“I filosofi finora hanno solo interpretato il mondo in diversi modi; ora si tratta di cambiarlo”. È una delle frasi più famose di Karl Marx e – qualunque giudizio si abbia dell’ideologia a cui è ispirata – bisogna riconoscere che nella sua sintesi folgorante ha segnato un punto di svolta nella storia del pensiero umano. E la scienza? Anche la scienza ha cominciato spiegando il mondo per poi arrivare a modificarlo. L’esempio più appariscente è quello della fisica che, partendo dagli esperimenti di Galileo sulla caduta dei gravi, ha poi costruito la bomba atomica (rivoluzionando anche la chimica con la creazione di isotopi inesistenti in natura). La genetica, una delle scienze più recenti, ha seguito un percorso accelerato: in poco più di un secolo e mezzo è passata dai primi studi di Mendel alla tecnologia Crispr (il “taglia e cuci” del DNA). Il caso limite è quello del biologo Craig Venter: nel 2010 ha annunciato la creazione del primo batterio sintetico, celebrandola con una frase potente che rievoca quella di Marx: “Stiamo passando dalla lettura alla scrittura del codice genetico”. Paradossalmente, l’ultima arrivata è la scienza più antica. Anzi, forse l’unica vera scienza antica: l’astronomia. Già gli egizi e i sumeri avevano studiato geometricamente i movimenti degli astri e Keplero aveva insegnato a leggerli con le equazioni. Le missioni lunari, culmine (finora) dell’esplorazione spaziale umana, non hanno modificato i fenomeni astronomici: al massimo, secondo alcuni studi recenti, avrebbero causato una serie di terremoti (o meglio “lunemoti”) sul nostro satellite. Tutto questo è cambiato nella notte fra il 26 e il 27 settembre 2022, quando la sonda della NASA Dart ha colpito l’asteroide Dimorphos deviandone la traiettoria. Lo scopo della missione era quello di dimostrare che siamo in grado di dirottare un corpo celeste in rotta di collisione con la Terra, in modo da salvarci da un impatto potenzialmente catastrofico (una soluzione già immaginata dalla fantascienza e perfino dai cartoni animati: uno degli esempi più divertenti è l’episodio dei Simpson intitolato La cometa di Bart). Il grande entusiasmo per i risultati concreti dell’esperimento ha però messo in ombra la sua enorme portata teorica: per la prima volta abbiamo modificato un fenomeno astronomico. Immaginiamo un popolo di alieni dotati di conoscenze astronomiche ai limiti dell’onniscienza (se non vogliamo esagerare, possiamo limitarci alla nostra galassia). Ammettiamo anche che questi alieni siano in grado di prevedere i movimenti di tutti i corpi celesti, compresi quelli caotici come le lune di Plutone. Non si sarebbero però accorti né delle nostre bombe atomiche, né dello Sputnik, né dello sbarco sulla Luna (nonostante i lunemoti). Invece, avrebbero registrato la piccola variazione nell’orbita di Dimorphos e ne avrebbero dedotto – per la prima volta – la presenza di una civiltà tecnologica nelle loro vicinanze. Veramente un momento storico. Solo che in realtà non è stata la prima volta. Era già successo, anzi sta succedendo. Ma in questo caso non è voluto. I cambiamenti climatici innescati dalle emissioni antropiche di gas serra stanno provocando la fusione dei ghiacciai: oltre agli effetti più perniciosi – primo fra tutti l’innalzamento del livello del mare – una conseguenza rilevante è lo spostamento di enormi volumi d’acqua dalle zone polari alle latitudini più basse. Il risultato, secondo Mathieu Dumberry del Dipartimento di Fisica dell’Università dell’Alberta (Canada), è il rallentamento della velocità di rotazione della Terra: in base ai suoi calcoli, entro un secolo il fenomeno allungherà la durata del giorno di 1,7 millisecondi. Non siamo arrivati al punto di deviare l’orbita del nostro pianeta (come nel caso di Dimorphos) ma è un’alterazione sufficiente per farci notare – e compatire – dai saggi alieni.