In questo periodo sono andata via via segnandomi i temi che la quotidianità portava all’evidenza: dalle osservazioni sulle competenze dei nostri ragazzi nelle diverse discipline (la rilevazione della scarsa capacità in matematica di molti bambini e adolescenti richiama sempre più spesso l’attenzione dei media) ai numeri usati come garanzia di correttezza per comunicazioni in realtà truffaldine (lo dicono i numeri… è la frase più spesso usata per tacitare ogni obiezione). Ma non riuscivo ad appassionarmi.
Sono temi che non possiamo certo ritenere nuovi, almeno per noi che di matematica ci interessiamo. L’analfabetismo matematico del Paese Italia non ci stupisce. Basta stare a sentire quello che dicono anche le persone più insospettabili sugli autobus, al bar o alla televisione. C’è un ampio materiale per le “snumeratezze” che dal prossimo numero costelleranno qua e là Prisma, un po’ per far sorriderci e un po’ per sorprendere il lettore che non ci ha mai pensato. Anche il fatto che siamo noi a fare le domande ai numeri e che i numeri di per sé non sono né onesti né disonesti lo sappiamo fin da quando abbiamo cominciato a “lavorare” – qualunque cosa ciò voglia dire – con la matematica.
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Allora, perché vi scrivo? Perché ieri ho avuto modo di riprendere i contatti con un gruppo di persone che avevano seguito l’avventura di XlaTangente, una rivista ormai chiusa di matematica per studenti, e ne ho tratto la conferma che, anche senza raccontarcelo troppo spesso, siamo in tanti a darci da fare per ricordare al pubblico quale insostituibile contributo la matematica dà (o potrebbe dare) alla costruzione di una società migliore. Il fatto è che spesso lavoriamo ognuno nel proprio ambito e… non facciamo rete.
ABBONAMENTO CON LA CARTA DEL DOCENTE
I vecchi lettori di XlaTangente non hanno smesso né di insegnare e proporre la matematica come strumento per risolvere problemi, né di scrivere o raccontare le idee che attraversano il pensiero matematico, ma forse non sono riconosciuti come una presenza consapevole e caratterizzata. Mi piacerebbe allora usare Prisma come un modo per avviare la costruzione di questa massa critica, portandola a conoscenza della pubblica opinione.
Se i matematici che professionalmente sono dappertutto – nelle industrie, nel mondo dei servizi e in quello della scuola, nelle case di moda e nei teatri – si riconoscessero come intellettuali che hanno una base comune, forse avrebbero una maggiore possibilità di introdurre più elementi di razionalità nel vivere comune.
Essere “amici di Prisma” potrebbe diventare un modo per dare al nostro impegno una capacità più generale di incidere.
Che ne dite?
Simonetta Di Sieno