Libri – Marco Alberio e Fabio Berti (a cura di), “Italiani che lasciano l’Italia”

 

Nel nostro Paese, terra di frontiera, l’esperienza dell’emigrazione nelle sue diverse forme non si è mai esaurita e, anche a causa delle conseguenze della crisi economica iniziata nel 2009, oggi è tornata ad essere un fenomeno “di massa”

Inutile girarci intorno, cercare di nasconderlo o forzarne la lettura in un senso piuttosto che in un altro: l’Italia è terra di migranti, e lo è sempre stata. E anche se negli ultimi decenni l’attenzione – a livello politico e mediatico – si è concentrata soprattutto sull’immigrazione in ingresso, l’esperienza dell’emigrazione non si è mai esaurita e, anche a causa delle conseguenze della crisi economica iniziata nel 2009, oggi è tornata ad essere un fenomeno “di massa”. Con il riposizionamento della nostra realtà produttiva dal centro del sistema capitalistico mondiale alla sua attuale semi-periferia, “l’arrivo di lavoratori stranieri che vanno ad inserirsi nei settori a più bassi salari e a più alta intensità di lavoro e la partenza di giovani istruiti alla ricerca di occupazioni di qualità, rappresentano le due facce della stessa medaglia”. Ma il discorso è molto più complesso e risulta fondamentale, per cercare una chiave di lettura del nostro presente, analizzare il fenomeno migratorio nella sua interezza: questa raccolta di saggi, a cura di Marco Alberio e Fabio Berti, offre preziosi spunti di riflessione in questa direzione.

Di che numeri parliamo? Difficile quantificare, ma gli ultimi dati Oecd (2019) mostrano che l’Italia occupa la nona posizione nella graduatoria mondiale dei Paesi di emigrazione. Pur non conoscendo il numero esatto, “è stato calcolato che in 100 anni, tra il 1876 e il 1975, gli italiani emigrati all’estero sono stati oltre 25 milioni. Per avere ancora più chiara la dimensione della migrazione italiana si consideri che nel 1871 gli italiani che vivevano all’estero erano meno del 2% della popolazione complessiva che, all’epoca, ammontava a 26 milioni di persone, nel 1914 erano il 14% e nel 1920 raggiungevano quasi il 25%, con 9 milioni di italiani trasferiti fuori dei confini nazionali. Oggi il numero degli stranieri di origine italiana è impressionante e diventa un ulteriore stimolo per riflettere sulla portata storica e sociale delle emigrazioni italiane: si calcola infatti che i discendenti degli emigranti italiani siano 60 milioni, una cifra equivalente all’insieme degli attuali abitanti dell’Italia”.

Emigranti di tutti i tipi, non solo cervelli ma anche braccia, ovvero persone che lasciano l’Italia per andare a cercare altrove un lavoro anche non qualificato, proprio come accadeva più di un secolo fa al tempo delle grandi migrazioni transoceaniche. Va sfatato il mito che partano solo laureati che non trovano una realtà lavorativa soddisfacente al termine della carriera accademica, partono molti: giovani e meno giovani, frustrati dall’immobilismo di un Paese che non riesce a ripartire. Partono per le più diverse ragioni ed è difficile inquadrarli in categorie sociologiche, per quanto funzionali, come “i delusi/insoddisfatti, gli esploratori, i mobili per indole”.

Forse liberarsi dalla retorica di destra che tende a sottolineare una radicale separazione tra l’emigrazione italiana e l’immigrazione in Italia, con una agiografia della prima che descrive i nostri emigranti come grandi lavoratori, rispettosi dei valori altrui e pronti ad assimilarsi, contrariamente agli immigrati in Italia, così come dalla retorica di sinistra che forza un parallelismo tra la fuga dalla miseria italiana paragonandola alla fuga dalla miseria africana consentirebbe di avere la serenità necessaria per una analisi più oggettiva ed equanime.

Perché soprattutto oggi, in un crescente clima di xenofobia, di nazionalismo protezionistico e antieuropeista che sta mettendo in discussione lo stesso diritto di libera circolazione (che sembra resistere solo per le migrazioni qualificate), diritti umani, identità e integrazione dovrebbero essere i principali, se non gli unici, parametri su cui misurare una realtà così complessa come l’emigrazione.

 

Marco Alberio e Fabio Berti (a cura di)

Italiani che lasciano l’Italia

Mimesis (2020)

pp. 239, € 22

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