Cingolani ha riaperto il dibattito sul nucleare. Ma cosa significa nucleare di IV generazione?

A dieci anni dall’ultimo referendum abrogativo post Fukushima, che peraltro ribadiva un No degli italiani già espresso nel 1987, nel nostro Paese si ritorna a parlare di nucleare. A riaprire il tema è stato il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani i primi giorni di settembre, durante il convegno di Italia Viva dal titolo “Meritare l’Europa”. Guardando agli obiettivi del Grean Deal – insieme di iniziative politiche proposte dalla Commissione europea con l’obiettivo generale di raggiungere la neutralità climatica in Europa entro il 2050 – l’Italia dovrebbe ridurre le emissioni di CO2 di almeno il 55% entro il 2030 e azzerarle entro il 2050.

“Serve una transizione con la decarbonizzazione e il freno alla produzione di CO2, ma che dia tempo alla società di adeguarsi a queste trasformazioni. Non si può ridurre la CO2 chiudendo da domani le fabbriche di auto, mettendo sul lastrico milioni di famiglie” ha detto Cingolani “Il passaggio deve essere sostenibile, sennò non si muore di inquinamento, ma di fame”.

Per il ministro sarebbe assurdo non prendere in considerazione le nuove tecnologie che si stanno studiando e sviluppando negli ultimi anni. Si sta parlando sempre di più di reattori nucleari di IV generazione, senza uranio arricchito e acqua pesante per il raffreddamento. Si tratta di piccoli reattori modulari (Small Modular Reactors), ovvero reattori a fissione nucleare che sono delle dimensioni di una frazione dei reattori convenzionali. Possono essere fabbricati in uno stabilimento e trasportati in un sito per l’installazione. I reattori modulari riducono la costruzione in loco, aumentano l’efficienza di contenimento e migliorano la sicurezza. La maggiore sicurezza deriva dall’utilizzo di dispositivi di sicurezza passiva che operano senza l’intervento umano. I SMR, che producono 340-350 MW (una centrale nucleare tradizionale arriva a 1600 MW), possono essere impiegati in vari ambiti, come la produzione di calore e di elettricità.

Questa tecnologia non è nuova, in quanto i SMR vengono già impiegati nei motori dei sommergibili e delle navi nucleari. Ne esistono di vari tipi e tecnologie, ma il tratto comune è che sono piccoli e compatti: in pratica, dei cilindri di metallo grandi come un paio di container, che contengono il nocciolo col combustibile e il generatore di vapore. All’interno il calore del nocciolo trasforma l’acqua in vapore, che aziona una turbina esterna e un alternatore che produce energia. L’acqua una volta raffreddata, rientra nel mini-reattore e ricomincia il ciclo.

Ora, si sta studiando il modo di replicare questa tecnologia su larga scala. Ma ciò che più interessa a Cingolani sono proprio i vantaggi che questo nuovo reattore potrebbe portare rispetto alle centrali tradizionali. In primis migliorare la sicurezza nucleare attraverso una consistente progettazione, ridurre la produzione di scorie nucleari, sottrarsi alla proliferazione nucleare (uso militare), minimizzare gli sprechi e l’utilizzo di risorse naturali, diminuire i costi di costruzione e di esercizio di tali impianti e infine ma non per importanza la sostenibilità come capacità di soddisfare le esigenze attuali, rafforzando nel contempo la capacità di approvvigionamento delle future generazioni a tempo indeterminato.

La ricerca sulla IV generazione è stata promossa dal Forum Internazionale GIF (Generation IV International Forum) fondata nel 2000 dal Dipartimento dell’energia degli Stati Uniti D’America e a cui hanno aderito alcuni paesi. Al momento ci sono una ventina di progetti di SMR in fase di realizzazione nel mondo, in Cina, in Russia, ma anche già operativi. Ad esempio, in Siberia, nella regione di Chukotka, è attivo un mini-reattore capace di produrre una potenza complessiva di 70 MW per 26 000 ore continuative senza rifornimento di combustibile. In Argentina è stato avviato un altro progetto di nome Carem che consiste in un reattore ad acqua leggera.

Una società con sede a Londra, Newcleo, ha ottenuto un finanziamento di cento milioni di euro con un progetto italiano per lo sviluppo di una nuova tecnologia per l’energia nucleare pulita e sicura. Guidata dal fisico Stefano Buono, Newcleo mira inizialmente a sviluppare piccoli reattori da 20 MW rivolti ad esempio ai trasporti marini. Entro un decennio punta a versioni da 200 MW capaci di alimentare le reti elettriche nazionali. Ma quello che desta preoccupazione e vari dubbi sono la possibilità di replicare questi modelli su larga scala, la sicurezza dal punto di vista ambientale e gli elevati costi di realizzazione di questi impianti che sono troppo alti per le compagnie energetiche private e che quindi andrebbero utilizzati i fondi statali.

Si sta, inoltre, facendo molta ricerca sui reattori a fusione, radicalmente diversi dai soliti reattori, basati sul principio fisico opposto, cioè l’unione di nuclei atomici anziché la loro divisione, per i quali però non si può prevedere una data poiché sulla Terra non si è ancora riusciti a controllare tale reazione per tempi prolungati. Il combustibile, l’idrogeno, è uno dei vantaggi derivanti dall’uso di questa tecnologia, che è praticamente inesauribile ed è a disposizione di tutte le nazioni che abbiano uno sbocco sul mare; altri punti a suo favore sono l’impossibilità di incidenti come quello di Cernobyl in quanto il reattore non contiene sostanze radioattive come l’uranio o le scorie di fissione, nessun prodotto chimico da combustione, il basso livello di radioattività residua e di produzione di sostanze con breve vita media e infine l’impossibilità di utilizzo dei reattori per la produzione di materiale per scopi bellici o terroristici.

Sfortunatamente, malgrado l’ottimismo generatosi negli anni ‘50 con la previsione di vedere realizzati nell’arco di pochi anni questo tipo di reattori, esistono tuttora notevoli barriere tra le conoscenze scientifiche e le capacità tecnologiche. Tuttavia, in Germania è stato avviato un Stellarator con successo e a Cadarache, nel sud della Francia è stato avviato un progetto di ricerca denominato ITER sostenuto dall’Unione Europea, Cina, Stati Uniti, Corea, India, Giappone e Russia.

Anche l’Italia sta studiando la possibilità di realizzare un reattore sperimentale a fusione nucleare con confinamento magnetico. Il progetto si chiama IGNITOR ed è stato realizzato dall’ENEA, l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile, ma la sua costruzione non è ancora incominciata.

Quella del nucleare resta quindi una questione aperta. Se alcuni osannano i vantaggi del nucleare, non vanno ignorate le obiezioni di chi ne evidenzia gli svantaggi, come il problema legato allo smaltimento delle scorie nucleari. Non sfugge come la bomba mediatica sulle centrali nucleari del futuro sia scoppiata a pochi giorni dall’avvio del Seminario Nazionale per l’individuazione dell’area in cui nascerà il Deposito Nazionale dei rifiuti radioattivi. Già dallo scorso 7 settembre, quando si è tenuta in diretta streaming la sessione plenaria di apertura del Seminario a cura di Sogin (la società pubblica del decomissioning), sono emerse delle polemiche. Si è discusso e si discuteranno fino al 24 novembre le osservazioni arrivate dai territori dove potrebbe sorgere il Deposito e da tutti i soggetti interessati. Al momento la stragrande maggioranza dei Comuni interessati si sono detti fortemente contrari a ospitare l’impianto.

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