La lezione di Rodari e la Giornata mondiale degli insegnanti

«Oggi è il momento di riconoscere il ruolo degli insegnanti nel garantire che una generazione di studenti possa raggiungere il suo pieno potenziale, e l’importanza dell’educazione per la crescita economica e la coesione sociale durante e dopo la pandemia. Oggi è il momento di immaginare nuovamente l’educazione e raggiungere la nostra visione di uguaglianza di accesso per tutti i bambini e le bambine a un’educazione di qualità».

Oggi, 5 ottobre, è la giornata mondiale degli insegnanti e il virgolettato che avete letto in apertura è come l’Unesco ha inteso il tema di quest’anno che è “Insegnanti: gestire una crisi e immaginare un altro futuro”. Uno spunto legato esplicitamente alle difficoltà degli insegnanti di tutto il mondo a lavorare durante la pandemia da coronavirus. Come hanno fatto le due autrici dell’articolo che segue.

 

È una domenica di fine febbraio, stiamo lentamente scivolando fuori dall’inverno, anzi è imminente una breve vacanza in occasione del Carnevale, ma l’atmosfera è turbata da un rimbalzare di notizie contrastanti e preoccupanti. Un virus sconosciuto, relegato da alcune settimane  in un paese molto lontano da noi e del quale ci siamo sentiti al sicuro e immuni, sembra essere approdato anche da noi, Nel pomeriggio di domenica qualcuno comincia ad affermare che le scuole chiudono e in serata arriva la conferma: un Dpcm, il primo di una lunga serie che nessuno mai avrebbe immaginato, decreta “la sospensione dei servizi educativi dell’infanzia e delle scuole di ogni ordine e grado”.

Nella prima decade di marzo la DaD, la didattica a distanza, diventa realtà. Tutte le scuole si attivano e si muovono con modalità e ritmi diversi dovuti alla competenze di dirigenti, animatori digitali, segreterie, ma soprattutto docenti.

E adesso? Come posso continuare ad insegnare la matematica nella stessa modalità che adottavo in classe?

Cosa posso inventarmi per non rinunciare alle mie convinzioni didattico-pedagogiche che danno molto spazio alla didattica attiva, dove il laboratorio, il lavoro cooperativo sono gli elementi cardini? Come fare? Mi viene in aiuto Gianni Rodari, proprio lui e proprio quest’anno in cui ricorre il centenario della sua nascita

In Favole al telefono “il protagonista è il ragionier Bianchi, di Varese, rappresentante farmaceutico in giro per l’Italia condannato ad un settimanale pendolarismo, interrotto soltanto la domenica. Ogni sera, alle nove in punto, raccontava una favola al telefono alla figlioletta che non riusciva a dormire. Le storie toccavano il cuore, al punto tale che le centraliniste interrompevano il loro lavoro per ascoltarle”.

In una novella Rodari scrive:

“Inventiamo dei numeri?”

“Inventiamoli, comincio io. Quasi uno, quasi due, quasi tre, quasi quattro, quasi cinque, quasi sei”.

“È troppo poco. Senti questi: uno stramilione di biliardoni, un ottone di millantoni, un meravigliardo e un meraviglione”.

Perché no?

Perché non inventare un meraviglione di problemi da proporre al telefono ai propri alunni quando non potendo essere presenti in classe ci si prefigge il traguardo di sviluppare la loro capacità di utilizzare e/o interpretare il linguaggio matematico con l’obiettivo di coglierne il rapporto col linguaggio naturale?

E allora…via si parte con i problemi al telefono! E i ragazzi come lavorano? I ragazzi cominciano ad inviarvi video, in cui si riprendono e argomentano le loro risposte, espongono i loro processi (non li chiamano così, perché per noi docenti dono opportunità per visionarli in questa prospettiva e raccogliere informazioni utili per una valutazione di tipo formativo).

In un momento in sincrono le soluzioni vengono discusse dibattute confrontate e il processo della co-costruzione si sviluppa passo dopo passo. Ma ci sono anche “stanze” virtuali dove gli alunni possono lavorare insieme a gruppi e in questi momenti  si propongono spazi di didattica laboratoriale, anche se in parte limitata dalla distanza. E Rodari ha suggerito un’altra idea: al “telefono”, sostituito da webcam, gli studenti ascoltano solo l’audio della loro docente con la quale legge una consegna:

“Cari ragazzi se dovessi disegnare alla lavagna e voi riprodurre sul quadernone una retta orizzontale che vada da una parte all’altra e segnare un punto a metà e chiamarlo 0 e poi segnare sia a destra che a sinistra, dopo dieci quadretti, altri due punti indicandoli con il valore più uno, quello a destra e meno uno quello a sinistra e in seguito sistemare le frazioni più due quinti, meno quattro quinti, più un quarto e meno tre quarti e poi sistemare più zero virgola venticinque e meno zero virgola otto che cosa…..”

E qui si interrompe momentaneamente la comunicazione, ma poi ci si vede in sincrono e… “Avete sistemato tutto?”

Rispondono di essere riusciti, ma che forse c’è qualche errore nella dettatura perché “viene fuori una cosa strana”.

“Perché no?”

Si passa dalla consegna in sincrono alla risoluzione e poi al confronto collettivo con argomentazione dei risultati.

La proposta diventa poi una sfida e ciascuno inventa problemi da porre ai compagni.

E la matematica torna ad essere divertente, sfidante, torna a lasciare spazio alla creatività, al lavoro cooperativo, in attesa di un ritorno in classe, ancora faticoso, per le restrizioni imposte dall’emergenza sanitaria, ma dove gli alunni non sono più francobolli su un monitor, ma persone in carne ed ossa, dotate di intelligenza e bisognose di relazioni, pronti ad apprendere e crescere insieme.

 

 

 

 

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