Temere l’inverno, aspettare l’estate: perché anche il Covid ha una sua stagionalità

Esiste un effetto stagionale estremamente significativo nella diffusione e gravità del Covid-19 in Italia. A dimostrarlo è un lavoro che si basa su una analisi quantitativa dei dati. Si tratta di uno studio pubblicato sull’International Journal of Environmental research and Public Health a cura, tra gli altri, dell’Istituto di ricerca su innovazione e servizi per lo sviluppo del Cnr. Da questo studio emerge una aggressività del Covid-19 minore nei mesi estivi rispetto al resto dell’anno. I fattori più probabili possono essere individuati nell’effetto fortemente sterilizzante dei raggi solari ultravioletti sul virus e la stagionalità della risposta immunitaria, condizionata dalla maggior produzione di vitamina D. Questi due fattori uniti agiscono efficacemente sulla risposta immunitaria, agendo da importante scudo agli attacchi infiammatori delle citochine.

Nella fase grave, il Covid-19 si comporta essenzialmente come una malattia auto-immune, in cui i danni maggiori agli organi bersaglio, in primis i polmoni, sono generati dalla risposta infiammatoria del sistema immunitario nota come tempesta di citochine. Lorenzo De Natale dell’Università di Napoli osserva come la “marcata stagionalità della pandemia, dimostrata per l’Italia, sembra comune agli altri Paesi europei e potrebbe spiegare la letalità molto bassa riscontrata in paesi caldi e soleggiati, anche in presenza di condizioni igieniche e sistemi sanitari peggiori che nei paesi nord-occidentali”.

I trend di contagi in Italia nel periodo da fine agosto a fine ottobre confermano i risultati dello studio:  da settembre, assieme ai contagi, sono risaliti anche i rapporti tra terapie intensive e casi attivi e tra decessi e casi attivi, nonostante il numero di tamponi costantemente in crescita. Per questo, conclude Coviello, “poiché andiamo incontro all’inverno, bisogna utilizzare adeguate misure di contenimento finché la vaccinazione non eliminerà il problema”.

 

 

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