Davvero gli alunni odiano la matematica?

Perché ancora nel 2025 la matematica risulta essere una delle materie scolastiche più odiata dai ragazzi?

A questa domanda ha provato a rispondere uno studio guidato dalla ricercatrice Jelena Radišić indagando in particolare se il sistema scolastico nel quale gli studenti sono inseriti influisce o meno sulla percezione che hanno della propria capacità matematica, cercando di capire come mai molti perdono motivazione nello studio o non riescono a ottenere risultati soddisfacenti, tanto che crescendo la matematica tende a piacere sempre meno.

Matematica e identità: perché sentirsi “una persona di matematica” fa davvero la differenza

Perché alcuni studenti amano la matematica mentre altri la evitano come un’equazione complicata? Secondo lo studio europeo MATHMot (2020–2024), la risposta potrebbe trovarsi in un concetto fondamentale ma spesso trascurato: l’identità matematica.

Guidato dalla ricercatrice Jelena Radišić, il progetto ha coinvolto 50 scuole per ciascuno dei sei Paesi europei (Norvegia, Svezia, Estonia, Finlandia, Portogallo e Serbia) e, combinando metodi quantitativi e qualitativi, ha indagato in che modo la motivazione degli studenti dagli 8 ai 10 anni di età fosse connessa alle proprie performance scolastiche e influenzata dall’ambiente e dai giudizi di genitori e professori.

I risultati sono stati molto interessanti e li riportiamo qui in breve.

Più apprendono, meno sono motivati? Una delle scoperte principali è che gli studenti di quarta elementare risultano meno motivati rispetto a quelli di terza, nonostante abbiano più competenze. Come mai? Secondo Radišić, tutto ruota intorno a come i bambini percepiscono sé stessi in relazione alla matematica: “La convinzione di essere bravi o meno in matematica incide profondamente sulla voglia di continuare ad apprendere”.

Chi si sente “persona di matematica” è più coinvolto Avere un’identità matematica significa riconoscersi in quell’ambito, sentirsi parte del “mondo della matematica”. I bambini che si identificano così non solo ottengono risultati migliori, ma affrontano i problemi con più piacere e applicano la matematica alla vita quotidiana. Interessante notare che, in Norvegia, questa identità si basa più sull’interesse genuino che sui voti. Tuttavia, nei sistemi scolastici dove i voti arrivano presto, l’autopercezione degli studenti dipende più fortemente dalle prestazioni accademiche.

Un’identità plasmata anche dalla cultura Lo studio rivela anche che l’identità matematica non si forma nel vuoto: influiscono le aspettative sociali, gli insegnanti e persino l’atteggiamento dei genitori. Ad esempio, quando gli adulti presentano la matematica come stimolante e utile, i bambini tendono a viverla allo stesso modo. Al contrario, commenti del tipo “è troppo difficile” possono ridurre drasticamente la motivazione e i risultati.

Cosa possono fare insegnanti e genitori? Il progetto ha sviluppato materiali pratici per gli educatori, sottolineando l’importanza di valorizzare le esperienze personali degli studenti e incoraggiarli a vedere la matematica nella loro quotidianità. Anche condividere esperienze tra colleghi si è rivelato utile per migliorare l’approccio didattico.

Radišić riassume così: “La motivazione è un motore per l’apprendimento a lungo termine. Coltivare l’identità matematica significa dare ai bambini un carburante duraturo”.

Vogliamo concludere con una nota positiva a favore della matematica, infatti, secondo il Report GoStudent 2025, che ha coinvolto più di 11.000 partecipanti tra studenti, docenti e genitori in sei Paesi europei (Italia, Spagna, Germania, Austria, Francia e Regno Unito), la Matematica emerge come la materia preferita dal 19% degli studenti e il rapporto con il docente si rivela un fattore determinante, infatti Il 15% degli intervistati indica il docente di Matematica come quello preferito.

Insomma una buona notizia per una materia così spesso ostracizzata.

Una risposta

  1. Grazie Silvia!
    Sempre più i nostri ragazzi necessitano di essere motivati e di essere spinti a vedere la difficoltà come uno stimolo per migliorarsi e non come un ostacolo insormontabile davanti a cui arrendersi.
    La soddisfazione di riuscire poi è impagabile e fa parte del percorso di diventare grandi.

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