Chi ci segue sa che, se c’è una cosa dalla quale cerchiamo di tenerci alla larga, quella è il protagonismo. Nel nostro caso, avrebbe significato prendere spunto da una notizia per poi porre noi giornalisti in primo piano. E mettere inevitabilmente la notizia in ombra. Pratica deplorevole ma assai diffusa.
Questa volta, però, volevamo fare uno strappo alla regola e raccontare il dietro le quinte di una decisione che da tempo stavamo maturando. Quella di prenderci una pausa di riflessione. Prisma così com’è (con i suoi pregi e i suoi difetti) si ferma qui. Quello che rinascerà (e rinascerà) sarà diverso. Inevitabilmente più maturo. Come chi supera un grande dolore e trova la forza e la capacità di ripartire. E nel farlo, trova anche risorse inaspettate. Mentre ci fermiamo, stiamo già studiando il modo per ripartire. Ma per farlo, sappiamo di avere bisogno di una breve rincorsa. Da qui la decisione di anticipare a giugno e non a luglio la consueta pausa estiva. Per ritrovarci, ci auguriamo, a settembre.
Di questo e di quello che stiamo vivendo e preparando avremmo voluto parlarvi. Ma la cronaca ha avuto il sopravvento. Perché non si può far passare sotto silenzio la scellerata astensione dell’Italia al primo accordo globale per prevenire e affrontare future pandemie. L’onda lunga del finto complottismo e della negazione evidentemente non si è spenta. Così, il nostro Paese – appellandosi a una fantomatica quanto ridicola “sovranità nazionale” – ha scelto di tirarsi indietro e non assumersi la responsabilità di una decisione tanto logica da sembrare scontata. Non c’è nulla di sensato in una decisione che si appella a un principio, quello appunto della sovranità nazionale, che nessuno si è mai sognato di mettere in discussione. Nemmeno il testo dell’accordo.
Ha scritto bene sui social Enrico Bucci: “È difficile trovare un modo più chiaro e più umiliante di sconfessare la propria storia recente. Abbiamo pianto migliaia di morti, abbiamo visto ospedali al collasso, abbiamo vissuto sulla pelle cosa significa non essere preparati. E ora, quando si tratta di mettere la firma su un accordo che non toglie nulla ma può salvare molto, ci chiamiamo fuori”.
Ma che cosa prevede l’accordo? Banalmente di non ripetere il “si salvi chi può” del 2020. I Paesi lavoreranno insieme per prevenire e gestire possibili contagi di massa, condividere informazioni tempestive su nuovi agenti patogeni e collaborare su farmaci, senza imporre vaccinazioni obbligatorie. Un documento nato sull’onda lunga delle ferite lasciate dal Covid-19, che ha messo a nudo le debolezze strutturali della governance sanitaria mondiale. La salute pubblica non può più essere lasciata in balia dei giochi geopolitici. O si agisce insieme, o si fallisce da soli. Come sembra destinato a fare il nostro Paese.
A presto!
Vincenzo Mulè
Direttore responsabile