Errore e pregiudizio

Dopo la maturità, il gioco più in voga tra i professori è stato quello di raccontare gli strafalcioni degli studenti. Ma perché quelli scientifici sembrano sempre meno gravi di quelli umanistici? Il racconto di un membro di commissione lo spiega

Uno spettro si aggirava tra le commissioni d’esame della maturità nei licei scientifici. Questo spettro era la scienza. Mi spiego. Gli studenti ne dicono di cose assurde all’esame di maturità. Alcune sono castronerie molto gravi: per esempio il fascismo che va al potere prima del 1915 o Kafka che improvvisamente diventa siciliano (giuro, entrambe di quest’anno). Sono gravi, lo ribadisco. Di una gravità inaudita, ma ve ne racconterò un’altra: pensate, uno studente ha detto che la forza elettromotrice è una forza. Un momento. Percepisco della perplessità: non vi sembra una castroneria? Magari provo a spiegarla meglio. L’espressione f.e.m., forza elettromotrice appunto, è sinonimo di potenziale elettrico, ovvero di generatore di un circuito. Come dite? Troppo tecnico? Va bene, allora vi racconto un’altra castroneria. Uno studente ha detto che in un materiale la luce ha velocità maggiore che la luce nel vuoto. Ancora perplessi? Ok, provo a spiegare anche questa: la luce nel vuoto viaggia a 300 mila km/s mentre in un qualsiasi materiale, poiché interagisce con atomi e molecole, viaggia a una velocità minore. Tra l’altro, non conosciamo nulla al momento che possa viaggiare più veloce della luce nel vuoto, quindi è molto grave come affermazione. Ma non vi sento proprio convinti, c’è qualcosa che comunque fa sembrare il Kafka siciliano un errore più grave. Vi dirò la verità, e ve la dirò da insegnante di fisica: ho percepito anch’io questa disparità.

Come mai? Molto spesso la risposta è nella vita quotidiana. Capita più spesso che qualcuno si vanti di non saper risolvere le equazioni o capita più spesso che qualcuno si vanti di non leggere neanche un libro? Capita più spesso che qualcuno dica “troppi numeri, già mi frigge il cervello” e “non sono mai stato bravo in matematica e fisica, mai capito nulla” oppure che qualcuno dica “non sapevo che Nel mezzo del cammin di nostra vita fosse l’inizio della Divina Commedia di Dante?”. Ci siamo capiti, forse. In Italia non sapere nulla di matematica e fisica è universalmente accettato come un difetto ammissibile. Guai però a non sapere che la ginestra di Leopardi era quella del Vesuvio, mentre sulla differenza tra nucleo e atomo possiamo chiudere un occhio. Naturalmente non vorrei mai che accadesse il contrario e che la parte scientifica surclassasse quella umanistica, ci mancherebbe altro. Qui stiamo parlando di parti ugualmente fondamentali dello scibile umano. Il punto che voglio sottolineare è la necessità di smetterla di considerare gli errori matematico-fisici meno importanti di quelli di letteratura.

Non credo di esagerare se provo ad azzardare che questo atteggiamento non è il risultato ma la causa di tutti i gravi mali della cultura scientifica in Italia. Come tutte le cose, colto il problema e compreso il conflitto che c’è dietro, è necessario agire per impostare non una nuova supremazia ma una nuova sinergia. Noi insegnanti di materie scientifiche dovremmo rivedere le nostre strategie e metodologie: è evidente che sono anni che non funzionano se un ex-ministro farebbe addirittura obiezione di coscienza pur di non risolvere le disequazioni. Forse è perché la maggioranza dei docenti di matematica e fisica non insegna le loro materie come parti di un’unica grande materia, la scienza. Considerare matematica, fisica e scienze tre materie separate è esattamente ciò che le fa odiare. Gli studenti pensano di avere tre compartimenti stagni, che si parlano poco e che producono tre voti differenti. Bisogna trovare un modo per fare interagire queste materie, proprio come interagiscono italiano, storia e filosofia. Le tre materie scientifiche devono diventare un unicum in grado di comporre la mentalità scientifica di base, capace, perché no, di aggrapparsi come in un giro di vite proprio alla letteratura, alla storia e alla filosofia. È questo il salto di qualità richiesto: la cultura scientifica è trascurata perché non siamo in grado di creare contenuti trasversali. Se il sistema educativo non riesce a rendere sistematico l’approccio scientifico, allora non ce la potremo mai fare.

Di questi tempi, e in questo senso, mi sembra inutile attendere una riforma scolastica. Non sono solito dare consigli sul fai da te, ma in questa fase onestamente mi sembra molto meglio che in ogni classe i docenti di queste tre materie rielaborino programmi e competenze. Lo dico io che in fondo poi sono solo un docente pivello: dobbiamo osare, caspita, sì che dobbiamo. Focalizziamo la nostra attenzione sulla formazione scientifica e non sulla conoscenza del singolo argomento. Quando gli studenti non sanno quale sia il contributo di Faraday alla scienza, non stanno solo ignorando una precisa casella di conoscenza: ignorano una domanda che non si sono posti e che noi docenti non siamo stati in grado di rendere evidente.

Questa è la vera sfida di chi insegna scienze, fisica e matematica.

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