Un’occasione per “democratizzare” la formazione terziaria all’insegna del digitale e dell’innovazione, dicono i fautori, accorciando i divari territoriali, aprendo nuove possibilità per gli studenti meritevoli con scarse risorse economiche e riattivando così l’ascensore sociale da troppo tempo bloccato in Italia. Un mero diplomificio, replicano i detrattori, che si fa strumento utile alla costruzione di consenso politico e al rafforzamento di relazioni di stampo lobbistico attraverso la distribuzione di poltrone, docenze, consulenze e incarichi. Gli uni e gli altri si misurano con il ventennale fenomeno delle università telematiche. Gli atenei online nascono normativamente con la finanziaria del 2003, ma è grazie alla pandemia che conoscono un salto in avanti decisivo. Oggi quelle riconosciute dal ministero dell’Università e della Ricerca sono 11, tutte di diritto privato. Secondo Ateneionline, vantano complessivamente 275 corsi: la eCampus spicca con oltre 60 proposte formative, mentre la più frequentata è la Pegaso con più di 80mila studenti (su 224mila totali nell’anno accademico 2021-2022). In fondo alla classifica invece c’è la piccolissima università telematica Unidav – Leonardo Da Vinci, con 3 corsi e appena 68 iscritti. Le rette annuali oscillano di norma tra 1.500 e 4.000 euro, al netto delle imposte e al lordo di possibili agevolazioni o convenzioni. Nel decennio tra il 2011 e il 2021, gli atenei “fisici” hanno conosciuto un’emorragia di studenti, circa 20mila. Quelli telematici, di contro, hanno più che quadruplicato le iscrizioni. Attualmente quasi il 12% degli studenti frequenta le università online. Era solo il 2,5% nel 2011-2012. Il risparmio sul fronte delle spese di alloggio, vitto e trasporti non è l’unica ragione del boom, benché le università online si siano avvantaggiate fortemente della piaga legata al caro-affitti che ha portato gli studenti a plateali proteste. Attraggono anche l’assenza di test di ingresso, la flessibilità dello studio e le tante borse di studio messe a disposizione. Solo gli esami si tengono in modalità frontale. Accanto a una prevalenza di corsi di stampo giuridico, economico e umanistico, non mancano gli studi di ingegneria: eCampus e UniCusano, in particolare, offrono varie specializzazioni in quest’area formativa. Ma è tutto oro quel che luccica? Qual è la qualità dell’offerta e degli insegnamenti delle università riconosciute dal Mur? L’assessment viene fatto periodicamente dall’Anvur, l’Agenzia nazionale di valutazione degli atenei e della ricerca. Paolo Miccoli ne è stato presidente e oggi guida United, la prima associazione italiana degli atenei online, nata a fine 2022 su iniziativa di sette delle 11 sorelle. “Per superare il forte divario nel numero di laureati in Italia, è fondamentale investire in un sistema universitario capillare, flessibile e accessibile, promuovendo la transizione digitale del sapere e valorizzando il lavoro fatto finora dalle università digitali”, diceva Miccoli a gennaio scorso. Proprio l’Anvur, però, su una scala di valutazione che va da A (molto positivo) a E (insoddisfacente), ha assegnato una B (pienamente soddisfacente) solo a un ateneo su 11, la UniNettuno. Nessuno degli altri dieci ha superato la valutazione C (soddisfacente) e in due casi è arrivata una D (accreditamento condizionato alla risoluzione delle criticità riscontrate) alla Italian university line e alla già citata Leonardo Da Vinci. Uno standard che ha suscitato anche qualche polemica politica nel momento in cui il Dipartimento della Funzione pubblica, guidato dal ministro di Forza Italia Paolo Zangrillo, ha deciso di siglare dei protocolli di intesa con le università Mercatorum, Pegaso e San Raffaele per ampliare l’offerta formativa in seno all’iniziativa ‘PA 110 e lode’, dedicata alla formazione dei dipendenti pubblici. “La scelta di promuovere un percorso privilegiato con le università telematiche confligge inoltre con la scelta precedente del ministro Brunetta, durante il governo Draghi, di firmare protocolli d’intesa solo ed esclusivamente con università tradizionali, proprio perché le valutazioni prodotte fino a quel momento dall’Anvur sulle università telematiche restituivano un quadro non soddisfacente della qualità dell’offerta accademica”, denuncia la senatrice Pd Simona Malpezzi in una interrogazione parlamentare alla titolare del Mur, anche lei forzista, Anna Maria Bernini. Quest’ultima, per la verità, considera ormai l’ibridazione degli strumenti un fenomeno corretto e ineluttabile, ma si evince dai suoi interventi, e fonti ministeriali lo confermano, che il modello dell’ateneo online non la trova tra i fautori più entusiasti. Proprio i tre enti protagonisti dell’accordo con Palazzo Vidoni, Universitas Mercatorum (l’ateneo digitale delle Camere di commercio), UniPegaso e la San Raffaele di Roma (acquisita nell’ottobre 2022), fanno capo al gruppo Multiversity, la holding in mano al fondo britannico CVC Capital Partners, circa 15 miliardi di dollari di valore e 161 miliardi di euro di asset gestiti. Il fondo CVC, che si prepara a sbarcare in Borsa ad Amsterdam, ha rilevato il controllo