L’acceleratore di particelle che combatte i tumori più resistenti

L’adroterapia è una forma avanzata di radioterapia che, invece di utilizzare raggi X, impiega protoni e ioni carbonio. Il trattamento dei tumori tramite questa tecnica presuppone l’utilizzo del sincrotrone: un anello di 80 metri con diametro di 25. In tutto il mondo le strutture in grado di erogare questi trattamenti sono solo 6. Una di queste è il Cnao di Pavia

E’ stato Ugo Amaldi, allora fisico delle particelle al Cern di Ginevra, a lanciare nel 1991 il «Progetto Adroterapia». L’obiettivo? Portare in Italia la nuova frontiera della radioterapia: una tecnica all’avanguardia che, per distruggere le cellule tumorali, usa fasci di quelle particelle fatte di quark dette adroni. Non raggi X, dunque, ma protoni e ioni carbonio. E così, di fatto, trent’anni fa Amaldi con la Fondazione Tera ha gettato le basi per la creazione in Italia del Centro Nazionale di Adroterapia Oncologica: un centro avanzato per il trattamento dei tumori, una struttura per la ricerca clinica e l’assistenza medica che è entrata in azione dieci anni fa, nel 2011, e da allora ha offerto trattamenti a circa 3.000 pazienti. Si trova a Pavia. Poco fuori dal Policlinico San Matteo. E i servizi che offre sono inseriti nei Livelli essenziali d’assistenza e quindi sono coperti dal Servizio sanitario nazionale.

 

L’ingresso del Cnao

Chi arriva al Cnao è accolto dalle enormi vetrate che si incastrano in giochi geometrici nell’ingresso principale. Ma il cuore del Centro è il suo sincrotrone di 25 metri di diametro: l’acceleratore di particelle collocato in un bunker di 1.600 metri quadrati. Qui, tra tubi di acciaio e magneti blu che si susseguono nell’anello di 80 metri come grandi mattoncini lego, protoni e ioni carbonio vengono accelerati e percorrono circa 30.000 chilometri in mezzo secondo. A ogni giro, il fascio di particelle accelera ed esce con un’energia maggiore da una specie di galleria rossa, la cavità a radiofrequenza, per essere estratto e impiegato su pazienti pediatrici oppure nella terapia di tumori non operabili perché difficili da raggiungere, vicini a organi critici o resistenti ai tradizionali trattamenti, come per esempio melanomi oculari o tumori dell’encefalo o del fegato: «Servono quasi tre milioni di giri per raggiungere l’energia necessaria» puntualizza Monica Necchi, fisica del Cnao.
Il Cnao può erogare un trattamento più mirato e meno invasivo perché i protoni (nuclei dell’atomo di idrogeno) e gli ioni carbonio (nuclei dell’atomo di carbonio) sono come proiettili più potenti e “intelligenti”, dalle migliori proprietà balistiche. Queste particelle possono essere indirizzate con maggiore precisione sul bersaglio e rilasciano la loro energia solo sulla massa tumorale, preservando i tessuti circostanti molto più di un fascio di raggi X. Il loro uso quindi può fare la differenza se si deve agire in prossimità di cervello, cuore, midollo spinale o su pazienti pediatrici, perché riduce gli effetti collaterali e la probabilità di tumori secondari.

Una sala di trattamento per l’adroterapia al Cnao

Con l’adroterapia il rilascio di energia è modulabile, quindi la distruzione delle cellule tumorali è molto più selettiva, a differenza della radioterapia che, con il fascio di raggi X, irradia anche i tessuti sani circostanti. Questa tecnica consente inoltre di illuminare con precisione millimetrica anche i tumori profondi, che si trovano pure a 25 centimetri sotto la pelle. Solo quando colpiscono le cellule tumorali, gli adroni scaricano tutta loro energia danneggiandone il Dna, quindi distruggendole. «Il Cnao è figlio di Amaldi e del suo progetto visionario di porre la fisica e la tecnologia dei potenti acceleratori di particelle al servizio della medicina», racconta con entusiasmo Necchi, che è arrivata a Pavia dopo anni di ricerca al Cern, sulle tracce del bosone di Higgs. «Ad accompagnare e seguire il paziente durante tutto il percorso è il tecnico di radiologia: dai primi esami di imaging diagnostico alle sedute», racconta la ricercatrice. Ma di fatto, attorno al paziente ruotano diverse professionalità. «Qui lavorano gomito a gomito infermieri, medici radioterapisti, bioingegneri, oncologi, fisici medici in un brainstorming continuo. Il gioco di squadra, in fondo, è la cifra di Cnao».

