L’Intelligenza artificiale sarà un’altra fotocopiatrice?

Quando nel 1949 la Xerox (perfezionati gli studi sulla riproducibilità meccanica di Chester Carlson, un avvocato dell’ufficio brevetti di New York) lanciò sul mercato il primo modello moderno di fotocopiatrice, il successo fu tale che nel giro di pochi mesi, soprattutto nel mondo anglosassone, per “fare le fotocopie” si iniziò a diffondere il neologismo “xeroxing”. E mentre le grandi aziende che avevano rifiutato il prototipo perché non vedevano un mercato sufficientemente ampio – tra cui IBM e General Electric – si “mangiavano le mani”, la vita quotidiana negli uffici di tutto il mondo cambiò radicalmente. Decenni e decenni di copiature a mano, l’uso della carta carbone e gli altri stratagemmi divennero improvvisamente reliquie, più o meno persistenti, del passato. Fino a quel momento le pratiche di ufficio, la duplicazione di documento qualunque, la soddisfazione di un piacere ad un amico (se un collega ti chiedeva di mandargli un articolo da una rivista scientifica… lo copiavi a mano e glielo spedivi, ore di lavoro) erano operazione lunghe ed estremamente noiose. Impossibile per noi delle generazioni successive immaginare cosa volesse dire copiare a mano anche solo poche pagine di un testo, di un articolo, di un saggio… Ricordo sempre la figlia del grande matematico Bruno De Finetti, Fulvia, che raccontava di come il padre avesse chiesto ai colleghi come regalo per il pensionamento proprio la tanto agognata fotocopiatrice, ma costava troppo e non se ne fece nulla (erano gli anni Settanta). Insomma, la fotocopiatrice fu dall’inizio una svolta! Ma come tutte le novità portò con sé anche tante paure. Documenti che potevano essere riprodotti in moltissime copie, in tempi brevissimi e a disposizione potenzialmente di tutti, macchine che “stavano favorendo gli sprechi, incoraggiando la pigrizia, soffocando la creatività e violando le leggi sul copyright”, come recitava il Time, timori di fughe di notizie dagli esiti devastanti (basti ricordare le parole del giornalista Donald Morrison sempre sul Time nel 1976 in riferimento allo scandalo Watergate e al ruolo delle fotocopiatrici nella divulgazione di documenti riservati – i Pentagon papers – che avevano contribuito alla caduta di Richard Nixon). Oggi sorridiamo di quelle paure e della sopravvalutazione dei pericoli che le fotocopiatrici avrebbero potuto portare con sé. Poi però una chatbot basata su una Intelligenza artificiale come ChatGPT conquista le scene e come ci comportiamo? Terrore generalizzato, scenari apocalittici in cui il genere umano diventa schiavo delle macchine, paura che il lavoro manuale e intellettuale possa essere sostituito dai computer… insomma, non stiamo reagendo troppo diversamente (forse a ragione, per carità) da quel lontano 1949! E allora concludiamo con le parole straordinariamente attuali di Chandler B. Grannis, tratte da un articolo apparso negli anni Settanta sul Publisher’s Weekly in merito all’impatto delle fotocopiatrici, ma che oggi leggiamo con occhi nuovi e altrettanto sorpresi di fronte alle nuove tecnologie e alla Intelligenza artificiale in particolare: “Esistono e saranno usate, legalmente ed eticamente o meno”. Allora forse invece di gridare allo scandalo e vivere nel terrore sarebbe il caso di lavorare ad una efficace regolamentazione giuridica delle Ia e godersi lo spettacolo delle sue infinite potenzialità, per vedere se sarà solo un’altra fotocopiatrice o qualcosa di diverso.

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