Marco Polo aveva solo diciassette anni quando partì con il padre e lo zio verso il lontano regno di Kublai Khan. Il padre e lo zio erano commercianti, ma il giovanissimo Marco era probabilmente spinto solo dal desiderio di vedere terre lontane inesplorate e di raccontare le meraviglie che avrebbe visto. Oggi, settecento anni dopo, in che direzione si spingerebbe un ragazzo con lo stesso desiderio? Lo spazio cosmico offre innumerevoli opportunità ad uno spirito esploratore: territori sconosciuti e domande senza risposta. Pochi decenni fa, nello studio dei pianeti, la domanda era se ci fossero altri mondi oltre il confine del sistema solare. Ad oggi, gli astronomi ne hanno scoperti quasi seimila, a un ritmo sempre crescente. Ma già dalla scoperta del primo esopianeta apparve chiaro che i nuovi sistemi erano molto diversi da quelli in orbita intorno al Sole. Il nostro sistema planetario è raro, se non unico, per la sua struttura e perché ospita l’unico pianeta con forme di vita. Oggi la domanda è come ha avuto origine il sistema solare e quanti pianeti simili al nostro esistono nell’universo. Nei prossimi anni, il telescopio europeo Plato osserverà le stelle vicine per provare a dare una risposta a questa domanda. Plato sarà il primo telescopio in grado di rivelare pianeti simili alla Terra intorno a stelle simili al Sole, nella cosiddetta “zona abitabile” (ossia quell’intervallo di distanze dalla stella madre dove un pianeta con atmosfera potrebbe avere acqua liquida sulla superficie). Finora pianeti di tipo terrestre nella “zona abitabile” sono stati trovati solo intorno a stelle nane rosse, stelle più longeve del Sole ma estremamente instabili. Le loro frequenti eruzioni di energia e di materia sterilizzano i pianeti in orbita intorno a loro, come dimostrano le prime osservazioni del JWST, il telescopio spaziale a raggi infrarossi. Plato userà la tecnica dei transiti fotometrici, l’osservazione delle piccole e periodiche diminuzioni di luminosità causate dal passaggio di un pianeta davanti alla sua stella. Sono osservazioni importanti ma che possono darci solo alcune informazioni sui nuovi pianeti. Per saperne di più dovremo usare telescopi di nuova generazione, in grado di osservare direttamente le altre Terre, un obiettivo oltre le possibilità anche del JWST. Le agenzie spaziali statunitense ed europea hanno posto in alta priorità lo sviluppo di tali telescopi spaziali, con l’obiettivo principale di fotografare direttamente pianeti di tipo terrestre e di studiarne l’atmosfera con osservazioni spettroscopiche. Dagli spettri delle loro atmosfere sarà possibile identificare eventuali tracce indirette della vita, come l’ossigeno molecolare e l’ozono (gas indicativi di attività biologica). Un giovane Marco Polo potrebbe spingersi in questi territori oppure essere attratto da una frontiera ancora più lontana: lo studio dell’origine del cosmo. Ad oggi non sappiamo nulla dei primi istanti di vita dell’Universo e di come si sono formate le prime galassie e i primi buchi neri. Tuttavia, nei prossimi anni avremo a disposizione nuovi strumenti per indagare questi problemi. In particolare, avremo rivelatori spaziali di onde gravitazionali in grado di ricevere segnali dalle prime fasi di vita dell’Universo, come LISA (Laser Interferometer Space Antenna), la cui data di lancio è prevista per il 2037. Le onde gravitazionali sono i messaggeri astronomici più puliti dell’Universo oscuro e profondo e promettono di fornirci una visione nuova dell’Universo primordiale perché viaggiano attraverso lo spazio senza subire fenomeni di dispersione o assorbimento. Sono deformazioni dello spazio-tempo che si propagano alla stessa velocità della luce, prodotte dall’accelerazione di enormi quantità di massa. La frontiera più entusiasmante per un giovane Marco Polo potrebbe però essere più vicina nello spazio, nel nostro stesso sistema solare: la ricerca di tracce di vita sulle lune ghiacciate dei pianeti giganti, come Europa (satellite di Giove) ed Encelado (satellite di Saturno). L’osservazione a distanza di geyser su questi corpi celesti ha dimostrato l’esistenza di grandi oceani sotto la crosta di ghiaccio. Questi oceani sono i luoghi più allettanti del sistema solare per la ricerca di vita extraterrestre ma sono per ora irraggiungibili, a centinaia di milioni di chilometri di distanza e sotto spesse coltri di ghiaccio. All’inizio della prossima decade, le missioni Juice e Europa Clipper ci diranno molto di più su Europa e gli altri satelliti di Giove. Il sogno di tutti gli astrobiologi è una missione che ne esplori l’oceano buio: un esempio è il progetto TRIPLE (acronimo di Technologies for Rapid Ice Penetration and Subglacial Lake Exploration) dell’agenzia spaziale tedesca, oggi nelle sue prime fasi di studio. L’idea è quella di costruire una sonda che perfori il ghiaccio di Europa, per poi liberare minuscoli sottomarini (circa 50 centimetri di lunghezza) che esplorino le profondità oscure del mondo ghiacciato. Nei prossimi anni, un prototipo sarà sperimentato sul nostro pianeta, in Antartide: un test entusiasmante in sé stesso. Nessuno sa cosa potremo trovare nei laghi subglaciali dell’Antartide o nell’oceano di Europa. Quello che è certo è che viviamo in un’epoca affascinante per esplorare l’Universo.