Paul Erdös, le frazioni egizie e il morto che scrive

Le frazioni unitarie (dette anche egizie) sono quelle che hanno 1 al numeratore: per esempio 1/2, 1/3, 1/10, 1/125 (non lo sono invece quelle della forma 2/5, 32/27, eccetera). Il nome è dovuto a una strana lacuna degli antichi egizi: pur avendo sviluppato conoscenze matematiche avanzate e pur sapendo maneggiare con disinvoltura le frazioni unitarie (come dimostra il famoso Papiro di Rhind del 1550 avanti Cristo), ignoravano completamente le altre. Non è chiaro come mai non ci avessero pensato. Secondo il matematico francese André Weil, avevano semplicemente preso una strada sbagliata, un po’ come i greci e i romani che non avevano pensato alle più comode cifre arabe. Perciò, per rappresentare per esempio il numero 5/6, gli egizi dovevano scrivere 1/2+1/3. Ogni frazione infatti si può scrivere come somma di frazioni unitarie (anche se non sempre in modo semplicissimo). Non solo. Oggi sappiamo in più che ogni numero naturale può essere espresso come somma di frazioni unitarie in cui ogni denominatore è il prodotto di tre (esattamente tre) numeri primi diversi fra loro: è un teorema dimostrato in un articolo pubblicato nel 2015 da Steve Butler, Ronald Graham e Paul Erdös. Il più famoso dei tre è senz’altro Erdös, ma proprio per questo molti troveranno strana la presenza del suo nome, visto che è morto nel 1996. E non è un caso unico: dalla tomba… Erdös ha firmato decine di articoli. Non opere postume ritrovate fra le sue carte ma teoremi nuovi, ai quali Erdös aveva lavorato con alcuni degli autori superstiti, lasciando un contributo sufficientemente importante da meritargli la firma. Così Erdös continua a consolidare il suo primato di matematico più prolifico della storia, con oltre 1500 articoli pubblicati (la maggior parte in vita). Nell’immaginario comune, i matematici sono considerati tipi stravaganti, con la testa fra le nuvole e poco a loro agio nella società della “gente normale”. È un pregiudizio che non rappresenta la personalità della stragrande maggioranza dei matematici. Rispecchia però alla perfezione quella dell’ungherese Pál (poi americanizzato in Paul) Erdös. Non dimostrava interesse verso il denaro e devolveva in beneficenza o in elemosine quasi tutte le sue entrate. A lungo è vissuto addirittura senza fissa dimora (per questo, oltre che per le sue origini, è stato soprannominato l’ebreo errante): era ospitato a turno dai suoi collaboratori e portava con sé sempre la stessa valigia consunta (o due valigie, secondo altre fonti). Ospitarlo era un onore, ma anche un onere: Erdös, anche grazie all’uso massiccio di anfetamine, era instancabile e costringeva il malcapitato collaboratore a lavorare anche 20 ore al giorno. Non era credente ma per lui la matematica era una sorta di religione, come dimostra la lingua che aveva inventato (secondo un’abitudine comune a molti “mattoidi”): chiamava “prediche” le lezioni e “morto” chi lasciava lo studio della matematica perché andava in pensione o cambiava lavoro, mentre il “Libro” era una sorta di testo sacro in cui Dio avrebbe scritto tutte le più belle dimostrazioni della matematica. Altri termini invece testimoniano con discutibile ironia la sua scarsa propensione ai rapporti sociali e soprattutto a quelli sentimentali: “padrone” stava per donna e “schiavo” per uomo, “catturato” per sposato e “liberato” per divorziato. Con l’enorme ricchezza delle sue ricerche, Erdös ha dato un’impronta decisiva alla matematica del Novecento ed è probabile che nel prossimo futuro continuerà a firmare ancora nuove pubblicazioni, vista la quantità impressionante di problemi di cui si è occupato. Proprio il recente articolo di cui abbiamo parlato sopra ne cita uno: la congettura che il teorema sulle frazioni egizie valga per tutti i numeri razionali e non solo per gli interi. In una nota a piè di pagina, si spiega che uno dei tre autori è convinto che la congettura sia vera, un altro ha qualche dubbio mentre il terzo, avendo già letto la risposta nel Libro, non esprime la sua opinione.

 

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