dal fondatore, Danilo Iervolino, patron dell’Espresso e della Salernitana, imputato (richiesta di rinvio a giudizio, al momento in cui scriviamo, ndr) a Napoli per concorso in corruzione proprio in ragione di un’assunzione “pilotata” all’UniPegaso. CVC potrebbe ora dismettere una quota di minoranza, ma Multiversity è entrato nel dibattito politico per la nomina alla presidenza del gruppo dell’ex presidente della Camera Luciano Violante, tuttora a capo della Fondazione Leonardo e del Comitato di Palazzo Chigi per la valorizzazione degli anniversari nazionali. Da tempo in avvicinamento alla premier Giorgia Meloni dopo un passato politico a sinistra (ma sempre con toni concilianti nei confronti di Mediaset e del conflitto di interessi di Silvio Berlusconi), Violante non è l’unico ex politico di professione che si è avvicinato a Multiversity: nell’advisory board, composto anche da alte personalità della scienza e della cultura, c’è ad esempio Marta Dassù, viceministra e sottosegretaria agli Esteri con i governi Monti e Letta. Aveva suscitato scalpore pure la presenza della presidente del Consiglio nazionale delle ricerche, Maria Chiara Carrozza, in palese conflitto di interessi sia rispetto ai paletti previsti dallo statuto del Cnr sia alla luce dei Prin (Progetti di rilevante interesse nazionale), in cui lo stesso Cnr è coinvolto e che vedono i tre atenei di Multiversity vincitori di svariati bandi per circa 3 milioni di euro. Carrozza ha subito capito che il doppio ruolo era insostenibile e ha fatto un passo indietro. Attraverso la comunicazione della holding, lo stesso Violante ha precisato che la presidente del Cnr “ha comunicato al Gruppo Multiversity in data 28 settembre 2023 di non poter più far parte dell’advisory board per una rimodulazione dei propri impegni istituzionali, in particolare la nomina a chair dello European science advisors forum (Esaf), network nel quale la presidente rappresenta il Mur”. Una motivazione ufficiale che non cambia la sostanza della questione. In ogni caso, oggi i numeri delle tre università fanno del gruppo il primo polo della digital education in Italia, per la soddisfazione dell’Ad Fabio Vaccarono, ex vicepresidente di Google ed ex ceo di Google Italia. La holding possiede pure l’85% del Sole 24 Ore Formazione ma i conti 2022 hanno fatto registrare un crollo degli utili a 664mila euro, contro gli 8,4 milioni dell’anno precedente. I ricavi vanno bene; tuttavia pesa il forte aumento dei costi causato da svalutazioni, ammortamenti e incrementi dei costi per il personale. Un bilancio, insomma, su cui si fanno sentire le acquisizioni dell’anno scorso. Le porte girevoli tra atenei online e politica, comunque, vanno ben oltre il caso Violante. Sotto i riflettori è finito il vulcanico patron di UniCusano Stefano Bandecchi, ex presidente della Ternana Calcio ma soprattutto sindaco di Terni e fondatore di Alternativa popolare, il partito erede del Nuovo Centrodestra di Angelino Alfano. Poi c’è Federica Chiavaroli, ex senatrice abruzzese di centrodestra e sottosegretaria alla Giustizia nei governi Renzi e Gentiloni, alla guida fino a pochi mesi fa del Cda del piccolo ateneo chietino Unidav – Leonardo Da Vinci. Invece, nel board della Unitelma siede Oliviero Diliberto, già guardasigilli e leader dei Comunisti italiani, oggi preside della facoltà di Giurisprudenza della Sapienza di Roma, cui la stessa Unitelma fa capo. È un tema non del tutto indifferente all’interesse pubblico, perché secondo la Corte dei conti, pur essendo enti di diritto privato, gli atenei telematici hanno ricevuto contributi statali per 6,6 milioni di euro nel solo periodo 2016-2019. Altri 6,8 milioni, calcola l’Anvur, sono arrivati nel triennio pandemico e due milioni sono stati confermati dalla manovra 2023, la prima del governo Meloni. Tuttavia, sulle università online continua a pesare il macigno del decreto ministeriale 1154 del 2021, risalente ai tempi dell’esecutivo Draghi, che ha modificato i requisiti didattici per i docenti e il loro numero minimo in rapporto agli studenti, senza distinguere tra atenei telematici e “fisici”. Peraltro, un successivo decreto direttoriale ha fissato al 30 novembre 2024 la scadenza per la verifica degli stessi requisiti. Il problema è che, secondo l’Anvur, se le università tradizionali mettono a disposizione in media un docente ogni 28,5 studenti, quelle telematiche soltanto uno ogni 384,8 (il rapporto era uno ogni 152,2 nel 2012, prima della progressiva esplosione degli iscritti). Queste ultime hanno tentato di opporsi alle misure attraverso la giustizia amministrativa, ma tutti i ricorsi sono stati respinti. Il confronto tra governo e atenei online passa ora attraverso un tavolo istituzionale. Tuttavia la tendenza appare chiara: le università telematiche dovranno ineluttabilmente adeguarsi agli standard degli atenei tradizionali.
Una risposta
non ha nessun senso imporre che il rapporto studenti -docenti nelle telematiche sia uguale a quello delle università in presenza visto che le videolezioni sono registrate con i professori che di conseguenza non sono costretti a replicare all’infinito le medesime lezioni