AI: Il futuro non ci spaventa

Credo che le decisioni in campo tecnologico debbano nascere da un processo democratico e non è compito degli scienziati decidere come usare una tecnologia.” A margine di un seminario tenutosi a Napoli lo scorso ottobre, Yann LeCun fornisce la sua chiave di lettura sull’uso dell’Intelligenza artificiale, di cui è considerato uno dei padri. Vincitore del premio Turing nel 2019 per le sue scoperte nell’Ia, LeCun è Silver professor of computer science alla New York University e Chief Ai scientist di Meta, l’azienda proprietaria di Facebook.

Molti temono l’evoluzione dell’Ia. Hanno paura di perderne il controllo. Sono timori giustificati?

Non dobbiamo avere paura dell’Ia. Il suo livello di sviluppo è ancora molto lontano dall’intelligenza umana. Noi crediamo che questi sistemi siano intelligenti perché elaborano fluentemente il linguaggio, mentre in realtà non hanno alcuna comprensione del mondo fisico. Non vi è dubbio, però, che tra qualche decennio avremo macchine intelligenti quanto gli umani. È quella che chiamano Artificial General Intelligence, una definizione sbagliata perché l’intelligenza umana è molto specializzata in modi diversi. Inoltre, anche quando li avremo, questi sistemi lavoreranno per noi e non saranno guidati dagli stessi impulsi degli esseri umani.

È per questo che non ha firmato la richiesta di una moratoria mondiale di sei mesi sull’Ia?

In realtà le lettere sono state due. Quella sulla moratoria è fallita completamente anche perché molti dei firmatari non erano scienziati o ricercatori. La seconda era per spingere a considerare il rischio dell’estinzione umana causata dall’Ia una priorità al pari delle pandemie o della guerra nucleare. Ma è una cosa semplicemente ridicola. Molti scienziati dell’Ia non condividono questa posizione e quelli che la sostengono sono solo un piccolo gruppo, anche se molto rumoroso. Tra di loro c’è anche qualche mio amico. Il punto è che le persone pensano che solo perché un sistema è intelligente voglia dominare il mondo. Ma questo è falso anche all’interno della nostra specie, perché non è il più intelligente tra noi a voler essere un leader. Se fosse così, Einstein sarebbe stato ricco e potente. Gli uomini sono una specie sociale. Il nostro desiderio di dominare gli altri riguarda l’organizzazione della società ed è qualcosa che l’evoluzione ha costruito dentro di noi. L’Ia non potrebbe, con il tempo, apprendere dagli uomini la pulsione al dominio. Queste sono cose che devono essere costruite e messe dentro deliberatamente e noi questo non lo faremo. Sarebbe stupido da parte nostra. Anche immaginare uno scenario nel quale questo accada per caso è completamente assurdo. Non è così che funzionano le cose.

L’uso dell’Ia nei social network in futuro potrebbe costituire una minaccia per la nostra sicurezza?

Dipende da come sarà usata. Quello che facciamo in Meta, ad esempio, è molto diverso da quello che fanno altri. Noi abbiamo un approccio completamente open source ai sistemi di Ia e credo che questa sia l’unica via ragionevole per il futuro perché l’apertura e la condivisione sono gli unici modi per evitare la concentrazione di potere. Alcune aziende, ovviamente, sono contrarie perché perderebbero il controllo ma, alla fine, vincerà il modello open source. È già successo in passato con Internet.

Che impatto avrà l’Ia sull’ambiente?

A livello mondiale, l’energia usata dal settore dell’Information Technology è circa il 6%. Al suo interno il consumo dei data center è il 2% e di questo l’Ia è una piccola frazione. Inoltre, molti data center, come quelli di Meta e Google, sono già carbon neutral. Ritengo quindi che l’Ia sia un’opportunità per l’ambiente perché può portare soluzioni al problema del climate change. È quello che ad esempio stiamo facendo noi della divisione Ia di Meta, assieme al dipartimento di ingegneria chimica della Carnegie Mellon University con l’Open Catalyst Project nel quale utilizziamo l’Ia per scoprire e realizzare nuovi catalizzatori da usare nello stoccaggio delle energie rinnovabili.

C’è il rischio con l’Ia di ritrovarci come Oppenheimer nel film di Nolan a chiederci se abbiamo distrutto il mondo?

L’analogia tra bomba atomica e Ia è terribile ed è uno dei motivi per i quali non ho firmato la seconda lettera. L’Ia è progettata per rendere l’umanità più intelligente, le bombe atomiche per spaziarla via. Sono due cose completamente diverse. Certo, sono entrambe tecnologie rivoluzionarie ma ne abbiamo già avute altre in passato come l’elettricità o Internet. Abbiamo acquisito familiarità con queste rivoluzioni e siamo organizzati per ricavarne i migliori vantaggi o almeno è così nelle democrazie. Quelli che sono spaventati dal futuro essenzialmente non hanno fiducia nell’umanità. Per alcuni di loro è come una sorta di complesso di superiorità perché pensano: “Se dipendesse da me farei la cosa giusta ma la maggior parte delle persone è troppo stupida per farla”. È un ragionamento incredibilmente arrogante.

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