Oltre una matematica di genere

L’educazione matematica è un diritto di tutti, ma purtroppo non tutti accedono alla materia allo stesso modo. In particolare, le differenze di genere continuano a rappresentare un ostacolo significativo, soprattutto in alcuni contesti scolastici: in Italia ad esempio – i numeri parlano chiaro – i ragazzi ottengono risultati più alti delle ragazze nelle prove standardizzate. Perché?

Le prove PISA, rivolte a studenti quindicenni di tutto il mondo, mostrano che il gender gap in matematica è tendenzialmente a favore dei maschi, ed è statisticamente significativo in molti Paesi. L’Italia, come detto, registra uno dei divari più marcati: i ragazzi ottengono risultati superiori alla media OCSE, mentre le ragazze si posizionano ben al di sotto.

Secondo una ricerca recentemente apparsa sulla rivista Nature (l’11 giugno), coordinata dalla neuroscienziata Pauline Martinot del Commissariato per l’energia atomica e le energie alternative (CEA) di Parigi, il divario di genere in matematica tra bambine e bambini emerge già nei primissimi mesi della scuola primaria. Infatti lo studio condotto tra il 2018 e il 2021 in Francia su circa tre milioni di alunni di età tra i 5 e i 7 anni ha mostrato che all’inizio del percorso scolastico le competenze sono equivalenti ma, già alla fine del primo anno, il divario a favore dei maschi è stabile e statisticamente significativo.

Gli autori dello studio indicano l’ambiente scolastico come il fattore determinante: a incidere sono soprattutto gli stereotipi di genere, che vengono trasmessi anche involontariamente da adulti e insegnanti. La società, con le sue narrazioni implicite, gioca un ruolo cruciale. Gli stereotipi di genere sono radicati fin dall’infanzia: lo “scienziato” è spesso disegnato come uomo, mentre l’insegnante è rappresentata come donna. Queste immagini si traducono in aspettative diverse, influenzando autostima e percorsi scolastici. Anche la famiglia e il contesto scolastico contribuiscono: spesso gli insegnanti (inconsapevolmente) considerano gli alunni maschi più intuitivi e brillanti, mentre descrivono le ragazze come diligenti, precise e attente. L’idea che una ragazza “debba” impegnarsi di più per ottenere gli stessi risultati non è solo ingiusta, ma è dannosa perché può generare insicurezza e ansia da prestazione scolastica che nei primi anni di scuola hanno un impatto fortissimo sulla costruzione dell’identità e del rapporto con le discipline.

I dati, anche in Italia, confermano che le ragazze manifestano livelli più alti di ansia in matematica e una minore fiducia nelle proprie capacità. Questo si traduce in un atteggiamento più cauto e meno proattivo, soprattutto con il passaggio alla scuola secondaria dove la percezione di poter influenzare il proprio apprendimento cala in modo drastico, soprattutto tra le ragazze.

Perfino le strategie di risoluzione dei problemi differiscono: le ragazze si affidano di più a regole e algoritmi conosciuti, mentre i ragazzi sono spesso più disinvolti nell’osare strategie nuove, anche a costo di sbagliare. Anche la modalità con cui si propone la matematica può contribuire: etichettare fin da subito esercizi, libri e verifiche come “matematica” può attivare idee preconcette su chi è più adatto a emergere.

La soluzione proposta è il ruolo centrale della didattica e dell’insegnante che può essere la figura chiave nel contrastare questo divario. Non basta trasmettere contenuti, è necessario creare spazi di ascolto, dialogo e fiducia.

I ricercatori propongono diverse azioni concrete per rendere la matematica più inclusiva:

  1. ridurre l’ansia da prestazione nei momenti valutativi;
  2. promuovere una partecipazione equilibrata tra bambine e bambini;
  3. valorizzare non solo la rapidità di risposta, ma anche le strategie creative e riflessive;
  4. riconoscere modelli di successo scolastico diversificati, che includano anche approcci non convenzionali al problem solving.

Rendere la matematica accessibile a tutti significa ripensare i criteri con cui si valuta l’abilità e costruire un clima di classe che supporti la fiducia.

Altre soluzioni potrebbero essere:

  • Promuovere una matematica argomentativa: non fatta solo di esercizi ripetitivi, ma capace di stimolare il ragionamento e il confronto tra strategie diverse.
  • Valorizzare l’errore: come occasione di crescita e non come fallimento, superando il mito della perfezione.
  • Sviluppare l’autoefficacia: favorendo esperienze che aiutino gli studenti e le studentesse a sentirsi protagonisti attivi del proprio percorso.
  • Utilizzare attività laboratoriali e didattiche inclusive, che mettano in discussione le prassi tradizionali e stimolino la creatività.

Insegnare una matematica garantendo pari opportunità nell’apprendimento matematico non è una questione solo di giustizia, ma anche di futuro, perché una società che esclude o scoraggia le sue ragazze nell’accesso alla conoscenza scientifica sta di fatto rinunciando alla sua ricchezza più grande: la diversità delle menti e delle prospettive.

Gli insegnanti possono davvero fare la differenza. Promuovere una visione della matematica come disciplina viva, laboratoriale e argomentativa; valorizzare l’errore come occasione di crescita; proporre attività sfidanti, inclusive e relazionali; sostenere l’auto-efficacia degli studenti: sono tutti strumenti concreti per combattere il gender gap.

Non si tratta solo di equità, ma di non sprecare il potenziale umano di intere generazioni!

2 risposte

  1. Articolo molto interessante, con consigli molto utili e ottime strategie da adottare per gli insegnanti di matematica e non solo direi..
    Grazie Silvia!

  2. Bellissimo articolo! Non c’è solo una attenta analisi del perché “la matematica è per maschi”, ma ci sono anche tante proposte concrete per superare le barriere di genere e fare “matematica al femminile”

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