Stile libero – Che programmi hai?

Nel dopoguerra c’erano i programmi scolastici: una sorta di sintesi per titoli degli argomenti, disciplina per disciplina, da svolgere nel corso degli anni. E a partire dai quali sincerarsi, tramite interrogazioni e verifiche, del livello di assimilazione dei contenuti. Sapevi le formule degli idrocarburi? Sapevi la dialettica servo-padrone? Sapevi la trama del Piacere di D’Annunzio? In realtà cosa dovesse contenere esattamente il programma e quindi la testa dello studente, se ci pensiamo, non era per niente definito. La Prima guerra mondiale può essere riassunta in una paginetta o riempire di tomi un’intera biblioteca. Che cosa significa “fare la Prima guerra mondiale”? Chi lo decideva erano i libri di testo. Dovevi imparare quello che c’era scritto lì. Il livello di dettaglio o di approfondimento delle materie si evinceva dai contenuti del manuale o dai riassunti striminziti e incomprensibili dei vari bignamini, come limite minimale per i più cialtroni.
In realtà, già dagli anni Settanta con la programmazione didattica e soprattutto alla fine degli anni Novanta con l’autonomia scolastica si è passati dal concetto di programma come elenco di contenuti obbligatori a un’offerta formativa che ha come protagonista la scuola e come focus lo studente.
Due ministre, entrambe in governi Berlusconi, presidiano i passi successivi dopo il varo dell’autonomia: la ministra Moratti comincia a formulare la sua riforma che resta incompiuta; poi l’assetto viene modificato e completato dalla ministra Gelmini con l’emanazione nel 2010 delle Indicazioni nazionali per le scuole superiori, che non elencano contenuti ma propongono al recepimento degli insegnanti un profilo in uscita (il Pecup) declinato in competenze.
Le indicazioni per la scuola primaria e media seguono nel 2012 e vengono modificate nel 2018. Nel corso degli anni, un poderoso fuoco di fila tradizionalista e nostalgico ha preso di mira la didattica per competenze, assegnando a Don Milani, al Sessantotto, alla caduta dei programmi incardinati sui saperi, alla perdita del centralismo prescrittivo e a una collezione di analoghi spettri che si aggirano per la scuola italiana, il suo degrado. In un’intervista il ministro Valditara annunciava “una scuola più seria” e nuove indicazioni nazionali, a partite dalla primaria per poi passare alle superiori.
Adesso le Indicazioni sono uscite, e ufficiale o ufficioso, seguirà il dibattito. Ma sempre Indicazioni sono, almeno nel titolo, anche se i giornali e l’opposizione parlano di Programmi. Quindi, indicative e non prescrittive. Non resta che leggerle e farsi un’idea.

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