La memoria è un valore. Ne siamo convinti, a maggior ragione in questo periodo.
L’entrata in crisi dei corpi intermedi (associazioni, partiti e sindacati) e, di conseguenza, del bagaglio di valori e di relazioni che portavano con loro ha spiazzato la maggioranza delle persone che probabilmente ha vissuto questo distacco dai corpi intermedi come un abbandono. Sia chiaro: il disfacimento di questi organismi di rappresentanza è una diretta conseguenza – forse a volte inconsapevole – di una scelta del cittadino che è andato a cercare la rappresentatività in altri ambiti. Se c’è stato qualcuno che, complice un progressivo isolamento fisico e sociale, ha eletto la sua sfera personale a modello collettivo, rendendola rappresentativa di un presunto sentimento diffuso (vedi i deliri sui social network dei signor nessuno contro personaggi pubblici già segnati dal dolore), altri invece hanno reagito cercando un modello da seguire nel passato. Un modello anche da imitare per poterlo poi trasferire nel presente.
Già dai tristi e dolorosissimi giorni della fase più acuta della pandemia, l’esempio che Prisma ha spesso proposto è stato quello imprenditoriale, sociale e politico di Adriano Olivetti. Nel corso del periodo trascorso dalla sua morte e dalla serie di eventi negativi che bloccarono la spinta propulsiva dell’Italia industriale, gli anni della sua sfida industriale sono stati attentamente e ripetutamente studiati e analizzati. C’è però un aspetto che, forse, non è stato ancora sufficientemente sottolineato: la fiducia che Olivetti e con lui Mario Tchou avevano riposto nelle nuove generazioni e nella forza creativa che può derivare dell’entusiasmo delle giovani leve. Un approccio raro nel nostro Paese e in questo periodo storico.
Serve un grande cambiamento per costruire una società più giusta e compiutamente democratica, ha detto dal palco di San Giovanni a Roma nel corso della manifestazione dello scorso 16 ottobre il leader della Cgil Maurizio Landini, che ha voluto dedicare la piazza “ai giovani e ai loro sogni”.
Nella fase in cui il Paese sta cercando di mettere le basi di un nuovo percorso di sviluppo, le nuove generazioni hanno bisogno di interlocutori autorevoli e affidabili che aiutino a capire i cambiamenti in atto per riuscire a intravedere un loro ruolo attivo e positivo. Un aspetto di grande rilievo è la loro necessità di orientarsi nella complessità inserendo le proprie scelte formative, professionali e di vita in un contesto più adatto a generare valore personale e collettivo. Saranno in grado la politica e la società adulta di creare le condizioni affinché ciò possa avvenire? I giovani nel Pnrr sono una componente trasversale: non esiste una missione dedicata a loro, ma le misure che li riguardano sono distribuite tra i vari pilastri. Il tempo ci dirà se è stata una scelta positiva o no.
E a proposito di giovani, quelli che hanno contribuito con il loro impegno professionale e politico a “fare l’Italia” (con il non trascurabile timbro di essere stati anche matematici) sono i protagonisti del libro che prende le mosse dagli articoli pubblicati sulle colonne di questo giornale e dedicati alla loro carriera, accademica e politica. Un libro nato adulto, nel senso che non sarà allegato al giornale come i precedenti ma potrà essere acquistato nelle edicole e in libreria.
Buona (doppia) lettura!
Vincenzo Mulè | Direttore responsabile