Perché le bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki furono così diverse

Pochi tra i non specialisti lo sanno, ma le due bombe nucleari lanciate su Hiroshima e Nagasaki, rispettivamente il 6 e il 9 agosto 1945, furono concepite in modo differente l’una dall’altra. Mentre l’ordigno che colpì Hiroshima era di concezione più semplice e meno problematico, quello che distrusse Nagasaki era stato costruito secondo criteri teorici e tecnologici più avanzati, tanto che fu necessario un test preliminare (quello di Trinity) per confermarne la buona riuscita sul campo.

A Hiroshima l’esplosione avvenne a 580 metri dal suolo per massimizzare l’effetto distruttivo. Si ritiene che l’onda d’urto provocata dalla fissione del nucleo, assieme alle radiazioni liberate, abbiano ucciso istantaneamente tutta la popolazione residente in un raggio di 500 metri dall’ipocentro: circa 66-78.000 persone, a cui se ne aggiunsero altre 30-60.000 negli anni successivi a causa delle ferite riportate e, in misura minore, delle radiazioni (si stima in 1.900 il numero di persone decedute per malattie legate alla radioattività).

Little Boy, questo il soprannome dato alla bomba di Hiroshima a causa della sua forma longilinea, era lunga tre metri ed aveva un diametro di 71 centimetri. La parte fissile era composta da due masse di uranio-235 arricchito, rispettivamente del peso di 38.530 e 25.600 grammi, poste alle estremità opposte dell’involucro. Una, quella di massa maggiore, avrebbe funto da proiettile e, spinta da una esplosione convenzionale, avrebbe raggiunto la seconda massa di uranio, il bersaglio, iniziando la reazione di fissione.

La potenza della bomba è stata stimata in 16 chilotoni (un chilotone è l’energia liberata dall’esplosione di mille tonnellate di tritolo).

La bomba esplosa a Nagasaki utilizzava plutonio-239. Chiamata Fat Man per la sua forma ovoidale, era lunga 2,34 metri con un diametro massimo di 1,52 metri.

Il cuore dell’ordigno era una sfera di 6,19 chilogrammi plutonio di dieci centimetri di diametro avvolta in un contenimento di uranio. Tutto attorno un involucro di trentadue cariche di esplosivo garantiva l’innesco della reazione nucleare comprimendo la sfera di plutonio sino alla sua massa critica.

La bomba venne fatta esplodere a 503 metri di altezza dal suolo su Nagasaki, che era solo un obiettivo di ripiego nel caso il cielo sopra il bersaglio precedentemente scelto, la città di Kokura, fosse coperto da nuvole, come infatti era quel 9 agosto 1945.

Non tutta la massa di plutonio contenuta in Fat Man fissionò; il solo chilogrammo andato in fissione, però, rilasciò una potenza di 21 chilotoni, molto più dell’energia sprigionatasi da Little Boy, ma le montagne che circondano la città di Nagasaki protessero parte della popolazione, limitando le vittime a circa 40.000.

La stessa comunità scientifica statunitense era fortemente divisa sulla necessità di impiegare la fissione nucleare come mezzo per porre termine alla guerra.

Da una parte c’erano scienziati come Albert Einstein, Leo Szilard e Edwar Teller che negavano ogni utilità della bomba nucleare, sebbene avessero partecipato, in vari contesti, al Progetto Manhattan.

Dall’altra si schieravano, pur con importanti distinguo, la maggior parte dei ricercatori coinvolti nel progetto di sviluppo atomico, tra cui lo stesso direttore, Robert Oppenheimer. Famosa rimane la sua frase, tratta dal testo induista Bhagavat Gita, che pensò immediatamente dopo aver assistito al Trinity Test: «Se il raggio di mille soli bruciasse univoco nel cielo, quello sarebbe lo splendore del potentissimo”. Solo anni dopo rivelò che, durante lo stesso esperimento, gli tornò in mente anche la frase ben più citata nella letteratura, sempre tratta dal Bhagavat Gita: “Sono diventato Morte, il distruttore di mondi”.

Al termine della guerra Oppenheimer visse per il resto della sua vita con un tremendo rimorso per le sue responsabilità sulla morte di centinaia di migliaia di persone e per aver innescato la corsa al nucleare. A differenza di Edward Teller, che continuò a lavorare nel campo bellico inventando la bomba all’idrogeno, Oppenheimer rifiutò ogni altra collaborazione con le forze armate. La sua opposizione costò cara allo scienziato ebreo, tanto che nel 1954, a seguito di un’inchiesta fatta sull’onda del Maccartismo, gli fu vietato ogni accesso agli archivi atomici a causa delle passate simpatie comuniste.

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