate vicinanze di ciascuno di questi luoghi, ma anche che questi luoghi determinano una zona più ampia all’interno della quale va cercato il luogo dove il serial killer abita.

I dati che servono per costruire la formula sono quindi i luoghi dove il killer ha colpito: sono punti sulla mappa geografica di una certa località e basta un semplice sistema di coordinate cartesiane per tradurre ciascuno di questi luoghi in coppie di numeri (x1,y1), …, (xN,yN).

Per quanto riguarda le loro reciproche distanze, non si usa la solita metrica euclidea, cioè la lunghezza del segmento che li congiunge, bensì una distanza alternativa chiamata “distanza dei taxi” o “distanza di Manhattan”, calcolata come la lunghezza della linea spezzata che congiunge i due punti con segmenti orizzontali e verticali.

Rossmo utilizza la distanza dei taxi in quanto corrisponde ai movimenti tipici di una automobile in una città e modellizza meglio le distanze fra i punti attraverso i quali il serial killer si sposta.

Prima di applicare il modello di Rossmo a un caso specifico, va circoscritta l’area nella quale si ritiene possibile la presenza dell’abitazione del serial killer. Lo si fa in modo empirico utilizzando le coordinate dei punti dove ha colpito, per esempio prendendo le ascisse più a est e ovest e le ordinate più a nord e a sud. In questo modo si definisce un rettangolo che racchiude tutti i punti dove il killer ha colpito aggiungendo di solito a questo rettangolo una “cornice” per non trascurare le zone al bordo dei suoi punti di attacco.

Tracciato il rettangolo, Rossmo definisce al suo interno un “campo di probabilità” che associa a ciascun punto un valore fra 0 e 1, interpretato come la probabilità che un certo fenomeno avvenga in quel punto: se il campo nel punto P ha valore 0, allora il fenomeno lì è impossibile; se ha valore 1, allora è certo. Naturalmente i valori non saranno mai esattamente 0 e 1 ma valori intermedi. In realtà, nella formula di Rossmo non si calcola il campo di probabilità in un punto, ma in un “pixel” della mappa, cioè in un quadratino di dimensioni considerati minime rispetto al problema. In questo modo l’area delimitata è in realtà composta da un numero elevato ma finito di quadratini e un computer può calcolare per ciascuno di loro la sua distanza di Manhattan da ciascuno dei punti di attacco del serial killer.

Il campo di probabilità è costruito utilizzando i dati specifici del problema e una formula che contiene tanti termini quanti sono i luoghi degli attacchi. Le distanze di Manhattan dei singoli punti dai luoghi degli attacchi sono quindi pesate con vari parametri, per consentire la giusta flessibilità. Il “troppo vicino” è in particolare gestito con un buffer, un parametro che definisce la distanza minima del covo da un qualsiasi luogo dell’attacco.

I parametri della formula ne sono naturalmente un po’ il punto “dolente”. Prima di applicare la formula, vanno “calibrati” in modo empirico, utilizzando simulazioni al computer.

Alla fine, il campo di probabilità definisce delle zone che somigliano un po’ a delle altimetrie. Non misurano però l’altezza ma la probabilità di residenza del serial killer: quando questa zona è circoscritta si può far scattare l’azione investigativa con telecamere, pedinamenti e altro per tentare di penetrare nel covo del serial killer. L’operazione è scattata numerose volte, non soltanto con i serial killer ma anche con gli stupratori seriali. In particolare nel 1998 a Lafayette, in Louisiana, la formula indicò l’abitazione di uno stupratore seriale che terrorizzava la città da dieci anni, fornendo le indicazioni della zona da circoscrivere, dove fu avviata una serrata analisi investigativa basata sui campioni del Dna dei sospetti che vivevano in quella zona. Il Dna li scagionò tutti: alla fine, lo stupratore era un vice sceriffo che viveva precisamente in quella zona. L’idea di rintracciare il covo di un predatore in base ai punti dei suoi attacchi non si applica solo ai criminali seriali: un altro esempio di impiego del modello di Rossmo è fornito dall’analisi degli attacchi degli squali bianchi, in particolare per determinarne le strategie di caccia. Gli studi confermavano che questi animali (come pure altri) non attaccano a caso ma seguono una strategia che gli algoritmi di profilazione consentono di approssimare. Una applicazione non meno curiosa è relativa all’individuazione dei nidi di bombi per preservare questa specie in aree dove tende a scomparire. Sempre in ambito biologico, il modello è stato applicato allo studio di specie invasive in un ecosistema e, in particolare, in uno studio dell’Università di Firenze, al contrasto ad alghe particolarmente dannose diffuse nel Mediterraneo. Ancor più rilevanti si sono rivelate alcune applicazioni alla determinazione dei focolai di malattie come la malaria, dove il modello consente di concentrare l’azione di contrasto in modo da spegnere i focolai e non procedere “alla cieca” nel tentativo di debellare l’epidemia. Naturalmente, da quando Rossmo ha pubblicato il suo modello, molte altre tecniche matematiche di profilazione geografica sono state sviluppate, principalmente con modelli probabilistici applicati fino ad allora in altri campi: per esempio, anche l’analisi bayesiana è ora al centro di studi che indagano i comportamenti dei serial killer. Nel campo delle applicazioni biologiche, il modello di Rossmo è stato combinato con altri (per esempio, i Dirichlet Process Mixtures) ottenendo risultati eccellenti. Nel 2016, la tecnica è stata persino usata per individuare l’abitazione e l’identità del famoso ma sconosciuto artista Bansky.

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