La sala controllo dove fisici e ingegneri comandano la macchina

Il primo step dell’adroterapia è la Tac: «Questo esame è fondamentale per confezionare su misura la maschera termoplastica che serve a garantire, di seduta in seduta, la precisione millimetrica del trattamento». In pratica, come spiega Necchi, «la ripetibilità della posizione del paziente e la sua immobilità sono fondamentali, per colpire selettivamente solo il bersaglio tumorale e preservare i tessuti sani e gli organi critici che circondano il tumore. Per questo viene realizzata una sorta di calco della zona in cui è localizzato il tumore, con dei fogli di plastica rigida immersi in acqua a 70° che, posizionati sul corpo, ne ricalcano l’anatomia. La maschera servirà di volta in volta per verificare e far mantenere la corretta posizione durante il trattamento che, indicativamente, dura pochi minuti». Per la terapia si scende nel sotterraneo: «Qui, nonostante ci si trovi in un piano interrato e le pareti siano spessissime, per esigenze di radioprotezione, un grande cono di luce irradia luce naturale. E anche i colori tenui contribuiscono a rendere più accoglienti gli spazi destinati ai pazienti». Scesi al livello meno 1, infatti, da un lato c’è il padiglione dedicato all’alta tecnologia, con il sincrotrone e le linee di trasporto dei fasci di particelle, e dall’altro la clinica, con le sale trattamento dove la fisica incontra la medicina: «Qui il paziente si stende su un lettino in fibra di carbonio e grazie alla maschera termoplastica viene praticamente immobilizzato per l’erogazione della terapia».

Le sale trattamento dove i pazienti ricevono le terapie

Il numero di sedute varia a seconda del tumore, della dimensione e della sede, ma dipende anche dal tipo di particella utilizzata. «Un paziente trattato con protonterapia si sottopone mediamente a circa 32-35 sedute: in pratica lo stesso protocollo della radioterapia, perché i protoni a livello biologico hanno lo stesso effetto dei raggi X sulle cellule, sono invece più precisi ed efficaci a livello fisico perché risparmiano i tessuti sani circostanti. Il trattamento è invece più veloce con gli ioni carbonio: può essere concentrato in 16 sedute», quindi con un notevole risparmio di stress per il paziente. Questo perché «gli ioni carbonio sono particelle più pesanti e potenti, in grado di agire anche sulle cellule di quel 10% dei tumori che sono radioresistenti sia ai protoni che ai raggi X». L’energia degli ioni carbonio è infatti superiore, circa 24 volte maggiore di quella dei protoni.
Cnao è il solo centro in Italia dotato di un sincrotrone duale, capace cioè di accelerare sia ioni carbonio che protoni. «Nel mondo ne esistono solo altri 5: due in Germania e gli altri in Giappone, Austria e Cina». Se la pratica clinica con i protoni è iniziata alla fine degli anni Ottanta al Loma Linda University Medicine Center con un sincrotrone costruito al Fermilab (e in Italia è eseguita anche a Trento e Catania), è stato invece il Giappone pioniere nel  trattamento dei tumori con gli ioni carbonio all’Heavy Ion Medical Accelerator Centre, in attività, a Chiba, a sud di Tokyo, dal 1994.
Guardando al futuro, Cnao si prepara a crescere: è in cantiere infatti la realizzazione di una nuova area per una medicina sempre più di precisione e per ricerche a 360°. «Stiamo lavorando all’installazione di un nuovo acceleratore – spiega Necchi – con fascio mobile di protoni che, grazie a una testata rotante, potrà irraggiare in modo più versatile, inviare cioè il fascio di particelle da diverse direzioni, consentendo di ampliare le soluzioni cliniche». Al momento infatti nelle tre sale di trattamento operaive, il fascio è fisso, orizzontale o verticale. «E per scopi di ricerca sarà installato anche un piccolo acceleratore lineare di neutroni per valutare l’efficacia di una tecnica sperimentale (Boron Neutron Capture Therapy, Bnct) per la cura di tumori metastatici». Ma non solo. «Stiamo lavorando anche a una nuova sorgente di ioni per la ricerca clinica e industriale» conclude Necchi. Per esempio, sarà uno strumento a servizio della ricerca aerospaziale poiché consentirà di testare, simulando l’ambiente fortemente radioattivo della nostra galassia, la radioresistenza di nuovi materiali per valutarne l’efficacia protettiva dalle radiazioni cosmiche e quindi l’impiego in future missioni spaziali, «per la realizzazione delle tute degli astronauti o delle navicelle»

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