Nei giorni scorsi ha attirato la mia attenzione un articolo del professor Carlo Sini sul Corriere della Sera, che spezza una lancia a favore della “scuola vera”. La sua “lancia” si inserisce in quella campagna secondo la quale bisogna combattere la presenza totalizzante della scienza a scuola e nella società, perché andrebbe a discapito di una formazione complessiva, attenta alle questioni fondamentali dell’essere umano. Vuole, in una sola parola, una scuola umanistica (filosofica?).
Quello della scienza a scuola è un tema piuttosto discusso sui media in questo momento, e mi sembra importante non sottovalutarlo. Non perché sia un attacco alla corporazione degli scienziati, o dei matematici in particolare, ma perché ci dice implicitamente che non siamo convincenti quando parliamo della scienza come di un elemento di quella cultura che magari, senza essere umanistica, è però decisamente… umana.
L’impressione che insegnare per competenze o scrivere di ricerche scientifiche sia un rinunciare a formare persone “totali” l’abbiamo costruita noi. Evidentemente, Prisma non è ancora una lettura conosciuta o amata da chi inorridirebbe se fosse scambiato per uno scienziato…
Al di là della facile battuta, anche l’immagine che diamo della matematica è più quella di una tecnica (della quale ci si può disinteressare, basta che funzioni) che quella di una lettura del mondo che partecipa della lettura globale; più quella di una via segnata (da chi?) che quella di un modo per aprire nuove vie alla comprensione, alla capacità di fare scelte autonome e responsabili, non scappando dalle regole ma evitando di farsene ingabbiare.
Fare matematica vuol dire pensare e questa è l’attività per la quale siamo nati (O almeno così diceva la mia prof di matematica alle medie). E di pensiero mi sembra che ci sia un gran bisogno, anche in questo momento di slogan e sguardo rivolto solo all’hic et nunc.
Simonetta Di Sieno