È notizia freschissima che finalmente il Premio Abel (un premio alla carriera, si direbbe, se fossimo in ambito cinematografico) è stato dato a una matematica, Karen Uhlenbeck di Cleveland negli Stati Uniti, una ricercatrice che fra l’altro si è impegnata a costruire occasioni che rendano possibile alle donne continuare a fare ricerca durante tutta la loro carriera. Ma non è il suo essere donna che mi ha colpito: l’ondata femminile sta avanzando meno lentamente di qualche tempo fa in molti campi.
Quello che mi ha colpito è il suo cognome. Non è difficile immaginare che i suoi antenati siano arrivati negli Stati Uniti insieme a tanti altri tedeschi da Hannover o da Amburgo: in fin dei conti, la stragrande maggioranza degli americani è discendente di immigrati, o sono immigrati loro stessi, e gli americani di origine tedesca non soltanto rappresentano il gruppo dominante in gran parte del Paese, ma sono anche il più grande singolo gruppo etnico: più di 49 milioni.
E così la sua storia è una ennesima conferma del fatto che se una società ha bisogno (e ne ha bisogno senza dubbio) dei veri talenti, dei ricercatori eccezionali o più semplicemente di quelli normalmente bravi, non può cercarli a confini chiusi, fra i figli dei vicini di quartiere, ma ha fisiologicamente bisogno di aprire le porte ai molti, ai lontani.
BIOGRAFIA ACCADEMICA DI KARN UHLENBECK (PDF)
Ho appena finito di scrivere un pezzo per il prossimo numero di Prisma sulla figura di Leonardo e mi era già sembrato un esempio di quanto la cultura non si possa chiudere nei confini di casa nostra, ma questa notizia penso dia a tutti noi, in particolare a chi ha a che fare con i nostri faticosissimi ragazzi di cento provenienze, la forza di continuare a reggere la sfida che il tenere aperte le porte e le intelligenze ci pone.
Buon giornata!
Simonetta Di Sieno